Il presente contributo affronta il tema dell’abrogazione dell’internal dealing nazionale a carico degli azionisti rilevanti e dei soggetti di controllo ex art. 114, comma 7, del TUF, con cenni alle politiche di dialogo con gli azionisti.
[*] 1. Premessa
L’articolo 10 della legge 5 marzo 2024, n. 21, contenente “Interventi a sostegno della competitività dei capitali” ed una delega al governo per una più ampia riforma organica del Testo Unico della Finanza, dispone che “all’articolo 114 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, il comma 7 è abrogato” [1]. A far data dall’entrata in vigore di tale legge – 27 marzo 2024 – dunque, è cessato l’obbligo di comunicazione alla Consob e al pubblico delle operazioni effettuate sui titoli di un Emittente da “chiunque detenga azioni in misura almeno pari al dieci per cento del capitale”, nonché da “ogni altro soggetto che controlla l’emittente quotato”[2], come disponeva la norma ora venuta meno.
2. Un confronto tra la previgente disciplina italiana e quella di matrice europea
La specificità di tale disposizione rispetto al contesto normativo europeo, che in passato ha determinato sovente l’accostamento al gold plating (vedi infra), ha fatto sì che negli anni tale adempimento fosse noto come internal dealing nazionale, per distinguerlo dagli obblighi previsti dall’art. 19 del Regolamento Europeo n. 596/2014 sugli Abusi di Mercato (di seguito “MAR”), concernenti la notifica delle operazioni effettuate dai soggetti rilevanti, di seguito indicati, all’Autorità competente e all’Emittente, per la successiva pubblicazione da parte di quest’ultimo; tali soggetti rilevanti sono individuati in base alle definizioni di cui all’art. 3, comma 1, nn. 25 e 26 del MAR, vale a dire i soggetti che svolgono funzioni amministrative, di direzione o controllo di un Emittente – person discharging managerial resposibility (“PDMR”) – e le persone a questi strettamente legate – person closely associated (“PCA”) – e i loro obblighi informativi sono, come è noto, regolati direttamente dalla citata disciplina europea.
Si premette che la portata dell’abrogazione qui descritta è più residuale di quanto a prima vista appaia, perché il MAR include, tra le PCA tenute agli obblighi di notifica per la pubblicazione, persone, anche giuridiche, che possono essere anche azionisti con una partecipazione rilevante nell’Emittente (la cui percentuale, tra l’altro, non rileva ai fini dell’adempimento in parola).
La casistica principale a cui ci si riferisce è quella indicata all’art. 3, Paragrafo 1, n. 26, lett. d) del MAR, che indica tra le persone strettamente legate ai soggetti rilevanti “una persona giuridica, trust o partnership, le cui responsabilità di direzione siano rivestite da una persona che svolge funzioni di amministrazione, di controllo o di direzione o da una persona di cui alle lettere a), b) o c)[3], o direttamente o indirettamente controllata da detta persona, o sia costituita a suo beneficio, o i cui interessi economici siano sostanzialmente equivalenti agli interessi di detta persona”.
Dunque, esemplificando, dalla prospettiva delle società con una partecipazione rilevante o di controllo in un Emittente, la portata abrogativa dell’art. 114 comma 7 del TUF, in base alla disciplina ora riportata, ha un effetto sostanziale nei casi in cui queste non condividano con lo stesso Emittente un componente degli organi di amministrazione e direzione – come anche di controllo – che svolga nelle società azioniste una funzione di direzione (o le controlli anche indirettamente, etc., come ora riportato). In caso contrario, permangono obblighi di comunicazione ai sensi del MAR.
Del resto, era così anche durante la vigenza del citato articolo 114, comma 7, del TUF e la Consob aveva ribadito la natura recessiva della disciplina nazionale in presenza di quella europea direttamente applicabile (art. 152-septies, comma 4, RE)[4].
Tale disciplina, peraltro, rischiava di introdurre un ampio perimetro di applicazione della normativa sugli obblighi di notifica di derivazione direttamente europea, ed era stata segnalata fin dal 2016 l’opportunità di “circoscrivere le ipotesi in cui i soggetti che rivestono la carica di consigliere d’amministrazione nell’emittente e contestualmente in altri enti (interlocking directorate), comportino l’attribuzione della qualifica di “persona strettamente legata” a questi ultimi e l’estensione degli obblighi in materia di manager’s transactions” [5].
Su tale argomento, l’European Securities Market Authority (“ESMA”) nelle proprie Q&A sulla Market Abuse Regulation (Q&A 7.7), relativamente alle managers’ transactions, aveva successivamente precisato che le citate responsabilità di direzione di un PDMR (o, come indicato di una PCA) sarebbero state rilevanti per la disciplina solo quest’ultimo prendesse parte o comunque fosse in grado di influenzare le scelte di investimento delle legal entities prima riportate sugli strumenti finanziari emessi dall’Emittente, a meno di non ricadere nelle ulteriori residuali ipotesi previste dal citato all’art. 3, Paragrafo 1, n. 26, lett. d) del MAR prima richiamate[6].
Appare utile segnalare che, in ragione della diversa cornice normativa (quella italiana costituiva a sua volta, come si dirà, una parte residuale della disciplina previgente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 107 del 10 agosto 2018), la disciplina nazionale concernente gli obblighi a carico degli azionisti rilevanti o di controllo e quella europea si distinguevano per alcuni aspetti salienti, tra i quali:
- il diverso timing di pubblicazione delle operazioni: entro 15 giorni del mese successivo a quello dell’operazione per la disciplina nazionale[7], rispetto al più contenuto termine di cinque giorni lavorativi per la disciplina del MAR[8]; tale diversa tempistica ha inciso, ad opinione di chi scrive, sulla caratura sostanziale dei due adempimenti, come in seguito si dirà;
- il diverso grado di dettaglio delle operazioni oggetto di notifica, secondo le previsioni dell’Allegato 6 RE per la disciplina nazionale e dell’Allegato al Regolamento di Esecuzione UE n. 2016/523 per quella europea;
- il diverso calcolo delle soglie minime di comunicazione con il meccanismo dell’azzeramento del c.d. buffer per quello nazionale[9];
- il diverso soggetto obbligato ad effettuare le comunicazioni all’Autorità competente ed all’Emittente per la pubblicazione delle operazioni compiute dalle persone strettamente legate: il soggetto rilevante per la disciplina nazionale[10] e le PCA stesse per la disciplina europea[11];
- le modalità di trasmissione ai media dei relativi Allegati sopra richiamati, per la comunicazione al pubblico: salvo accordi con l’Emittente[12], in base alla disciplina nazionale l’azionista rilevante o di controllo provvedeva esso stesso alla pubblicazione dell’Allegato “tramite l’invio a due agenzie di stampa” ovvero avvalendosi di un proprio Sistema per la Diffusione delle Informazioni Regolamentate o “SDIR”[13] (cfr. Allegato 6 RE, pag. 5), mentre il MAR dispone che la pubblicazione del relativo Allegato sia effettuata dall’Emittente.
Alcune problematiche, emerse nell’applicazione della disciplina nazionale sono state poi risolte per via interpretativa dall’Autorità nazionale, ad esempio il timing della comunicazione in presenza di gestioni patrimoniali (“nel caso in cui esse non derivino da un’istruzione del cliente, gli obblighi di comunicazione decorrono dal giorno in cui il cliente riceve la comunicazione da parte dell’intermediario delle operazioni stesse”[14]), come anche dall’Esma attraverso le citate Q&A sulla Market Abuse Regulation relativamente alle managers’ transactions (sottonumerate al punto 7).
3. Origini e finalità della disciplina
La disciplina sugli obblighi di segnalazione delle operazioni poste in essere dai soggetti rilevanti e dalle persone a questi strettamente legate è stata introdotta in Italia a seguito del recepimento della Direttiva Europea sugli Abusi di Mercato n. 2003/6/CE[15]) intervenuto con la legge n. 62 del 18 aprile 2005 (legge comunitaria 2004) ed è annoverata come una delle misure di prevenzione degli abusi di mercato, in particolare, dell’insider trading[16], insieme all’obbligo di tenuta del registro delle persone che hanno accesso ad informazioni privilegiate ed, ovviamente, a quello di disclosure delle informazioni privilegiate[17]. In precedenza, l’adempimento era previsto unicamente dal Regolamento di Borsa Italiana (artt. 2.6.4 e 2.6.5) e, naturalmente, solo per ciò che concerneva le transazioni relative a titoli trattati sui mercati gestiti da questa.
