SOMMARIO: L’articolo approfondisce il tema dell’obbligo di comunicazione del titolare effettivo da parte delle fondazioni, con particolare riferimento a quelle fondazioni, come le fondazioni del terzo settore, che non rientrano tra le persone giuridiche private di cui al d.P.R. 361/2000, poiché acquisiscono la personalità giuridica in un modo diverso e sono iscritte in altri registri.
ABSTRACT: The article discusses the topic of the obligation for foundations to communicate their beneficial owner, with particular reference to those foundations, such as third sector foundations, which do not fall within the private legal entities referred to in Presidential Decree no. 361/2000, since they acquire the legal personality in a different manner and are registered on other registers.
L’art. 21, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 131 – attuativo della Direttiva europea n. 2015/849 sulla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo – obbliga anche “le persone giuridiche private tenute all’iscrizione nel Registro delle persone giuridiche private di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361” a comunicare al Registro delle imprese le informazioni relative ai propri “titolari effettivi” ai fini della loro conservazione in apposita sezione del medesimo Registro. L’omessa comunicazione è sanzionata dalla legge.
La disposizione testé citata solleva una prima questione: se devono ritenersi sottoposte all’obbligo di comunicazione, oltre alle fondazioni “ordinarie” di cui agli artt. 14 e ss., c.c., che acquisiscono la personalità giuridica ai sensi del d.P.R. 361/2000 e sono perciò iscritte nel Registro delle persone giuridiche[1], anche le fondazioni “del terzo settore” che la personalità giuridica acquisiscono invece iscrivendosi nel Registro unico nazionale del terzo settore (RUNTS) ai sensi dell’art. 22 d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117, recante il Codice del terzo settore[2].
La questione si pone a prescindere dalla sezione del RUNTS nella quale la fondazione chiede di essere iscritta, che può essere tanto quella degli “Enti filantropici”, quanto quella degli “Altri enti del terzo settore” [3].
La questione, invece, è di minore interesse per le fondazioni che s’iscrivono nella sezione “imprese sociali” del Registro delle imprese[4] e con questa iscrizione ottengono, oltre alla qualifica di impresa sociale, anche la personalità giuridica di diritto privato (ex art. 22 d.lgs. 117/2017, in deroga al d.P.R. 361/2000), in forza dell’equiparazione tra l’iscrizione nella sezione “imprese sociali” del Registro delle imprese e l’iscrizione nel RUNTS disposta dall’art. 11, comma 3, d.lgs. 117/2017[5]. Alle fondazioni imprese sociali, infatti, dovrebbe in ogni caso applicarsi la prima parte dell’art. 21, comma 1, d.lgs. 131/2007, sicché esse, quali “imprese dotate di personalità giuridica tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese di cui all’articolo 2188 del codice civile”[6], sarebbero comunque tenute alla comunicazione del titolare effettivo.
A noi sembra che la risposta alla domanda non possa che essere affermativa. Se è vero che l’art. 21, comma 1, d.lgs. 131/2007, fa esclusivo riferimento al Registro delle persone giuridiche e dunque alla sola procedura “ordinaria” di acquisizione della personalità giuridica, non sussistono ragionevoli motivi per escludere dall’ambito di applicazione della norma quegli enti, incluse le fondazioni, che la personalità giuridica ottengano mediante iscrizione in altri registri, attraverso procedure “alternative” a quella “ordinaria” di cui al d.P.R. 361/2000, previste da norme particolari di legge, come l’art. 22 d.lgs. 117/2017[7]. In caso contrario, infatti, la disparità di trattamento tra le fondazioni risulterebbe inspiegabile[8]. Del resto, la direttiva europea n. 2015/849 comprende nel suo ambito di applicazione le fondazioni tout court, a prescindere dalle modalità, necessariamente regolate dal diritto nazionale, con cui esse ottengono la personalità giuridica[9].
Se è vero quanto sopra, non pare allora giustificabile il rifiuto manifestato da alcune Camere di commercio italiane di ricevere le comunicazioni di titolari effettivi da parte di fondazioni del terzo settore, sulla base del presupposto che si tratterebbe di istanza presentata da un soggetto giuridico per il quale le disposizioni normative applicabili non prevedono la comunicazione al Registro delle imprese dei dati e delle informazioni relative al titolare effettivo.
