La Corte di Giustizia, riunita in Grande Sezione, si è pronunciata lo scorso 17 maggio su molteplici domande di pronuncia pregiudiziale presentate da giudici spagnoli, da giudici italiani e da un giudice rumeno, vertenti sull’interpretazione della direttiva 93/13/CEE 1 concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (Sentenze causa C-600/19, cause riunite C-693/19, C-831/19, cause C-725/19 e C-869/19).
In particolare, la Corte è stata investita in merito al rilievo dell’autorità di cosa giudicata, e di come esso possano limitare i poteri dei giudici nazionali sia dell’esecuzione sia d’appello in punto di valutazione dell’eventuale carattere abusivo di clausole contrattuali.
I dicta della Corte scardinano principi acquisiti nel nostro ordinamento, mettendo in discussione l’autorità di cosa giudicata. In particolare, il sistema normativo di tutela del consumatore in virtù del principio di effettività della tutela prevale sul giudicato implicito o formale (: decreto ingiuntivo non opposto – acquiescenza del capo della sentenza di primo grado) essendo sempre possibile per il giudice dell’esecuzione o del gravame esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della disciplina consumeristica.
Le ricadute sul sistema bancario sono rilevantissime con riferimento a tutti i contratti di finanziamento e alle fideiussioni. Il Giudice dell’esecuzione è tenuto ad effettuare un sindacato intrinseco del decreto ingiuntivo non opposto anche se anteriore al 2015, ovvero prima che la Corte si pronunciasse sul tema del “fideiussore di rimbalzo”. Inoltre, nell’ipotesi in cui il bene sia già stato venduto all’asta è necessario assicurare al consumatore il risarcimento del danno patito.
Un ulteriore capitolo, non meno rilevante sul piano operativo, riguarda gli effetti della pronuncia sulle operazioni massive di cessione di NPL. La garanzia dell’esistenza del credito e del collateral espongono le banche al risarcimento del danno per inadempimento o alla risoluzione del contratto.