Il superamento dell’ammontare minimo dei debiti scaduti e non pagati al quale è subordinata la dichiarazione di fallimento deve risultare dagli atti dell’istruttoria prefallimentare, non essendo possibile avvalersi di accertamenti successivi effettuati in sede di verifica dello stato passivo. Tale interpretazione, imposta dal tenore letterale dell’art. 15, ult. co., l. fall., trova conferma nella relazione ministeriale al d. lgs 9 gennaio 2006, n. 5, la quale ne evidenzia la funzione deflattiva, volta ad evitare l’apertura di procedure fallimentari qualora si possa ragionevolmente presumere che i costi delle stesse superino i ricavi distribuibili ai creditori. La norma in questione non interferisce con il profilo dell’accertamento dello stato d’insolvenza, quale presupposto oggettivo del fallimento: la sussistenza di una situazione debitoria inferiore ai trentamila euro sfugge ad ogni ulteriore verifica in sede fallimentare, dovendo essere valutata esclusivamente in sede prefallimentare, ai fini della dichiarazione o meno del fallimento.