Non sembra corretto invocare al riguardo il principio di “tipicità” delle iscrizioni nel Registro delle imprese ex art. 2188 c.c. e art. 7 d.P.R. 581/1995[10], poiché al di là del generale rilievo per cui la tassatività delle iscrizioni non vincola ad un’interpretazione rigidamente letterale delle norme che pongono gli obblighi di iscrizione, il principio di “tipicità” riguarda le iscrizioni di atti nel Registro delle imprese per finalità pubblicitarie e non già le comunicazioni dei titolari effettivi, che svolgono una funziona diversa ai sensi della normativa sull’antiriciclaggio. D’altra parte, sebbene il registro dei titolari effettivi sia in Italia configurato come una “sezione autonoma” del Registro delle imprese[11], esso non s’identifica col Registro delle imprese, restando formalmente sottratto all’art. 2188 c.c., che comunque, come spiegato, è norma funzionale ad un sistema di pubblicità legale, che nel caso di nostro specifico interesse non si realizza.
A ciò è da aggiungersi, per fugare ogni possibile dubbio, che l’obbligo di cui all’art. 21, comma 1, d.lgs. 131/2007, sussiste in capo alle fondazioni indipendentemente dal fatto che esse siano iscritte nel Registro delle imprese o nel REA o che siano in possesso di partita IVA, poiché questi aspetti sono del tutto irrilevanti ai fini della normativa in questione e della sua applicazione concreta[12].
La seconda questione è relativa all’individuazione del titolare effettivo o dei titolari effettivi delle fondazioni da comunicarsi nell’apposito Registro ovvero nell’apposita sezione del Registro delle imprese.
La disposizione normativa di riferimento è qui l’art. 20, d.lgs. 131/2007.
L’art. 20 detta, innanzitutto, nel suo primo comma, una regola di carattere generale, che successivamente articola, nei commi seguenti, sulla base della forma giuridica degli enti della cui titolarità effettiva si discute.
La disposizione generale è quella secondo cui “il titolare effettivo di clienti diversi dalle persone fisiche coincide con la persona fisica o le persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente ovvero il relativo controllo”.
“Proprietà” e “controllo” non sono termini di uso tradizionale nel diritto delle società e delle organizzazioni più in generale, ma dai successivi commi 2 e 3 dell’art. 20, dedicati alle società di capitali, si comprende come la “proprietà” sia un criterio formale, mentre il “controllo” un criterio sostanziale che si applica subordinatamente all’impossibilità di ricavare dal primo criterio indicazioni univoche in merito all’identità del titolare effettivo[13]. Se infatti la “proprietà” è data dalla partecipazione (diretta o indiretta, cioè attraverso la partecipazione nel capitale di altre società) nel capitale sociale oltre una certa soglia (pari al 25%), la nozione di “controllo” evoca una o più circostanze che consentono ad una o più persone fisiche di “dominare” una società. La nozione di controllo di cui al comma 3 è sostanzialmente coincidente con quella di cui all’art. 2359 c.c.
Il comma 4 dell’art. 20 è testualmente dedicato alle persone giuridiche di cui al d.P.R. 361/2000, ovverosia alle associazioni e alle fondazioni del primo libro del codice civile, poiché a questi tipi di enti (oltre che alle “altre istituzioni di carattere privato”) si rivolge il d.P.R. 361/2000 (cfr. art. 1, comma 1). Tuttavia, per le medesime ragioni precedentemente individuate con riguardo all’obbligo di comunicazione, la norma dovrebbe ritenersi applicabile anche alle fondazioni, come quelle del terzo settore, che abbiano acquisito la personalità giuridica con altre modalità. Invero, al fine dell’individuazione del titolare effettivo, non può essere determinante il diverso modo in cui la fondazione abbia conseguito la personalità giuridica, se ai sensi del d.P.R. 361/2000 o ai sensi dell’art. 22 d.lgs. 117/2017 o direttamente sulla base di una norma di legge ad hoc[14]. Parimenti irrilevante deve a tal fine ritenersi l’eventuale qualifica di “ente del terzo settore”, “ente filantropico” o “impresa sociale” eventualmente posseduta dalla fondazione.
Con riferimento a queste tipologie di enti, il legislatore detta all’art. 20, comma 4, una regola diversa da quella prevista per le società di capitali. Infatti, “sono cumulativamente individuati come titolari effettivi:
a) i fondatori, ove in vita;
b) i beneficiari, quando individuati o facilmente individuabili;
c) i titolari di poteri di rappresentanza legale, direzione e amministrazione”.
