Il caso di specie origina dalla sottoscrizione di un mutuo ipotecario a tasso variabile per l’acquisto di una prima casa, collegato ad un irs “a copertura” del rischio di aumento del costo del denaro.
Tuttavia, la dichiarata funzione di copertura del derivato non ha un riscontro concreto.
Infatti, l’anomalo ribasso dei tassi di interesse nel periodo 2007/2010 e le conseguenti passività generate dal derivato determinano una perdita economica notevolissima per il mutuatario.
Lo stesso agisce, quindi, in giudizio, chiedendo la risoluzione del citato contratto finanziario per violazione dei doveri informativi di cui al TUF e al Regolamento Consob n.11522/98 e, in subordine, deduce la nullità del contratto per indeterminabilità dell’oggetto, ex art. 1346 c.c. e per non meritevolezza dell’interesse perseguito ex art. 1322 c.c.
La banca convenuta in giudizio si difende sostenendo di avere adempiuto ai doveri informativi, in tema di adeguatezza del prodotto finanziario, avendo tra l’altro anche reso edotto il cliente del conflitto di interessi in cui era incorsa nella gestione del rapporto finanziario.
La sentenza di primo grado, favorevole all’attore, viene confermata in appello.
L’istituto di credito appellante contesta l’affermazione del giudice di primo grado che ha riconosciuto la natura non di copertura ma speculativa dell’interest rate swap, con la conseguenza di ritenere inadeguata al profilo di rischio del cliente la sottoscrizione del derivato stesso. Per la banca, stante la natura di “copertura” dell’irs, non rileva alcun profilo di inadeguatezza dell’operazione che il cliente ha consapevolmente richiesto di effettuare.
Rispetto a tali argomenti dell’appellante, la Corte d’Appello di Brescia, con lucida semplicità, afferma, invece, che indipendentemente dalla natura dell’interest rate swap, la banca ha il dovere di fornire all’investitore un’informazione adeguata fin dall’acquisto del prodotto finanziario. L’informazione è funzionale a far sì che il cliente governi il rischio assunto con la sottoscrizione del derivato e, a tal fine, devono essere conosciuti da chi negozia in derivati alcuni elementi essenziali del prodotto finanziario: “il valore dello swap al momento della negoziazione, gli scenari di probabilità sull’andamento degli stessi tassi di interesse e le modalità di calcolo del mark to market”.
Se l’intermediario non assolve a tali doveri informativi, incorre in grave inadempimento con conseguente risoluzione del contratto quadro di intermediazione sottoscritto a monte e del contratto derivato a valle.
La sentenza della Corte d’Appello di Brescia si segnala per la chiarezza con cui afferma la necessaria valutazione in termini di entità e natura del rischio che il cliente si accolla negoziando un interest rate swap. Tale valutazione è consequenziale alla corretta informazione circa gli elementi essenziali del derivato che le parti sono tenute a conoscere e concordare.
Questa impostazione evoca la nota teorica che qualifica l’interest rate swap (negoziato al banco) come scommessa razionale (D. Maffeis, Alea giuridica e calcolo del rischio nella scommessa legalmente autorizzata di swap, in Riv. dir. civ., 2016, p. 1096 ss; D. Maffeis, L’ufficio di diritto privato dell’intermediario e il contratto derivato over the counter come scommessa razionale, in Swap fra banche e clienti, a cura di D. Maffeis, Milano 2014, p. 19. Dello stesso A., sul tema La causa del contratto di interest rate swap e i costi impliciti, in questaRivista, 2013; Id., I costi impliciti nell’interest rate swap, in G. comm. 2013, I, p. 648 ss.; Id., Le stagioni dell’orrore in Europa: da Frankenstein ai derivati, in Banca, borsa, tit. cred. 2012,3, pt. 1, p. 280-309).
In questa pronuncia la mancata conoscenza e non governabilità del rischio, che discendono dal difetto di informazione in ordine agli elementi considerati essenziali del contratto di interest rate swap, ne cagionano la risoluzione.
Per il noto indirizzo dottrinale, invece, che guarda al derivato sia esso speculativo o di copertura “come scommessa autorizzata”, la mancata conoscenza di detti elementi determinerebbe la nullità dello swap perché sarebbe in tal caso comunque preclusa l’individuazione del rischio e la convenzionalità dell’alea che assurge ad elemento essenziale e imprescindibile della causa negoziale. L’irs sarebbe, in altri termini, scommessa autorizzata perché connotata da un’alea razionale, convenzionale e misurabile e il difetto di razionalità dell’alea, che discenderebbe dal mancato accordo sull’alea stessa, rileverebbe come difetto funzionale del contratto.
