Con sentenza n. 25516 del 28 giugno 2012 la II^ sezione Penale della Corte di Cassazione, confermando l’orientamento espresso dal giudice del riesame, ha dichiarato inammissibile il ricorso promosso dal Pubblico Ministero del Tribunale di Terni avverso l’ordinanza con la quale lo stesso Tribunale aveva accolto la richiesta di riesame presentata dalla banca contro il decreto di sequestro preventivo emesso nei confronti dell'istituto di credito in merito ad una vicenda in contratti derivati swap, di cui, le somme sequestrate, avrebbero rappresentavano l’ingiusto profitto.
L’ordinanza impugnata, già analizzata su questo sito (cfr. nota in allegato), si segnalava per il fatto che, nell’accogliere le ragioni della banca, il giudice del riesame aveva fra l’altro evidenziato, come ripreso dalla stessa Cassazione, che i contestati costi impliciti a carico del Comune, connessi al mark to market negativo al momento della sottoscrizione dei contratti, non esprimevano un valore reale "attuale", ma piuttosto l’attualizzazione in termini di proiezione futura dei costi a carico della banca in dipendenza dell’eventuale risoluzione anticipata dei contratti, alla stregua, in sostanza, di una clausola penale che garantisse la banca contro il rischio di sopportare definitivamente, in caso di risoluzione anticipata gratuita, i costi dell’operazione, compreso l’importo dell’up front.