Occorre osservare, in primo luogo, come l’individuazione ex lege avvenga sulla base di un criterio puramente formale, senza alcun riguardo ad elementi o vicende sostanziali che possano determinare un controllo sostanziale di una fondazione. Il controllo rilevante è in questo caso, a differenza di quanto accade per le società di capitali (per le quali si fa ricorso ai criteri sostanziali di cui all’art. 2359 c.c.), di natura meramente “formale”. Eppure, anche le fondazioni, pur non essendo dotate di capitale sociale e non potendo avere “proprietari”, potrebbero essere sottoposte, in forza di disposizioni statutarie o di accordi contrattuali, al controllo sostanziale di una o più persone fisiche. Con riguardo alle fondazioni del terzo settore, ciò emerge con evidenza dal disposto dell’art. 4, comma 2, CTS, che specificamente contempla l’ipotesi di ETS sottoposti a direzione e coordinamento o controllati da specifiche categorie di soggetti[15]. Dall’altra parte, è invece possibile che chi costituisca una fondazione non mantenga alcun potere di controllo sulla medesima, eppure – nella menzionata prospettiva formale – la legge lo indica, se ancora in vita, come titolare effettivo (a prescindere da ogni indagine sull’esistenza del potere di fatto di controllare la fondazione).
Occorre in secondo luogo rilevare come l’individuazione ex lege sia “cumulativa”, sicché, nelle fondazioni, tutti i soggetti di cui all’art. 20, comma 4, sono, in linea di principio, titolari effettivi. Ciononostante, alcune considerazioni specifiche portano a ridurre il potenziale impatto della norma di legge.
Innanzitutto, quanto alla lettera a), la formula “ove in vita” conduce a ritenere che il legislatore abbia pensato al solo fondatore persona fisica (o ai soli fondatori persone fisiche), sicché la lettera a) è inapplicabile ai fondatori enti giuridici, ancorché giuridicamente esistenti. Pertanto, se ad esempio la s.p.a. “Alfa” ha costituito la fondazione “Beta”, non dovrà identificarsi come titolare effettivo la persona fisica che, ai sensi dei commi 2 e 3 dell’art. 20, costituisce il titolare effettivo della s.p.a. “Alfa” che ha costituito la fondazione “Beta”.
Questa interpretazione è coerente non solo con la lettera della legge (la formula “ove in vita” non può che riguardare persone fisiche), ma anche con il criterio generale di cui al primo comma dell’art. 20. Infatti, dal momento che la proprietà indiretta di una fondazione non è per legge configurabile, essendo la fondazione priva di capitale sociale, per le fondazioni l’unico criterio applicabile è quello del “controllo”, del quale però (a differenza di quanto accade per la “proprietà” formale di natura azionaria) non sussiste nel testo di legge la possibile variante “indiretta”. Il controllo rilevante ai fini della disciplina del titolare effettivo è solo quello “diretto” esercitato da persone fisiche.
Rispetto alla lettera b), non può che osservarsi come essa sia di fatto applicabile soltanto a quelle fondazioni costituite per il fine specifico di favorire uno o più persone fisiche, o una cerchia ristretta di persone fisiche facilmente individuabili. L’esempio più naturale è quello delle fondazioni di cui all’art. 28, comma 3, c.c., ovverosia delle fondazioni “destinate a vantaggio soltanto di una o più famiglie determinate”. Difficilmente (sebbene ciò non possa escludersi a priori) il criterio di cui alla lettera b) potrà dunque applicarsi alle fondazioni del terzo settore (in particolar modo quella con la qualifica di “ente filantropico”), che perseguendo finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, sono di norma costituite allo scopo di beneficiare categorie di soggetti piuttosto che soggetti specifici, e talvolta altri enti giuridici (in particolar modo del terzo settore) piuttosto che persone fisiche. A quest’ultimo riguardo, in virtù delle considerazioni precedentemente svolte con riguardo alla lettera a), deve ritenersi che il legislatore abbia inteso i “beneficiari” esclusivamente come persone fisiche, sicché titolari effettivi non dovrebbero potersi considerare le persone fisiche proprietarie o controllanti eventuali società o enti beneficiari della fondazione.