Con riferimento alla sopra richiamata valenza preventiva delle comunicazioni di internal dealing è stato ben osservato come sia “inverosimile immaginare che un soggetto che abbia violato la norma penale (…) operi poi nel senso di autodenunciarsi adempiendo agli obblighi di notifica delle operazioni illegittimamente effettuate”[18]. Fermo restando ciò, la comunicazione o la mancata comunicazione al pubblico di un internal dealing in merito ad una transazione effettuata da un soggetto rilevante può integrare il set informativo dell’intermediario che ha veicolato l’operazione sul mercato per le dovute valutazioni circa un’eventuale natura sospetta, ai fini della conseguente segnalazione della stessa alla Consob ai sensi dell’art. 16 del MAR.
Comunque, sussiste un interesse del mercato a conoscere la direzione degli investimenti di un manager, perché le scelte di questo vengono “effettuate alla luce del bagaglio di conoscenze personale dell’insider non altrimenti condivisibile con il resto degli investitori”[19], e sotto questa diversa visuale le segnalazioni di internal dealing restituiscono, comunque, un importante segnale al pubblico.
Con riferimento al funzionamento del mercato europeo nel suo complesso è stato rilevato come simili “disclosure obligations should therefore be regarded as an additional instrument for ensuring the functioning of capital markets”[20], al punto da essere diventati nel frattempo “a central element of European capital market law”[21].
Sulla base di tali premesse, però, poteva essere considerata insidiosa, per quanto pragmatica, la ratio dell’estensione di detti obblighi informativi anche in capo a soggetti formalmente outsider, quali gli azionisti rilevanti e di controllo, come fece la citata legge n.62/2005 con la disposizione ora abrogata.
Una soluzione che in qualche modo sembrava suggerire che questi outsider qualificati beneficiassero (e beneficino tuttora) di un bagaglio di conoscenza da un punto di vista quali-quantitativo superiore e migliore rispetto a quello degli altri azionisti ed, in generale, della platea degli investitori.
Una scelta, però, come si è anticipato insidiosa, perché l’assunto ora riportato è comunque costretto dal vincolo per l’Emittente di non far beneficiare senza giustificato motivo detti azionisti di una selective disclosure di informazioni privilegiate[22] ed in termini ancora più alti, dalla necessità di assicurare la parità di trattamento degli azionisti (art. 92 del TUF), che, viceversa, potrebbe essere scalfita, se non proprio incisa, da un sistematico “dialogo privilegiato tra gli amministratori e un socio in particolare (…) anche in assenza di informazioni privilegiate”[23].
In ogni caso, la scelta di rendere pubbliche le scelte di investimento degli azionisti rilevanti e di controllo, maturata sull’humus di quel dialogo “in larga parte inafferrabile, legato a dinamiche consuetudinarie difficili da tracciare”[24] tra gli amministratori ed azionisti di controllo o comunque di peso – naturalmente, i principali tra i sondati e chiamati a prestare sostegno economico alla Società in caso di necessità (vedi infra) – rifletteva “il convincimento del nostro legislatore che i soci più rilevanti effettuino le proprie decisioni di investimento da un osservatorio privilegiato, offerto da occasioni di contatto con gli amministratori alle quali gli altri investitori non sono, né potrebbero, essere ammessi”[25].
Paradigmatico, al riguardo, è il caso del contesto che si verificherebbe in presenza di una “ricapitalizzazione necessaria per garantire la sopravvivenza dell’emittente, in un contesto nel quale il mercato non accoglierebbe con favore l’aumento di capitale con offerta in opzione. È chiaro, in effetti, come in una simile situazione, la fattibilità dell’operazione dipende esclusivamente dalla disponibilità dei principali azionisti di investire nuove risorse nella società, ed è altrettanto chiaro che la ‘ragionevole prevedibilità’ del successo dell’operazione, e dunque il salvataggio della società, dipende, in ultima analisi, dall’esito delle trattative condotte dagli amministratori con un gruppo qualificato di azionisti”[26].
In questo caso, in sede di avvio del dialogo, non sembrano nemmeno netti i caratteri di una informazione privilegiata, nella misura in cui il requisito della precisione, ex art. 7, comma 2 del MAR, in merito all’effettuazione dell’operazione diverrebbe cristallino solo qualora detto sondaggio[27] avesse riscontro positivo[28].
Anche nelle Q&A della Consob sull’informazione selettiva, con riferimento ai casi in cui questa è coerente con l’interesse sociale dell’Emittente[29], è richiamata “la possibilità di instaurare un dialogo con gli azionisti prima dell’annuncio di un’operazione sul capitale al mercato” (pag. 6)[30].
Dal punto di vista della dottrina, in presenza di operazioni rilevanti da sottoporre all’approvazione assembleare anzi sussiste “un vero e proprio obbligo giuridico di consultare il socio di controllo o comunque i principali soci stabili. Troppo grave sarebbero gli effetti, sul corso dei titoli, di una bocciatura della proposta da parte del socio di controllo”[31].
E’ stato, tra l’altro, rilevato che anche in tema di parità di trattamento degli azionisti, a cui si è già fatto cenno, questa “deve rispettarsi tra investitori che si trovino in condizioni identiche, e che anzi trattare in modo uguale soggetti che non si trovano nella stessa situazione può integrare una disparità di trattamento non consentita”[32], dunque, “la posizione del socio di controllo non è identica e assimilabile a quella di un piccolo azionista”[33]. Rilevata, dunque, una ineliminabile, per non dire a volte fisiologica “disuguaglianza di posizione”[34], l’attenzione deve essere volta all’analisi e prevenzione delle sue forme di abuso.
Ancora una volta, tuttavia, il perimetro – valicabile solo a certe condizioni – è quello delineato dalle informazioni privilegiate[35], perché “il mero rapporto partecipativo non rappresenta, di per sé, elemento idoneo a fondare un giudizio di legittimità della comunicazione selettiva di informazioni privilegiate”[36].
4. Una parziale digressione su un tema affine: parità informativa e dialogo dell’Emittente con gli azionisti
Sull’onda delle indicazioni della c.d. Shareholder Rights Directive II (la Direttiva 2017/828 sui diritti degli azionisti che ha modificato la precedente 2007/36/CE) (“SHD2”), vari emittenti si sono dotati negli anni di politiche per regolare il dialogo con gli azionisti[37], essendo stato riconosciuto il beneficio per la corporate governance di un engagement funzionale al monitoring del management. I soggetti principalmente coinvolti in tale attività sono gli investitori istituzionali, il cui activism è funzionale alla cura degli interessi della propria clientela, allorquando investono le somme di questa gestendola in monte attraverso fondi di investimento ripartiti in quote. Attraverso la predisposizione di politiche di dialogo, in altre parole, gli emittenti quotati[38] si predispongono alla stewardship dei propri investitori, che può, appunto, “fare riferimento a tutte quelle iniziative che gli investitori istituzionali dovrebbero porre in essere allo scopo di controllare l’agere delle società emittenti titoli quotati ricompresi nel proprio portafoglio, al fine di tutelare l’interesse dei propri clienti”[39].
Il contesto, tra l’altro, è ancora più intricato, perché arricchito anche dall’attivismo degli investitori non istituzionali e dall’ “influenza esercitata sulle relazioni tra organi societari da una fitta rete di rapporti extra assembleari che alcuni soci minoritari (ma non necessariamente privi di una partecipazione rilevante in trasparenza, nda) influenti e autorevoli intrattengono con gli amministratori” e dallo “sviluppo di una informazione informale (e) preassembleare che viaggia dagli amministratori agli intermediari finanziari, i cui contenuti difficilmente confluiscono nell’adunanza e – anzi – non sono necessariamente ed esclusivamente correlati e funzionali all’adunanza. Si tratta di una informazione aggiuntiva e in larga parte anticipata rispetto a quella reperibile in assemblea dagli intermediari che dispongono di una propria rappresentanza nel consesso (in quest’ultimo caso, ovviamente, lo scambio informativo con gli organi di amministrazione e controllo raggiunge l’espressione massima). E si tratta di una informazione che spesso raggiunge anche gli investitori retail e piccoli azionisti”[40].