Il rilievo di questa teoria, che pur non è andata esente da valutazioni critiche (per una sintesi dei contributi, mi sia consentito il rinvio a M. Indolfi, Causa ed autonomia privata nei contratti derivati, in Causa del contratto, contratto – Evoluzioni interpretative ed indagini applicative, a cura di F. Alcaro, Giuffrè, 2016, p. 193 e ss), sta senz’altro nell’aver contribuito in modo determinante in ordine all’elaborazione civilistica dei derivati e nell’essere stata antesignana nella descrizione dei derivati OTC come operazioni contrattuali fondate sul rischio razionale, ovvero conosciuto e condiviso dai contraenti, in una logica di trasparenza dominante nello scenario contrattualistico finanziario.
Come noto, e solo per richiamare gli esiti di un discorso già svolto, l’alea giuridica che permea tali contratti finanziari incide sul funzionamento del sinallagma perché le parti fondano sul rischio l’intera operazione, differendo per scelta la definizione dell’assetto degli interessi in gioco. Gli irs, in particolare, sono permeati da aleatorietà negoziale quando le parti, fondando l’intera operazione sul rischio contrattuale, si impegnano a corrispondere la sola differenza dei pagamenti reciprocamente dovuti, per effetto della compensazione dedotta in contratto, laddove il valore dei flussi economici sia determinato solo ad una data scadenza e risulti dall’applicazione ad uno stesso nozionale di tassi di interesse diversi.
Basandosi su questo indirizzo dottrinale e sul presupposto della qualificazione in termini di aleatorietà degli irs, le Corti fanno discendere la caducazione del contratto, a seconda:
– dall’irrazionalità dell’alea dedotta nel contratto (se l’alea non è conosciuta, perché non misurabile e non è governata da chi sottoscrive il contratto, il prodotto finanziario non supera il vaglio di meritevolezza).
Questo indirizzo è stato inaugurato dalla nota sentenza dellaCorte d’Appello di Milano del 19 settembre 2013 diffusamente commentata (in Contratti, 2014, p. 213 con nota Indolfi, Recenti evoluzioni dell’aleatorietà convenzionale: i contratti derivati otc, come scommesse razionali; in Banca, borsa, tit. cred., 2014, 3, II, con nota A. Tucci; in Giur. Comm., 2014, 2, II, p. 277, con nota di Caputo Nassetti; in Rass. Dir. Civ., 2014, 1, p. 295, con nota di Di Raimo), nella cui scia si pongono, tra le altre, Trib. Torino, 17 gennaio 2014 in Contratti, 2014, p. 1012 e ss; Corte d’Appello di Bologna, 11 marzo 2014, n. 734, in questa Rivista; Trib. Milano, 16 giugno 2015, in www.ilcaso.it.
– dal difetto di causa in concreto per l’impossibilità di conseguire la dichiarata finalità di copertura (è il caso, per intenderci, dell’irs concluso con finalità di copertura che nei fatti risulta invece speculativo). Da ultimo in questo senso si leggano Tribunale di Treviso, 26 agosto 2015, n.1940, Trib. Verbania, 27 luglio 2015, n. 449, Corte d’Appello di Trento, 3 maggio 2013, n. 141 e Trib. Monza, 17 luglio 2012, tutte in questa Rivista.
– dall’unilateralità dell’alea che discende dallo stesso regolamento contrattuale (se entrambi i contraenti non sono partecipi della funzione di lucro incerto dell’irs ma il rischio grava solo su uno dei due, ovvero sul cliente, l’irs persegue una funzione immeritevole, perché l’alea deve essere necessariamente bilaterale). Enunciano questo principio Corte d’Appello di Milano, 25 maggio 2015, in questa Rivista, Trib. Modena, 23 dicembre 2011, in Contratti, 2012, p. 130 e ss.
Accomuna il complesso panorama giurisprudenziale richiamato la connessione fra regole di comportamento dell’intermediario e causa dell’operazione economica. In tutta la casistica sinteticamente richiamata, il difetto di informazione si riflette sulla funzione dello specifico contratto, che in esso si esaurisce.
Sulla tematica ampiamente dibattuta dei contratti derivati, in dottrina, da ultimo, riferimenti imprescindibili sono C. Angelici, Alla ricerca del “derivato”, Giuffrè, 2016 e M. Barcellona, Della causa, il contratto e la circolazione della ricchezza, Padova, 2015, p. 460 e ss.