Con riguardo alla lettera c) – che sarà probabilmente il criterio di identificazione dei titolari effettivi più utilizzato dalle fondazioni del terzo settore – va segnalato che l’elencazione è anche qui cumulativa, sicché tutti “i titolari di poteri di rappresentanza legale, direzione e amministrazione” sono individuati per legge come titolari effettivi. Dovranno pertanto essere comunicati come titolari effettivi non solo il rappresentante legale (di solito coincidente con il Presidente del CdA della fondazione), ma anche gli altri componenti dell’organo di direzione o amministrazione della fondazione comunque denominato (consiglio di amministrazione, consiglio direttivo, ecc.)[16].
Ove componente dell’organo direttivo o di amministrazione sia un ente giuridico[17], non potendo un ente giuridico essere titolare effettivo, dovrà risalirsi alla persona fisica o alle persone fisiche che sono titolari effettivi dell’ente giuridico amministratore della fondazione. Se tale ente giuridico è una società di capitali, si applicheranno i criteri di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 20. Se tale ente giuridico è una fondazione, si applicherà il criterio di cui al comma 4 dell’art. 20. Ad esempio, se la fondazione “Alfa” è consigliere di amministrazione della fondazione “Beta”, titolare effettivo della fondazione “Beta” sarà il titolare effettivo (o i titolari effettivi) della fondazione “Alfa”.
Può discutersi se l’identificazione del titolare effettivo muti nel caso di deleghe sostanziali conferite dal CdA ad un amministratore della fondazione. Deve in questo caso individuarsi come titolare effettivo il solo consigliere delegato? In considerazione dell’approccio “cumulativo” e “formale” adottato dal legislatore, e del fatto che le deleghe di funzioni gestorie sarebbe comunque sempre revocabili dal CdA che le ha disposte in favore dell’amministratore[18], la risposta alla domanda deve ritenersi negativa. Anche in questo caso, pertanto, tutti gli amministratori della fondazione dovrebbero essere indicati come titolari effettivi.
Come inizialmente si osservava, nell’individuare il titolare effettivo delle fondazioni, il legislatore ha adottato un approccio formale (oltre che cumulativo). Da ciò consegue l’irrilevanza, ai fini dell’individuazione del titolare effettivo delle fondazioni, di situazioni tali da attribuire ad un soggetto piuttosto che ad un altro il controllo sostanziale della fondazione. Ad esempio, qualora le disposizioni statutarie della fondazione “Alfa” prevedessero che due dei tre amministratori che ne compongono il CdA siano nominati (e revocabili) da Tizio e il terzo amministratore da Caio, questa situazione non influirebbe sull’individuazione del titolare effettivo, sicché tutti gli amministratori (e non solo quelli “di maggioranza”) sarebbero comunque da comunicarsi come titolari effettivi. Tizio, invece, non sarebbe individuabile come titolare effettivo a meno che non sia fondatore persona fisica (si applicherebbe in questo caso la lettera a) del comma 4)[19].
Quanto sopra porta ad escludere che l’eventuale struttura para-associativa della fondazione (tipica delle cc.dd. fondazioni di partecipazione) possa avere alcun rilievo ai fini dell’applicazione delle regole concernenti l’individuazione e comunicazione del titolare effettivo.
Da ultimo giova ricordare che l’obbligo di comunicazione dei titolari effettivi avrebbe dovuto adempiersi entro l’11 dicembre 2023[20]. In data successiva, com’è noto, il Tar Lazio, con ordinanza del 7 dicembre 2023, n. 8083, aveva sospeso in via cautelare l’efficacia del decreto del MIMIT del 29 settembre 2023 che aveva individuato il termine perentorio per la comunicazione. Proprio qualche giorno fa, il Tar Lazio con un gruppo di sentenze (nn. 6837, 6839-6841, 6844 e 6845 del 9 aprile 2024) ha respinto i ricorsi per l’annullamento del suddetto decreto, che avevano dato origine all’accoglimento delle istanze cautelari, rendendo pertanto nuovamente attuale l’obbligo di comunicazione, che dovrà dunque adempiersi da quelle fondazioni, incluse quelle del terzo settore, che non l’abbiano già fatto in precedenza[21]. L’auspicio è che queste brevi note possano essere utili ad orientare gli enti interessati nell’assolvimento dei propri compiti, tanto i soggetti obbligati alla comunicazione (cioè, nel nostro caso, le fondazioni), quanto i soggetti chiamati a ricevere le comunicazioni (ovvero le Camere di commercio cui è demandata la gestione del registro dei titolari effettivi).