In questo magmatico flusso informativo – dove i soci, anche e non solo in sede preassembleare – sono sia destinatari che e a loro volta latori di informazioni tramite un “serrato quanto informale passaparola”[41], reso peraltro talvolta pubblico attraverso la partecipazione a forum finanziari su internet e social media specializzati[42] – la consapevolezza dell’esistenza di argini e presidi sicuri per la totalità degli investitori, quali sono quelli offerti dalla normativa sugli abusi di mercato (il riferimento è ancora una volta all’obbligo di comunicazione delle informazioni privilegiate ed al divieto di ingiustificata selective disclosure di informazioni privilegiate utili a fondare scelte di investimento) rafforza la fiducia e conseguentemente il buon funzionamento e l’integrità del mercato.
Tale assunto è ben sintetizzato in un passaggio delle Q&A della Consob del 18 marzo 2021, dove è detto che “il sistema delle norme applicabili appare orientato a preservare e tutelare il fondamentale principio della parità e simmetria informativa, volto a rendere disponibile il medesimo quadro informativo contestualmente a tutti gli investitori, attuali e potenziali” (pag. 2)[43].
Ciò, senza dimenticare per altro che “un sano dialogo tra azionisti e management gioca non solo al mercato, ma anche alle Autorità di Vigilanza”[44].
5. Alcune considerazioni conseguenti alla specificità della disciplina relativa all’internal dealing nazionale
Ad opinione di chi scrive, il diverso e più dilazionato timing degli obblighi di comunicazione delle operazioni effettuate previsto per azionisti qualificati o i soggetti di controllo – che poteva portare alla pubblicazione di un unico Allegato 6 alla metà del mese successivo contenente l’elenco delle operazioni effettuate nel mese precedente, potenzialmente anteriori anche di 45 giorni se effettuate all’inizio di detto mese – rispetto a quello più stringente imposto dal MAR ai PDMR ed alle rispettive PCA, affievoliva la portata segnaletica e l’utilità di dette comunicazioni.
E’ ragionevole ritenere che ciò abbia indotto il legislatore nazionale a ritenerne meno grave una sua violazione e, di conseguenza, prevedere la possibilità di pagamento in misura ridotta della somma irrogata a titolo di sanzione (c.d. oblazione)[45]. L’inclusione di tale fattispecie tra quelle oblabili aveva altresì dato la facoltà alla Consob, in un momento logicamente antecedente, di non contestarne la violazione “nei casi di assoluta mancanza di pregiudizio per la tutela degli investitori e per la trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali, ovvero per il tempestivo esercizio delle funzioni di vigilanza” (art. 194-sexies del TUF).
Inoltre, le comunicazioni sulle variazioni delle partecipazioni rilevanti fornivano (e forniscono) nei limiti in cui queste avvengono a cavallo delle soglie stabilite per le partecipazioni rilevanti degli azionisti (art. 120 del TUF, attuato dagli art. 116-terdecies e seguenti del Regolamento Emittenti, ed in particolare dall’art. 122)[46] una rappresentazione parallela, con una tempistica anticipata, tenendo conto della tempistica di comunicazione all’Emittente ed alla Consob (“entro quattro giorni di negoziazione, decorrenti dal giorno in cui il soggetto è venuto a conoscenza dell’operazione idonea a determinare il sorgere dell’obbligo” ex art. 121, comma 1, RE) e di quello per la pubblicazione della variazione da parte di quest’ultima (“la Consob pubblica, in luogo degli emittenti azioni quotate, le informazioni acquisite entro i tre giorni di negoziazione successivi al ricevimento della comunicazione” ex art. 122, comma 1 RE) delle movimentazioni degli azionisti che attraversano le soglie citate, pur senza indicare i controvalori delle operazioni che le hanno determinate.
Tale circostanza è stata, del resto, evocata anche nei lavori preparatori della legge n. 21/2024 nella parte in cui è stata motivata l’abrogazione dell’art. 114, comma 7, del TUF: “sono presenti nell’ordinamento nazionale ulteriori presìdi a tutela degli investitori, attraverso i quali si realizza la divulgazione delle operazioni effettuate su azioni dell’emittente che possono avere un impatto sul mercato”[47].
6. Considerazioni sul gold plating dell’abrogato art. 114, comma 7, del TUF
La documentazione da ultimo richiamata, a supporto dell’abrogazione dell’art. 114, comma 7, del TUF, dopo aver ricordato i poteri della Consob di poter chiedere la pubblicazione di informazioni rilevanti per il pubblico ai sensi dell’art. 114, comma 5, del TUF, indica che “non sembrano, pertanto, sussistere, circostanze eccezionali, riferibili al contesto italiano, tali da rendere necessario il mantenimento di un livello di regolamentazione – e connessi oneri – superiore a quello ‘minimo’ richiesto dalla normativa europea (integrando cosi un caso di gold plating)”[48].
Tale tematica, peraltro, era stata posta dalle principali associazioni di categoria italiane e dagli operatori di mercato già nei primi anni dell’applicazione del MAR[49]. La Consob, dal proprio canto, aveva, da un lato rilevato che “la maggiore difformità tra la disciplina attualmente prevista dal TUF e il nuovo impianto MAR è rappresentata dal fatto che le disposizioni MAR (così come quelle contenute nella precedente MAD 1) non includono nel novero dei soggetti obbligati gli azionisti che detengono una partecipazione superiore al 10% ed i soggetti che comunque controllano l’emittente, che invece sono contemplati dall’articolo114, comma 7, TUF, e dalle norme regolamentari Consob”, e dall’altro aveva ritenuto di “mantenere l’obbligo di comunicazione per gli azionisti che detengono una partecipazione superiore al 10% e per i controllanti in quanto la ‘disapplicazione’ dell’articolo 114, comma 7, TUF, in forza dell’entrata in vigore della normativa MAR, dovrebbe ritenersi limitata alle sole disposizioni incompatibili con la citata normativa e dunque non anche alla previsione di obblighi di comunicazione più estesi contenuti nella normativa primaria e non esclusi da MAR”[50].
Ciò, in quanto “la perfetta coincidenza, in parte qua, delle disposizioni UE “sopravvenute” rispetto a quelle previgenti della MAD 1 non dovrebbe consentire – nel silenzio del legislatore nazionale – operazioni ermeneutiche volte ad incidere sulle disposizioni del TUF” (ibidem).
E’ interessante, al riguardo, rilevare come, prima dell’emanazione del decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 107 di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del MAR (entrato poi in vigore il 29 settembre dello stesso anno), il legislatore delegato dell’epoca, evocato come sopra dall’Autorità di vigilanza, si era originariamente orientato nella relativa Relazione illustrativa dello schema di tale decreto per “l’abrogazione della norma in commento”, ricordando anche le posizioni critiche emerse durante la consultazione svolta dalla Consob.
Nel corso dell’iter per la formulazione del parere parlamentare su tale schema di decreto, tuttavia, la 6° Commissione permanente del Senato, dopo un ampio dibattito, chiese viceversa al Governo di “valutare l’opportunità di non procedere all’abrogazione del comma 7 dell’articolo 114 del TUF, in quanto tale disposizione appare in linea con gli obiettivi di trasparenza informativa, prevenzione dell’insider trading e tutela dei risparmiatori perseguiti dal regolamento MAR, tenuto conto che l’articolo 19, comma 2, del regolamento MAR fa salvo il diritto degli Stati membri di prevedere obblighi di notifica diversi da quelli stabiliti dal regolamento stesso”.
Il testo finale del D.Lgs. n. 107/2018, ferma restando l’espunzione della previgente disciplina relativa alle comunicazioni al pubblico dell’operatività dei manager, già disciplinata dal MAR, conservò, dunque l’obbligo di comunicazione al pubblico per gli azionisti rilevanti e di controllo.
Tale soluzione, finì per rappresentare “una delle scelte di maggior rilievo operate dal Legislatore Delegato”[51] nella cornice normativa disegnata dal citato Decreto Legislativo.
