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Giurisprudenza

Sussistenza dei requisiti per la dichiarazione di esdebitazione del fallito

23 Novembre 2015

Francesco Mancuso, Trainee presso Lombardi Molinari Segni

Cassazione Civile, Sez. I, 1 settembre 2015, n. 17386

Di cosa si parla in questo articolo

Con il provvedimento in esame, la prima Sezione della Suprema Corte di Cassazione (Pres. Ceccherini) ha statuito in materia di sussistenza dei requisiti per dichiarare l’esdebitazione del fallito (istituto che, come noto, riconosce al debitore persona fisica il beneficio della liberazione, una volta terminata la procedura fallimentare, dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti nel caso in cui vi sia stato un “atteggiamento collaborativo” del predetto debitore).

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Roma aveva confermato il rigetto della richiesta di esdebitazione presentata dal debitore dopo la chiusura della procedura fallimentare di quest’ultimo, ritenendo che la percentuale dei crediti soddisfatti nel contesto della procedura fosse stata “oltremodo esigua” e che dunque ”non si può ritenere verificato un adeguato bilanciamento di interessi tra le ragioni del reclamante e quelle del ceto creditorio”. A seguito della predetta pronuncia, quindi, il fallito aveva presentato ricorso per Cassazione asserendo che, nella valutazione sulla sussistenza dei requisiti per la concessione del beneficio della liberazione dai debiti di cui all’articolo 142 della legge fallimentare (che, appunto, disciplina l’istituto in esame) il giudice di merito dovesse prescindere da qualsiasi accertamento sull’entità dei pagamenti ricevuti dai creditori concorsuali.

La Suprema Corte, investita della controversia, ha rigettato il ricorso affermando che, stante la previsione di cui al secondo comma dell’art. 142 della legge fallimentare, secondo cui “l’esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali”, spetta al giudice, nella decisione sulla concessione del beneficio dell’esdebitazione, il compito di valutare le ripartizioni già effettuate nel contesto della procedura fallimentare in maniera discrezionale così che, come già statuito dalla Suprema Corte (Cass. SS.UU. 24214/2011) “[…] sia consentita al giudice del merito, secondo il suo prudente apprezzamento, una valutazione comparativa di tale consistenza [dei riparti eseguiti, ndr]rispetto a quanto complessivamente dovuto”.

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