[1] Ai sensi dell’art. 1, comma 1, d.P.R. 361/2000, “le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalità giuridica mediante il riconoscimento determinato dall’iscrizione nel registro delle persone giuridiche”.
[2] Ai sensi dell’art. 22, comma 1, d.lgs. 117/2017, “Le associazioni e le fondazioni del Terzo settore possono, in deroga al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, acquistare la personalità giuridica mediante l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore ai sensi del presente articolo”. Tale iscrizione trova poi regole di dettaglio nel decreto ministeriale 15 settembre 2020, n. 106, sul funzionamento del RUNTS (cfr. in particolare gli artt. 15 e ss.).
[3] Agli enti fondazionali è precluse l’iscrizione nelle sezioni “Organizzazioni di volontariato”, “Associazioni di promozione sociale”, “Reti associative” e “Società di mutuo soccorso”. Della iscrizione delle fondazioni nella sezione “Imprese sociali” si dirà subito di seguito nel testo.
[4] Anche la qualifica di “Impresa sociale” è una qualifica del terzo settore, che si ottiene però iscrivendosi nel Registro delle imprese, nella apposita sezione, e non già nel RUNTS, sebbene i dati delle imprese sociali compaiano poi anche (per trasferimento automatico di dati tra registi pubblici) nel RUNTS in un’apposita sezione. La qualifica di impresa sociale può essere assunta anche da ogni tipo di ente, incluse le fondazioni.
[5] Secondo cui “Per le imprese sociali, l’iscrizione nell’apposita sezione del registro delle imprese soddisfa il requisito dell’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore”. Sull’equiparazione tra l’iscrizione nella sezione “imprese sociali” del Registro delle imprese e l’iscrizione al RUNTS ai fini dell’acquisizione della personalità giuridica, cfr. già A Fici, Tipo e status nella disciplina dell’impresa sociale, in Contratto e impresa, 2023, p. 125 s. Peraltro, è attualmente in discussione in Parlamento un disegno di legge (n. 1532-ter-A) che espressamente sancisce quanto appena detto. Ove approvato, esso condurrebbe all’aggiunta all’art. 11, comma 3, d.lgs. 117/2017, delle seguenti parole: “e, per quelle costituite in forma di associazione o fondazione, è efficace anche ai fini dell’acquisto della personalità giuridica ai sensi dell’articolo 22 del presente codice. I controlli e i poteri di cui agli articoli 25, 26 e 28 del codice civile sono esercitati, nei confronti delle fondazioni di cui al primo periodo, dagli uffici del registro delle imprese di cui all’articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580”.
[6] Le fondazioni imprese sociali, oltre che nella sezione “imprese sociali” del Registro delle imprese, sono infatti iscritte anche nella sezione ordinaria del Registro delle imprese: cfr. A Fici, Tipo e status nella disciplina dell’impresa sociale, cit., p. 137.
[7] Un’altra ipotesi è adesso quella di cui all’art. 14 d.lgs. 28 febbraio 2021, n. 39. Le associazioni con personalità giuridica acquisita ai sensi di questa norma (nel settore dello sport dilettantistico, come spiegato in A. Fici, Forme, requisiti e personalità giuridica degli enti sportivi dilettantistici del terzo settore, di prossima pubblicazione in Diritto ed economia del terzo settore, non potrebbero invece esservi fondazioni) dovrebbero ritenersi anch’esse tenute, come le fondazioni di cui si parla nella nota, ad effettuare la comunicazione ai sensi dell’art. 21 d.lgs. 131/2007. Cfr. tuttavia la sibillina risposta del MEF data in occasione di Telefisco 2024, ove alla domanda “Nel caso di enti, associazioni o società sportive dotate di personalità giuridica (le federazioni sportive nazionali/discipline sportive associate/enti promozione sportiva, le società sportive dilettantistiche nonché le associazioni sportive dilettantistiche e gli enti del terzo settore con personalità giuridica di diritto privato) acquisita diversamente dalle procedure previste dal Dpr 361/2000 è comunque necessaria l’iscrizione al registro dei titolari effettivi?”, si replica nel modo seguente: “Si rinvia all’articolo 21, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 che prescrive l’obbligo di comunicazione dei dati e delle informazioni sulla titolarità effettiva in capo alle persone giuridiche private tenute all’iscrizione nel Registro delle persone giuridiche private di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361”. Qualcuno sostiene che in tal modo il MEF abbia sposato la tesi secondo la quale gli enti del Terzo settore e le associazioni sportive dilettantistiche, che abbiano acquisito la personalità giuridica di diritto privato con procedure diverse da quelle di cui al DPR 361/2000, non siano tenuti all’adempimento della comunicazione della titolarità effettiva al Registro delle Imprese (in questo senso F. Napolitano-S. Branca, Comunicazione al Registro dei titolari effettivi per gli enti non commerciali, tra dubbi applicativi e sospensione dell’adempimento, in Terzo settore, non profit e cooperative, 2024, n. 1, p. 49). A noi sembra invece che il MEF abbia in tal modo preferito non rispondere alla domanda.