Di più, se il testo dello schema di decreto che entrò in Parlamento proponeva l’abrogazione della normativa de qua, quello che poi uscì in Gazzetta Ufficiale, in maniera diametralmente opposta rispetto alle premesse ed al dibattito sul gold plating sopra richiamato, non solo manteneva detti obblighi informativi, ma ne estendeva l’ambito applicativo. Ciò, in ragione della contestuale introduzione, con lo stesso decreto legislativo, del comma 12 all’art. 114 del TUF, che, appunto, estendeva l’applicazione delle disposizioni del citato articolo agli emittenti negoziati nei sistemi multilaterali di negoziazione e nei sistemi organizzati di negoziazione[52].
La novella creò certo qualche sconcerto e grattacapo specie agli emittenti negoziati nei mercati non regolamentati, nel dubbio che dovessero, inaspettatamente, adeguare ulteriormente le proprie procedure interne anche solo per una presa d’atto ricognitiva di tale nuovo adempimento (trattandosi di operatività di segnalazioni dell’operatività di outsider il coinvolgimento delle Società, ai fini della pubblicazione di dette comunicazioni, sarebbe rimasto comunque eventuale).
L’effetto pratico della riforma, però, fu di alcun rilievo, in quanto la Consob, presumibilmente anche per non aggravare la disciplina concernente le società negoziate sui sistemi alternativi – tra l’altro, il sistema multilaterale di negoziazione AIM Italia (ora Euronext Growth Milan) si era registrato presso l’Autorità come mercato di crescita per le PMI dagli inizi del 2018 – non intervenne per mutare l’ambito di applicazione della disciplina de qua attraverso una modifica dell’art. 152-septies, RE; l’art. 114, comma 7, del TUF, continuò dunque a riferirsi “alle società italiane emittenti azioni negoziate nei mercati regolamentati italiani o comunitari” ed “agli emittenti azioni quotate in un mercato regolamentato che non abbiano sede in uno stato dell’Unione e che abbiano l’Italia come Stato membro d’origine”[53].
7 .Possibili aree di semplificazione della normativa sull’internal dealing
Venuto meno, nei termini ora indicati, l’obbligo per gli azionisti rilevanti e di controllo di effettuare le comunicazioni di internal dealing, ci si interroga sulla sussistenza di ulteriori spazi per la semplificazione della disciplina in parola[54].
Il combinato disposto delle disposizioni relative all’insieme dei soggetti tenuti alle segnalazioni di internal dealing, i PDMR e le rispettive PCA, con quelle delle operazioni soggette a notifica (l’articolo 10 del Regolamento Delegato (UE) 2016/522 contempla al secondo comma un ampio elenco di punti – che a loro volta descrivono più tipologie di operazioni affini – che va dalla letta a lettera p), prefigura astrattamente numerose operazioni che devono essere oggetto di pubblicazione.
Ad opinione di chi scrive, in alcune di queste è difficile scorgere una forte valenza preventiva o segnaletica per il mercato; sembra, al riguardo, paradigmatico l’esempio relativo all’obbligo di segnalazione delle donazioni – quanto meno di quelle ricevute – e delle eredità ricevute, riportato nella lettera k dell’elenco prima richiamato[55] ; si segnala, al riguardo, che in base alla normativa non rileva in questi casi la qualifica o funzione del donante o del de cuius, ma ovviamente solo quella del PDMR o della PCA.
L’associazione Europen Issuers[56] già il 3 aprile 2019, esprimendo la propria posizione nell’ambito delle prime consultazioni per la revisione del MAR, aveva indicato che alcune nuove tipologie di operazioni, tra le quali anche quelle sopra richiamate, erano state assoggettate all’obbligo di notifica rispetto alla precedente disciplina della MAD e che “among them many that not have any signaling value for the market”[57]. Anche Assonime nel contesto del medesimo dibattito aveva osservato come le donazioni e le eredità sembravano essere assoggettate a pubblicità per altri fini rispetto a quelli della MAR, “plausibilmente per finalità antielusive”[58].
Successivamente, anche l’High Level Forum, costituito su impulso della Commissione Europea per proporre raccomandazioni e suggerimenti per la costruzione della Capital Market Union, nel suo Report conclusivo aveva indicato che “transactions that do not send market signals (e.g. inheritances, gifts) should be out of scope”[59]. Tali considerazioni sono state poi condivise dal Technical Expert Stakeholder Group on SMEs (“TESG”)[60], costituito per fornire alla Commissione Europea opinioni e analisi su come rendere più efficienti ed attrattivi i mercati di crescita per le PMI, nel Final Report pubblicato nel maggio 2021.
In conclusione, si ritiene che all’interno del perimetro dell’elenco delle operazioni soggette all’obbligo di segnalazione – e dei soggetti tenuti a ciò, con riferimento all’elenco delle PCA – ci sia ancora lo spazio per uno smooth reshaping, per sfrondare dalla normativa alcuni adempimenti informativi i cui oneri non sembrano bilanciati da correlati benefici per il pubblico in ragione della loro scarsa utilità segnaletica o per la prevenzione dagli abusi di mercato.
[*] Le opinioni dell’Autore sono espresse a titolo personale e non impegnano l’Istituzione di appartenenza. Si ringraziano i professori Filippo Annunziata e Monica Cossu per i consigli ricevuti in sede di stesura, nonché la collega Maria Pia Petricone per il confronto continuo su tale materia e la rilettura del presente lavoro. Ogni imperfezione o errore è imputabile esclusivamente all’Autore.
[1] Alla data di pubblicazione del presente lavoro non risultano abrogate le norme emanate dalla Consob in attuazione della citata disciplina di cui agli articoli da 152-sexies a 152-novies del Regolamento 11971/1999 in materia di Emittenti (di seguito anche “Regolamento Emittenti” o “RE”), ma ciò costituisce una mera formalità essendo venuto meno il precetto normativo di fonte primaria. Al riguardo, si è indicata l’abrogazione “in via derivata e tacita” delle citate disposizioni del Regolamento Emittenti. Cfr.: F. Urbani, Abrogazione dell’obbligo di segnalazione delle operazioni effettuate dagli azionisti di controllo, in Commentario alla Legge dei Capitali, Pisa, 2024, p. 67, a cui si rinvia anche per una ricostruzione storica della disciplina dal 1974 all’entrata in vigore della commentata legge n. 21/2024 (p. 66 ss.).
[2] Nel prosieguo del presente lavoro i soggetti in precedenza tenuti a tali segnalazioni verranno definiti, per semplicità, “azionisti rilevanti o di controllo”, nella consapevolezza, da un lato, che esistono nella disciplina sulla trasparenza degli assetti azionari soglie di partecipazioni rilevanti anche inferiori a quella del 10%, e, dall’altro, che un soggetto di controllo, precedentemente tenuto a tali adempimenti di internal dealing, pur risultando al vertice della catena di controllo poteva essere titolare di una partecipazione diretta nell’Emittente inferiore al 10%.
[3] Vale a dire le altre categorie di PCA, cioè: “a) un coniuge o un partner equiparato al coniuge ai sensi del diritto nazionale; b) un figlio a carico ai sensi del diritto nazionale; c) un parente che abbia condiviso la stessa abitazione da almeno un anno alla data dell’operazione in questione”. Si tratta, in sostanza, dell’estensione specifica della disciplina di cui si discute ad una persona – latu sensu giuridica – collegata non ad un PDMR, ma ad una persona a questo strettamente legata.
[4] “Gli obblighi previsti dall’articolo 114, comma 7, del Testo unico, non si applicano qualora i soggetti rilevanti o le persone strettamente legate ad essi siano tenuti a notificare le operazioni effettuate ai sensi dall’articolo 19 del regolamento (UE) n. 596/2014”. Nella Relazione illustrativa degli esiti della consultazione delle proposte di modifica dei regolamenti di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la disciplina degli emittenti e dei mercati, nonché del regolamento in materia di operazioni con parti correlate, per l’attuazione del regolamento (UE) n. 596/2014 in materia di abusi di mercato pubblicata il 6 aprile 2017 (di seguito anche “Relazione della Consob contenente gli esiti della consultazione sulle proposte di modifica al RE dell’aprile 2017”) era stato, al riguardo, spiegato (p. 14) che “è inserita una nuova disposizione al fine di chiarire che gli obblighi previsti dall’articolo 114, comma 7, del TUF non si applicano qualora i soggetti rilevanti o le persone strettamente legate ad essi siano tenuti a notificare le operazioni effettuate ai sensi dall’articolo 19 MAR. Infatti, ove il manager di una società quotata abbia responsabilità manageriali presso un’altra società, quest’ultima rientra tra le ‘persone strettamente legate’ e pertanto è soggetta agli obblighi di comunicazione delle operazioni effettuate sugli strumenti finanziari emessi dall’emittente, indipendentemente dalla percentuale detenuta in azioni”.
[5] Relazione della Consob contenente gli esiti della consultazione sulle proposte di modifica al RE dell’aprile 2017, p. 19. Nel medesimo documento, tra l’altro è riportato come l’ambito di applicazione in esame era analogo a quello della direttiva 2004/72/CE, recante modalità di esecuzione della direttiva 2003/6/CE (“MAD”), su cui la Consob aveva fornito nel 2006 alcuni chiarimenti che ne avevano “circostanziato” l’ambito di applicazione.
[6] “(…) the reference to «the managerial responsibilities of which are discharged» in Article 3(1)(26)(d) of MAR should be read to cover those cases where a PDMR within an issuer (or a closely associated natural person) takes part in or influences the decisions of another legal person, trust or partnership (hereinafter “legal entity”) to carry out transactions in financial instruments of the issuer. For example, in the case of mere cross board membership, where a person sits in the administrative, management or supervisory body of an issuer and also in the board of another legal entity where they exercise executive or non-executive functions, without however taking part nor influencing the decisions of that legal entity to carry out transactions in financial instruments of the issuer, then that person should not be considered discharging managerial responsibilities within that legal entity for the purposes of Article 3(1)(26)(d) of MAR. Therefore, that legal entity should not be subject to the notification obligations under Article 19(1) of MAR, unless it is directly or indirectly controlled by, is set up for the benefit of, or its economic interests are substantially equivalent to those of that person”.
[7] Art. 152-octies, comma 1, RE: “I soggetti rilevanti comunicano alla Consob e pubblicano le operazioni sulle azioni e sugli strumenti finanziari collegati, compiute da loro stessi e dalle persone strettamente legate, entro la fine del quindicesimo giorno del mese successivo a quello in cui è stata effettuata l’operazione”. La comunicazione al pubblico, inoltre, poteva essere effettuata secondo una tempistica differente, qualora fosse stato l’Emittente a dover pubblicare dette informazioni, secondo quanto disposto dal secondo comma dello stesso articolo (“la comunicazione al pubblico prevista dal comma 1 può essere effettuata, per conto dei soggetti rilevanti ivi indicati, dall’emittente quotato, a condizione che, previo accordo, tali soggetti rilevanti inviino le informazioni indicate al comma 1 all’emittente quotato, nei termini ivi indicati. In tal caso l’emittente quotato pubblica le informazioni entro la fine del giorno di mercato aperto successivo a quello in cui ha ricevuto le informazioni dai predetti soggetti rilevanti”).
[8] Art. 19, primo comma, secondo paragrafo del MAR: le “notifiche (all’Autorità competente e all’Emittente, nda) sono effettuate tempestivamente e non oltre tre giorni lavorativi dopo la data dell’operazione”. Art. 19, terzo comma, primo Paragrafo, del MAR: “Gli emittenti (…) pubblicano le informazioni contenute nella notifica di cui al paragrafo 1 entro due giorni lavorativi dal suo ricevimento”. Il terzo comma della stessa disposizione prevede inoltre che “in alternativa, il diritto nazionale può prevedere che un’autorità competente possa diffondere al pubblico le informazioni” (tale opzione non è stata esercitata in Italia).
[9] Solo la disciplina nazionale, in base all’art. 152-septies, comma 3, lett. a), RE, prevedeva che, una volta comunicata una operazione a seguito del superamento della soglia di Euro 20.000, elevata rispetto a quella standard europea di euro 5.000 dall’art. Art. 152-quinquies.1 RE, “successivamente ad ogni comunicazione non sono comunicate le operazioni il cui importo complessivo non raggiunga un controvalore di ulteriori ventimila euro entro la fine dell’anno; per gli strumenti finanziari collegati derivati l’importo è calcolato con riferimento alle azioni sottostanti”.
[10] Art. 152-octies, comma 1, RE: “I soggetti rilevanti comunicano alla Consob e pubblicano le operazioni sulle azioni e sugli strumenti finanziari collegati, compiute da loro stessi e dalle persone strettamente legate (…)”. Solo la normativa nazionale prevedeva, inoltre, una esenzione dalla comunicazione delle “operazioni effettuate tra il soggetto rilevante e le persone ad esso strettamente legate” (art. 152-septies, comma 3, lett. b), RE).
[11] Nella Relazione della Consob contenente gli esiti della consultazione sulle proposte di modifica al RE dell’aprile 2017 (p. 14) l’Autorità ha tra l’altro confermato in via interpretativa, anche per la disciplina europea “il mantenimento della facoltà prevista per i soggetti rilevanti e per le persone a loro strettamente associate di delegare all’emittente quotato la notifica alla Consob delle operazioni compiute”.
[12] In tal caso avrebbe trovato applicazione, come detto, l’art. 152-octies, comma 2, RE.
[13] Lo SDIR è il sistema sistema di diffusione elettronica delle informazioni regolamentate, autorizzato dalla Consob, che collega i propri utilizzatori, in primo luogo gli Emittenti, ai media, ai fini della comunicazione al pubblico di tali informazioni (cfr.: artt. 65, comma 1, lett. g e Art. 65-quinquies, RE).
[14] Cfr.: Relazione della Consob contenente gli esiti della consultazione sulle proposte di modifica al RE dell’aprile 2017, p. 18.
[15] Art. 6, Paragrafo 4, della MAD: “Le persone che esercitano responsabilità di direzione all’interno di un emittente di strumenti finanziari e, se del caso, le persone legate strettamente ad esse, notificano all’autorità competente l’esistenza di operazioni effettuate per loro conto attinenti ad azioni emesse da tale emittente o a strumenti derivati o ad altri strumenti finanziari a loro collegati. Gli Stati membri provvedono a consentire il più presto possibile un agevole accesso del pubblico a dette informazioni, almeno su base individuale”.
[16] Ciò in quanto impone la pubblicità di transazioni potenzialmente poste in essere anche avvalendosi di un privilegio informativo in ragione del ruolo rivestito dal soggetto rilevante in un Emittente. La riconducibilità delle segnalazioni di internal dealing tra le misure di prevenzione si ritrova anche in F. Annunziata, La disciplina del mercato mobiliare, Torino, 2020, p. 440 ss.
[17] La disclosure delle informazioni privilegiate è volta ad assicurare l’effettuazione di scelte di investimento consapevoli ed informate da parte del pubblico ed il correlato effetto che le transazioni hanno sui prezzi dei titoli negoziati determina la c.d. incorporazione nei prezzi delle informazioni disponibili, ampiamente studiata dai teorici dell’efficienza informativa e allocativa del mercato (per una recente ricostruzione di tali teorie si veda H. Brinckmann, Disclosure System, in AA.VV., European Capital Markets Law, Portland, 2017, p. 266-267). Detta disclosure di informazioni privilegiate ha anche una finalità di prevenzione dell’insider trading, considerato che permette di far venir meno nel minor tempo possibile una loro conoscenza, appunto privilegiata, eliminando così il rischio di un loro sfruttamento illecito. Per tale motivo ne è stata evidenziata una doppia funzione, come, tra gli altri, indicato da Koch che ricorda come “ad hoc disclosure obligations must thus seen as having a dual function – as a disclosure measure and a preventive measure” (P. Koch, Disclosure of insider information, in European Capital Markets Law, cit., p. 348) e, più di recente, da Annunziata (F. Annunziata, The Market Abuse regulation and the use of general clauses thereunder, in Bocconi legal studies research paper series, giugno 2024, p. 6 (nt.3). E’ stata anche segnalata una terza funzione derivante dall’obbligo di una trasparenza e informativa continua al pubblico in merito alle vicende societarie degli Emittenti: ci si riferisce, in particolare a quanto indicato in M. Arrigoni, Informazioni privilegiate e funzionamento dei mercati finanziari, Milano, p. 10 ss., circa gli effetti sul “miglioramento della governance societaria”. Non potendo qui approfondire la tematica della tempistica attesa per la pubblicazione delle insider information, si rinvia all’ampia disamina offerta, anche in termini di una comparazione linguistica tra le varie versioni del MAR sul tema, in F. Annunziata “ ‘Madamina, il catalogo è questo…’ la disclosure delle informazioni privilegiate, tra regole speciali e disciplina dell’organizzazione d’impresa, in Diritto della banca e del mercato finanziario, 3/2020, p. 438 ss. – forma di trasparenza societaria.
Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati dal tentativo del legislatore europeo di coniugare la citata valenza preventiva dall’insider trading con la disclosure da parte degli emittenti di informazioni sufficientemente mature o comunque tali da assicurare decisioni di investimento su presupposti ragionevolmente solidi che, di conseguenza, permettessero l’incorporazione nei prezzi di informazioni material. Dall’ampio dibattito generato in merito alla revisione del MAR, poi concretizzato nelle modifiche trasposte nel c.d. Listing Act di cui anche in seguito si accennerà, la scelta del legislatore europeo del 2014 sembra essere stata quelle di privilegiare la funzione preventiva dall’abuso di mercato rispetto a quella che caratterizza la teoria dei mercati efficienti. Un analogo concetto sembra desumersi in quanto scritto da Mosca (C.Mosca, Il sottile confine tra informazioni interne e informazioni privilegiate, in Il caleidoscopio dell’informazione nel diritto dei mercati finanziari (in ricordo di Guido Rossi), Milano, 2020, p. 205.) secondo la quale “La trasparenza delle informazioni – realizzata imponendo obblighi di comunicazione alle società quotate – è il perno intorno al quale ruota un mercato finanziario efficiente. Per essere funzionale e coerente con questa importante finalità, la disciplina della disclosure al pubblico non deve adattarsi in modo servile alla repressione dell’insider trading”. Si è tentata una sintesi delle finalità della disciplina e dell’evoluzione storica della stessa in Italia in P. Maggini, Mezzi elettronici, Sdir, Storage, Siti Internet e Punti di Accesso Centralizzati per le informazioni finanziarie tra disciplina attuale e prospettive future, in AA.VV., Algoritmi, Big Data, Piattaforme Digitali – La regolazione dei mercati in trasformazione, Torino, 2021, p. 308 ss. Sia consentito ricordare che in quella sede è stato segnalato “lo sforzo richiesto agli Emittenti nell’opera di bilanciamento tra una ponderata rappresentazione dell’informazione e la necessità di procedere celermente alla sua diffusione, tanto più considerato che dette attività giungono a valle di quella, altrettanto pregnante, di riconoscimento della sussistenza dell’obbligo informativo”.
Alle citate misure preventive possono aggiungersi, in termini generali, anche i modelli organizzativi di cui devono dotarsi gli emittenti in materia di abusi di mercato per la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, sia per i reati presupposto di cui all’art. 25-sexies del D. Lgs. n. 231 dell’8 giugno 2001 che in base alla specifica disposizione per gli illeciti amministrativi ex art. 187-quinquies del TUF. Inoltre, da altra visuale, in base all’art. 16 del MAR, i gestori del mercato, le imprese di investimento che gestiscono una sede di negoziazione e chiunque predisponga o esegua a titolo professionale operazioni si devono dotare di dispositivi, sistemi e procedure efficaci per individuare e segnalare ordini e operazioni sospetti di abusi di mercato.
[18] C. Mosca, Internal dealing e corporate governance, in Amministrazione e controllo nel diritto delle società, Liber Amicorum Antonio Piras, Torino, 2010, p. 675.
[19] C. Mosca, op. cit., p. 676.
[20] R. Veil, Directors’ Dealing, in AA.VV, European Capital Markets Law, cit., p. 434.
[21] R. Veil, op. cit., p. 442.
[22] Si ricorda qui che la comunicazione ingiustificata di informazioni privilegiate, c.d. tipping è una delle tre condotte tipizzate di abuso di informazioni privilegiate, insieme all’insider trading ed al tuyautage, vale a dire il consigliare ad altri una operatività su strumenti finanziari avvalendosi di un privilegio informativo.
[23] C.Mosca, op. cit, p. 685.
[24] C. Mosca, Comunicazione selettiva dagli amministratori agli azionisti e presidi a tutela del mercato, in Rivista delle Società, 1, 2018, p. 80.
[25] C. Mosca, op. cit., p. 81.
[26] C. Mosca, op. cit., p. 58 ss. Nel contesto (nt. 98), l’Autrice ricorda anche che la differente condizione (riconducibile alla astratta possibilità di far fronte economicamente al sostegno atteso, nell’ipotesi non comune) che ha determinato tale preventivo sondaggio rispetto agli altri azionisti non tocca la parità di di trattamento come disegnata dall’art 92, comma 1, del TUF (vedi anche infra).
[27] Non è un caso che la disciplina dei sondaggi di mercato dell’art. 11 del MAR è stata ampiamente scandagliata dalla dottrina. La stretta adesione alla procedura sui market soundings, tra l’altro, richiede il rispetto di vari adempimenti per i partecipanti, ivi inclusa la registrazione di tutte le informazioni fornite alla persona che riceve il sondaggio. Un elenco di tali adempimenti è riportato, tra l’altro in G. Strampelli, I dialoghi tra emittenti ed investitori istituzionali, in Informazione societaria Corporate Governance e nella società quotata, Quaderni Cesifin (a cura di) U. Tombari (n.69), Torino, 2018, p. 113 ss.
Per quanto le garanzie offerte dal rispetto di tali presidi, che avvolgono anche le informazioni non privilegiate, garantiscono una corretta gestione dei flussi informativi come anche ha ricordato la Consob nelle Q&A pubblicate 18 marzo del 2021, intitolate “Q&A sull’informazione selettiva nei confronti dei soci e, in particolare, del socio di controllo, nonché sulla pubblicazione delle informazioni privilegiate relative ai piani industriali”, di seguito anche “Q&A della Consob sull’informazione selettiva” o “Q&A della Consob del 18 marzo 2021” (p. 8), il riconoscimento che tali regole procedurali siano “numerose” (ibidem) ha forse portato detto strumento a non essere “frequentemente usato nella prassi societaria italiana” (M. Ventoruzzo, Qualche nota sulla comunicazione selettiva verso soci di controllo alla luce delle Q&A della Consob, in Governance e mercati. Studi in onore di Paolo Montalenti, Torino, 2022, tomo II, p. 1483), nonostante quanto disposto dalla normativa sugli abusi di mercato. Al riguardo, il MAR (art. 11, comma 4) indica che “la comunicazione di informazioni privilegiate effettuata nel corso di un sondaggio di mercato si considera fatta nel normale esercizio di un’occupazione, di una professione o di una funzione qualora il partecipante al mercato che comunica le informazioni rispetti i paragrafi 3 e 5” dello stesso articolo, in tema di comunicazione illecita di informazioni privilegiate. La Direttiva penale sugli abusi di mercato 2014/57/UE del 16 aprile 2014, all’art. 4, comma 2, sembra essere più esplicita, indicando che “ai fini della presente direttiva, costituisce comunicazione illecita di informazioni privilegiate la condotta con la quale una persona in possesso di informazioni privilegiate comunica tali informazioni a qualsiasi altra persona, al di fuori del normale esercizio di un lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio, ovvero al di fuori dei casi in cui la comunicazione può qualificarsi come sondaggio di mercato effettuato ai sensi dell’articolo 11, paragrafi da 1 a 8, del regolamento (UE) n. 596/2014”.
[28] Le determinazioni dei soci influenti in merito ad importanti scelte societarie (non solo nell’ipotesi riportata ma anche in merito, ad esempio, all’esercizio della propria quota dei diritti di opzione nell’ipotesi di aumenti di capitale non riservati) ed i loro effetti portano a considerare che “le informazioni privilegiate non necessariamente sorgono all’interno dell’emittente, ivi incluse quelle che lo riguardino direttamente” (C.Di Noia-M.Gargantini, Corporate Goverrnance e comunicazione di informazioni privilegiate, in Informazione societaria Corporate Governance e nella società quotata, cit., p. 36 ss.) ed in tale categoria possono anche rientrare “variazioni rilevanti nella partecipazione detenuta dal socio che abbia più del 10% del capitale dell’emittente (oggetto del presente lavoro, nda), che possono essere comunicate all’emittente stesso il il giorno precedente la pubblicazione ad opera di quest’ultimo” (ibidem).