[8] Questa conclusione è per lo più pacifica tra i commentatori ed è inoltre accolta nello Studio n. 1-2023 B, La ricerca del titolare effettivo, della Commissione Antiriciclaggio del Consiglio Nazionale del Notariato, in cui si legge: “Nulla è precisato sugli enti non lucrativi che acquisiscono la personalità giuridica tramite l’iscrizione al RUNTS, anche se a parere di chi scrive questa tipologia di enti dotati di personalità giuridica dovrebbe anch’essa essere ricompresa nella predetta sezione autonoma per due ordini di motivi: il primo è che si creerebbe una inspiegabile disparità di trattamento solo sulla base del procedimento con il quale l’ente non lucrativo acquista la personalità giuridica, in quanto solo quelli soggetti al controllo Prefettizio o della Regione ex d.p.r. 361 cit. sarebbero altresì tenuti a comunicare la loro titolarità effettiva, mentre quelli che la acquisiscono tramite controllo notarile ed iscrizione al RUNTS risulterebbero esenti dalla comunicazione; il secondo è che nessuna esenzione dalla comunicazione al registro dei titolari effettivi è rinvenibile nella disciplina europea per gli enti e società di qualunque tipo e la predetta esclusione sarebbe sanzionabile anche dal punto di vista del mancato recepimento della Quinta Direttiva”.
[9] Obbligate alla comunicazione dovrebbero pertanto ritenersi anche le fondazioni che ottengono la personalità giuridica per legge, come ad esempio le fondazioni di origine bancaria ai sensi dell’art. 2, comma 1, d.lgs. 153/1991. Altro esempio, per rimanere all’area della normativa sul terzo settore, è la Fondazione ONC ai sensi dell’art. 64, comma 1, d.lgs. 117/2017.
[10] Su cui cfr. V. Donativi, L’iscrivibilità degli atti tra i principi di “tipicità” e di “completezza”, in C. Ibba e I. Demuro (a cura di), Il registro delle imprese. A vent’anni dalla sua attuazione, Torino, 2017, p. 43 ss.; C. Ibba, Il registro delle imprese, in Trattato di diritto privato a cura di Iudica e Zatti, Milano, 2021, p. 60 ss.
[11] Più precisamente, la normativa (v. anche il DM 11 marzo 2022, n. 55, Regolamento recante disposizioni in materia di comunicazione, accesso e consultazione dei dati e delle informazioni relativi alla titolarità effettiva di imprese dotate di personalità giuridica, di persone giuridiche private, di trust produttivi di effetti giuridici rilevanti ai fini fiscali e di istituti giuridici affini al trust) ha istituito due nuove sezioni del Registro delle imprese: la “sezione autonoma” per imprese con personalità giuridica e persone giuridiche private, e la “sezione speciale” per trust ed istituti giuridici affini.