[29] La circostanza che l’accesso selettivo ad informazioni privilegiate debba poggiare su di un “rapporto giustificativo che trovi il suo fondamento nell’interesse sociale dell’emittente” è stata evidenziata anche nelle Q&A della Consob del 18 marzo 2021 (p. 6). Ciò, in quanto l’azionista non coinvolto nel dialogo selettivo ne trova, in tal caso, “comunque beneficio in quanto appartenente alla societas” (cfr. M.A. Scopelitti, il dialogo tra società e investitori per la corretta informazione al mercato (Presentazione), tra gli Interventi su Il dialogo delle società quotate con gli investitori: prassi e policy, 19 luglio 2021, slide n. 15. La Cossu ha ricordato “che il mercato è il luogo necessario di attuazione dell’interesse sociale per le società quotate” (cfr.: M. Cossu, Società aperte e interesse sociale, Torino, 2006, p. 205) e, nel costesto a cui ci si riferisce il presente lavoro, la tematica concerne appunto i casi in cui sussiste un interesse sociale ad una non ordinaria comunicazione asimmetrica di informazioni privilegiate (per definizione ex art. 7 del MAR, non a disposizione del mercato) a taluni soci rispetto ad altri (ed al resto del pubblico).
[30] E’ stato riconosciuto dalla dottrina che le Q&A della Consob sull’informazione selettiva hanno avuto il il pregio “di aver definitivamente e autorevolmente chiarito che, a certe condizioni, una disclosure selettiva è legittima e talvolta perfino doverosa” per quanto, a un interprete “come sempre, tuttavia, se questi esercizi risolvono taluni dubbi, inevitabilmente ne creano di nuovi”; cfr.: “M. Ventoruzzo, op. cit., p. 1477; anche per tale motivo l’Autore sostiene che “il valore principale di documenti come quello qui commentato dovrebbe essere soprattutto nel chiarire la legittimità di certe condotte, mentre maggiore cautela occorre nell’impiegarle a fini sanzionatori in quelle aree nelle quali le regole ‘hard’, primarie e secondarie, non sono del tutto univoche” (ivi, p. 1486).
[31] A. Zoppini, Informazione societaria e Corporate Governance: il dialogo tra l’organo di gestione e il socio di controllo, in Informazione societaria e Corporate Governance nella società quotata, cit., p. 93.
[32] cfr.: M. Ventoruzzo, Qualche nota sulla comunicazione selettiva verso soci di controllo alla luce delle Q&A della Consob, cit., p. 1485. L’autore ricorda anche che, con riferimento a possibili dialoghi con azionisti di minoranza, anche “con riferimento alle informazioni non privilegiate, la violazione dell’art. 92 TUF è forse più probabile in questo contesto che nel caso di dialoghi con i soci di controllo” (ivi, p. 1486).
[33] Ibidem. Nello stesso senso Strampelli (G. Strampelli, I dialoghi tra emittenti ed investitori istituzionali, in Informazione societaria e Corporate Governance nella società quotata, cit., p. 120), ricorda che se “l’uguaglianza tra le azioni di medesima categoria è assoluta, quella tra gli azionisti (possessori di azioni di medesima categoria) è relativa e dipende dall’entità della partecipazione posseduta”. Lo stesso Autore, nel ricordare tra l’altro che i piccoli investitori beneficiano comunque delle attività dei soci di controllo e dell’attivismo degl investitori istituzionali, su cui si dirà anche a breve, sottolinea come la diversa natura di tali diversi soci maggiori si riflette anche – in termini di teoria dell’impresa – sul diverso rischio di estazione di benefici privati dalla società (ivi, p. 122 ss.).
[34] L’espressione è ripresa da C. Angelici, Sul caleidoscopio dell’informazione, in Il caleidoscopio dell’informazione nel diritto dei mercati finanziari, cit., p. 321.
[35]La metafora è ripresa da M.A. Scopelitti, il dialogo tra società e investitori per la corretta informazione al mercato (Presentazione), cit., slide n. 11 ss.
[36] Di Noia-M.Gargantini, Corporate Goverrnance e comunicazione di informazioni privilegiate, in Informazione societaria Corporate Governance e nella società quotata, cit., p. 36.
[37] Assonime ha costituito un Osservatorio sulle Politiche di Dialogo con gli Azionisti (di seguito anche “l’Osservatorio”), aperto alla partecipazione di tutte le società che aderiscono o intendono aderire al Codice di Corporate Governance, che ha elaborato dei Principi per guidare e supportare gli emittenti nell’elaborazione delle politiche di dialogo. Il citato Codice di Corporate Governance, l’adesione al quale è rimessa volontariamente alle società quotate nel mercato regolamentato gestito da Borsa Italiana, ha infatti autodisciplinato la predisposizione di politiche di dialogo con gli azonisti al Principio IV (“l’organo di amministrazione promuove, nelle forme più opportune, il dialogo con gli azionisti e gli stakeholder rilvanti per la società”) e alla Raccomandazione n.3 (“l’organo di amministrazione, su proposta del presidente, formulata d’intesa con il chief executive officer, adotta e descrive nella relazione sul governo societario una politica per la gestione del dialogo con la generalità degli azionisti, anche tenendo conto delle politiche di engagement adottate dagli investitori istituzionali e dai gestori attivi”). Come è ricordato nella Circolare Assonime n.23 del 19 luglio 2021, tra l’altro i principi assegnano: “– al consiglio di amministrazione, la funzione di indirizzo e di monitoraggio del dialogo, attraverso l’approvazione della politica e la verifica della sua attuazione sulla base di adeguati flussi informativi forniti dai soggetti incaricati di gestire il dialogo; – agli amministratori che hanno la responsabilità di rappresentare la società (CEO e/o Presidente), il compito di applicare la politica, attraverso la gestione delle varie fasi del dialogo e delle relative scelte, compresa la possibilità di coinvolgere eventuali funzioni aziendali e altri amministratori (in particolare i presidenti dei comitati endoconsiliari) sulla base delle competenze loro attribuite all’interno della società sulle materie oggetto del dialogo;- a un ‘punto di contatto’ (normalmente la funzione di Investor Relation e/o la segreteria societaria), che opera sotto la responsabilità degli amministratori incaricati di gestire il dialogo, il compito di assicurare una gestione unitaria delle richieste di dialogo provenienti dagli investitori e delle iniziative di dialogo avviate su iniziativa della società”. Sulla base della documentazione messa a disposizione dall’Osservatorio, circa 100 società quotate si sono dotate di politiche di dialogo ispirate ai richiamati principi.
[38] Secondo l’iter logico seguito – di cui si trova conforto anche nelle Annotazioni al Principio 1 delle Politiche di Dialogo elaborate dall’Osservatorio – la predisposizione di politiche di dialogo da parte degli Emittenti tiene conto delle speculari policies di engagement degli investitori istituzionali; nello stesso senso, si veda: M.Milič, I principi per le politiche di dialogo con gli azionisti (Presentazione), tra gli Inteventi su Il dialogo delle società quotate con gli investitori: prassi e policy, cit., slide n. 4. Di conseguenza, tale tematica concerne principalmente gli Emittenti negoziati nei mercati regolamentati, in base a quanto previsto dalla SHD2 e dalla normativa nazionale di recepimento (l’art. 124-quater, comma 2, del TUF richiama gli “investitori istituzionali e ai gestori di attivi che investono in società con azioni ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di un altro Stato membro dell’Unione europea”). Tuttavia, “posto che le politiche di engagement degli investitori professionali riguardano, per l’appunto, le loro politiche di gestione e di investimento, è altamente probabile che le stesse vengano estese, anche se con le opportune distinzioni, all’intero universo delle possibili imprese target, indipendentemente dal fatto che esse siano quotate su un mercato regolamentato, o su un’altra tipologia di trading venue” (F.Annunziata “Il migliore dei mondi possibili”? L’accesso delle PMI alle trading venues: libertà, condizionamenti e gold-plating, in Atti del XII Convegno annuale dell’Associazione italiana dei professori universitari di diritto commerciale “Orizzonti del diritto commerciale”, 17-18 settembre 2021, p. 63. Nello stesso lavoro (p. 61) l’Autore ricorda anche l’attenzione che, in base alla SHD2, le politiche di investimento devono dedicare alle tematiche della c.d. sustainable finance (ESG – enviromental, social, governance).
[39] S. Alvaro, M. Maugeri, G. Strampelli, Investitori istituzionali, governo societario e codici di stewardship, Quaderno giuridico della Consob n. 19, gennaio 2019, p. 15. Nello stesso lavoro è fornita una analisi delle interazioni e sovrapposizioni, come anche delle differenze, tra i correlati concetti di stewardship, activism ed engagement. Sulle attività di engagement e stewardship, sulle modalità e tipologie (e sedi) di dialogo tra azionisti ed Emittente, su quali possano essere le materie che meglio si prestano a costituire oggetto di dialogo ed ancora su chi, nell’Emittente, possa essere titolato a dialogare con gli azionisti, si veda G. Strampelli, I dialoghi tra emittenti ed investitori istituzionali, in Informazione societaria Corporate Governance e nella società quotata, cit., p. 96 ss..
[40] M. Cossu ; L’attivismo degli investitori non istituzionali in Italia, in Banca Borsa Titoli di Credito, 3, 2017, I, p. 410 ss.
[41] L’espressione è di M.Bianca, Spunti in tema di informazione preassembleare,in Governance e mercati. Studi in onore di Paolo Montalenti, cit., tomo I, p. 631.
[42] La Consob, nel corso di una audizione parlamentare svoltasi il 25 maggio 2021 in merito alla nota vicenda Gamestop (“Elementi informativi in merito alla vicenda Gamestop e all’impatto del trading on-line”, pag. 6) ha avuto modo di rilevare che “La facilità delle comunicazioni digitali potrebbe essere in generale un vantaggio per gli investitori perché agevola e diffonde la conoscenza di informazioni sulla situazione di un emittente, sul suo andamento borsistico, su eventuali strategie di investimento, etc. La vicenda specifica ha tuttavia evidenziato alcuni elementi di attenzione: quello dell’affidabilità delle fonti informative e quello della reale natura delle informazioni trasmesse tramite social, ovvero se possano o meno configurarsi come vere e proprie “raccomandazioni di investimento” che nel contesto del MAR dovrebbero essere assoggettate a particolari tutele (art. 20). I forum digitali di discusione, tra l’altro, sono collegati e comunque agevolmente consultabili simultaneamente all’utilizzo di piattaforme di trading on-line, come la stessa vicenda ha insegnato.
[43] I principi per le politiche di dialogo con gli azionisti redatte dall’Osservatorio richiamano, tra l’altro, la necessità che le informazioni vengano trasmesse nel corso dei dialoghi nel rispetto della disciplina MAR, richiamando anche le Q&A della Consob del 18 marzo 2021 (Principio 6 e relativa Annotazione).
[44] M.A. Scopelitti, il dialogo tra società e investitori per la corretta informazione al mercato (Presentazione) cit., slide n. 20.
[45] Art. 194-quinquies, comma 1, let. c), del TUF. Si segnala, inter alia, che alla data della presente pubblicazione, il rinvio della disposizione de qua all’art. 114, comma 7, del TUF non è stato ancora abrogato.
[46] Il riferimento è alle soglie del 5%, 10%, 15%, 20%, 25%, 30%, 50%, 66,6% e 90% (la soglia iniziale per le PMI è del 3%), come indicato all’art. 117, RE.
[47] Relazione illustrativa che accompagnava il disegno di legge presentato al Senato in prima lettura (p. 9).
[48] Ibidem. Nello stesso senso L.Plattner, DDL Capitali: le novità per gli emittenti MTF, in Diritto Bancario, novembre 2023, (pag. 6). La tematica del gold plating per la disciplina in esame è trattata diffusamente anche in F. Urbani, op. cit., p. 65 ss..
[49] Cfr.: inter alia, quanto ripreso Relazione della Consob contenente gli esiti della consultazione sulle proposte di modifica al RE dell’aprile 2017 (p.12 ss.).
[50] Documento di Consultazione del 24 ottobre 2016 sulle proposte di modifica dei regolamenti di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la disciplina degli emittenti e dei mercati, nonché del regolamento in materia di operazioni con parti correlate, per l’attuazione del regolamento (UE) n. 596/2014 in materia di abusi di mercato, p. 23.
[51] P. Valensise, A. Sacco Ginevri, I. Bui, L’adeguamento della normativa nazionale alle disposiizoni europee sugli abusi di mercato, in Diritto Bancario, settembre 2018 (pag. 6); nella pubblicazione si dà anche ampio conto del dibattito parlamentare descritto nel testo.
[52]“Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai soggetti italiani ed esteri che:
a) hanno chiesto o autorizzato l’ammissione di strumenti finanziari di propria emissione alla negoziazione su un mercato regolamentato italiano; b) hanno chiesto o autorizzato la negoziazione degli strumenti finanziari di propria emissione su un sistema multilaterale di negoziazione italiano; c) hanno autorizzato la negoziazione degli strumenti finanziari di propria emissione su un sistema organizzato di negoziazione italiano”.
[53]Tra l’altro, la trasparenza degli assetti proprietari per gli Emittenti negoziati nei mercati non regolamentati è disciplinata dalle eventuali norme che i gestori stabiliscono per le rispettive piattaforme. Ad esempio, il Regolamento di Euronext Growth Milan prevede che gli azionisti definiti significativi comunichino all’Emittente – per la successiva pubblicazione delle informazioni contenute nella Scheda 5 del medesimo Regolamento – la variazione delle soglie di partecipazione ivi indicate (5%, 10%, 15%, 20%, 25%, 30%, 50%, 66,6% e 90%).
[54] L’emanando Listing Act, il regolamento europeo che modificherà i regolamenti (UE) 2017/1129, n. 596/2014 e n. 600/2014 per rendere i mercati pubblici dei capitali nell’Unione più attraenti per le società e facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese ai capitali, è intervenuto anche su tale ambito. Nella proposta di regolamento, il cui iter di definizione è alle fasi finali e di cui ne è prevista la pubblicazione nei prossimi mesi, è prevista una modifica all’art. 19 del MAR per elevare in primo luogo la soglia per la segnalazione delle comunicazioni a 20.000 Euro (e assegnando parimenti alle Autorità Competenti la facoltà di elevare ulteriormente detta soglia a 50.000 Euro o viceversa abbassarla a 10.000 Euro), oltre che estendendo l’esenzione dal divieto di negoziazione pima dell’approvazione delle rendicontazioni contabili (c.d. closed period) a specifiche garanzie e diritti diversi dalle azioni o comunque per le transazioni derivanti da operazioni e attività che dipendono esclusivamente da fattori esterni o comunque non siano frutto di decisioni di investimento attive dei soggetti tenuti alle segnalazioni. Si rinvia sul punto ai consideranda da n. 73 a n.76 della proposta di Listing Act per la puntuale descrizione di quanto ora sintetizzato, oltre che, naturalmente alle parti emendate dell’art. 19 del MAR.
[55] La disposizione si riferisce a “le elargizioni e donazioni fatte o ricevute e le eredità ricevute”.
[56] Nel proprio sito internet l’Associazione si descrive come “pan-European organisation strategically positioned to represent the interests of publicly quoted companies from all sectors to the EU institutions”.
[57] European Issuer position on the review of the market abuse regulation, 3 aprile 2019, pag.5
[58] Assonime, Note e Studi 11/2019, La revisione del Regolamento sugli abusi di mercato: la posizione di Assonime, pag. 39.
[59] High Level Forum, A new Vision for Europe’s capital markets Final Report of the High Level Forum on the Capital, Final Report, giugno 2020 (p. 68).
[60] TESG, Empowering EU Capital Markets for SMEs (small exchange enterprises, nda) – Making listing cool again”, pag. 77. Nella stessa dede il TESG aveva suggerito di adottare un meccanismo per il calcolo delle operazioni da notificare analogo a quello vigente in Italia (Art. 152-quinquies.1, RE) consistente nel c.d. azzeramento del buffer tra una segnalazione dovuta perché eccedente la soglia di controvalore e quella ad essa seguente.