[12] Chiaro è infatti a tal riguardo il disposto dell’art. 21, comma 1, d.lgs. 131/2007, là dove fa riferimento da un lato alle “imprese … tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese di cui all’articolo 2188 del codice civile”, dall’altro lato alle “persone giuridiche private tenute all’iscrizione nel Registro delle persone giuridiche private”, sottoponendo entrambe le categorie di enti all’obbligo di comunicazione del titolare effettivo. Non si deve del resto cadere nell’errore di ritenere che, essendo i dati sui titolari effettivi contenuti in una sezione autonoma del Registro delle imprese, si possa perciò pensare che l’ente che comunica il titolare effettivo sia un ente che in tal modo s’iscrive nel Registro delle imprese o che debba necessariamente, al fine della comunicazione, essere iscritto nel Registro delle imprese. Dalla disciplina particolare di cui al DM 11 marzo 2022, n. 55, cit., emerge chiaramente che l’obbligo di comunicazione riguarda le persone giuridiche private a prescindere dalla loro iscrizione nel Registro delle imprese. Cfr. anche Unioncamere, Il registro dei titolari effettivi. Manuale operativo per l’invio telematico delle comunicazioni del titolare effettivo agli uffici del registro delle imprese, 2023.
[13] Sul carattere subordinato del criterio del controllo rispetto a quello della proprietà, cfr. la risposta alla FAQ n. 6 del MEF.
[14] Diversamente, nella risposta n. 10 del MEF ad una FAQ, alle fondazioni bancarie, per il fatto di non essere persone giuridiche ai sensi del d.P.R. 361/2000, si ritiene applicabile il criterio residuale di cui al comma 5 dell’art. 20 piuttosto che il comma 4 del medesimo articolo, che ha ad oggetto le persone giuridiche di cui al d.P.R. 361/2000.
[15] Cfr. sul punto la nota del MLPS n. 2243 del 4 marzo 2020, dal titolo “Codice del Terzo settore. Articolo 4, comma 2. Direzione, coordinamento e controllo degli enti del Terzo settore. Prime indicazioni”, in cui si fa ricorso ai criteri di controllo di cui all’art. 2359 c.c.
[16] Ciò è peraltro perfettamente coerente con il fatto che la persona munita del potere di rappresentare un ente non necessariamente detiene il potere di amministrarlo. Rappresentanza e gestione, così come i relativi poteri, sono infatti nozioni tra loro giuridicamente distinte. Il primo è il potere di agire in nome della fondazione, producendo effetti sulla sfera giuridica della medesima. Il secondo è il potere di deliberare in merito alla gestione dell’attività e al perseguimento dello scopo.
[17] Sulla possibilità per un ente giuridico di rivestire il ruolo di amministratore di un ente del terzo settore, cfr. D. Boggiali, Enti amministratori di associazioni e fondazioni, Studio n. 9-2022 della Commissione Terzo Settore del Consiglio Nazionale del Notariato. Cfr. sul tema in generale K. Martucci, L’amministratore persona giuridica, in V. Donativi (diretto da), Trattato delle società, II, Milano, 2022, p. 1830 ss.
[18] Cfr. P.M. Sanfilippo, Gli amministratori, in M. Cian (a cura di), Diritto commerciale, III, Torino, 2020, p. 504.
[19] Ovviamente si può discutere in merito all’opportunità della scelta legislativa concretizzatasi nel comma 4. Il legislatore avrebbe potuto infatti applicare ad associazioni e fondazioni gli stessi criteri di individuazione del titolare effettivo già impiegati per le società di capitali, cioè proprietà, diretta e indiretta, e controllo sostanziale, adattandoli ovviamente alle specificità di questi due tipi di enti giuridici. Ma così non è stato, sicché con riguardo alle fondazioni, i criteri formali di cui al comma 4 sono gli unici che possono oggi applicarsi.
[20] Dopo l’emanazione di alcuni decreti aventi ad oggetto questioni tecniche ed operative (il DD 12 aprile 2023 ha definito le specifiche tecniche per la comunicazione della titolarità effettiva al Registro delle Imprese; il DM 16 marzo 2023 i modelli per il rilascio di certificati e copie anche digitali relativi alle informazioni sulla titolarità effettiva; il DM 20 aprile 2023 gli importi dei diritti di segreteria da corrispondere per le pratiche e gli output sulla titolarità effettiva), il DD 29 settembre 2023, pubblicato nella G.U. del 9 ottobre 2023, ha attestato l’operatività del sistema di comunicazione dei dati sulla titolarità effettiva, ponendo il termine di 60 giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale per effettuare le comunicazioni di cui all’art. 3, commi 1 e 2, DM 55/2022. Da qui il termine perentorio dell’11 dicembre 2023.
[21] V. la nota del MIMIT dell’11 aprile 2024 alle Camere di commercio.