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Attualità

Tassazione ridotta per investimenti e incrementi occupazionali: un’agevolazione da “conquistare”

7 Marzo 2019

Luca Nobile, Executive Senior Advisor, Studio Associato – Consulenza legale e tributaria (KPMG)

Disposizioni agevolative ben rodate, come l’ACE ed i super-ammortamenti, lasciano il posto alla Mini-IRES che opera attraverso un meccanismo particolarmente complesso che richiede un elaborato sistema di calcolo ed espone i contribuenti al rischio di errori.

La Legge di bilancio 2019 da un lato ha abrogato le norme che agevolavano la ricapitalizzazione delle imprese, in ogni caso facendo salve le eccedenze ACE inutilizzate al termine dell’esercizio 2018 la cui deducibilità è stata opportunamente preservata, dall’altro non ha riconfermato le disposizioni sul c.d. super ammortamento, cioè la maggiorazione del costo di acquisizione dei beni strumentali materiali nuovi ai fini della deduzione dal reddito dei relativi ammortamenti. Il legislatore ha, però, ritenuto opportuno sostituire con un’agevolazione totalmente nuova queste disposizioni la cui disciplina poteva ormai considerarsi, tutto sommato, consolidata sia per i numerosi chiarimenti interpretativi, sia per la loro “longevità”, soprattutto per quel che riguarda l’ACE. In particolare la Legge di bilancio 2019[1] ha introdotto, a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, una nuova forma di tassazione agevolata degli utili reinvestiti per l’acquisizione di beni materiali strumentali e per l’incremento dell’occupazione[2], che consiste nella riduzione di nove punti percentuali dell’aliquota IRES rispetto a quella ordinaria, che quindi risulta ridotta dal 24% al 15%, o dell’aliquota IRPEF marginale per i titolari di impresa individuale o per i soci di società di persone. Bisogna subito osservare che il meccanismo applicativo della nuova disposizione appare molto più complicato delle agevolazioni soppresse e suggerisce qualche perplessità anche sotto il profilo della sua concreta applicazione. La riduzione dell’aliquota impositiva opera in funzione di tre distinti parametri che vanno opportunamente confrontati fra di loro per verificare l’esistenza del diritto all’agevolazione e stabilirne la misura: gli accantonamenti di utili realizzati dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2018, gli investimenti realizzati nell’esercizio successivo a quello di produzione degli utili, che abbiano dato luogo o all’acquisizione di beni strumentali nuovi o ad incrementi del costo del personale dipendente assunto a tempo determinato e indeterminato riferito ad assunzioni effettuate dal primo ottobre 2018. Il beneficio fiscale è rivolto alle società ed agli enti indicati nell’articolo 73 del T.U.I.R., quindi anche alle società non residenti che operino in Italia attraverso una stabile organizzazione o agli enti non commerciali, per questi ultimi, solo con riferimento agli utili realizzati nell’esercizio di attività commerciali. La stessa agevolazione si applica anche, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, al reddito d’impresa dichiarato dagli imprenditori individuali e dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria; per i soggetti che operano in regime di contabilità semplificata, la riduzione dell’aliquota IRPEF è subordinata alla condizione che le scritture contabili previste dall’articolo 2217, secondo comma, del codice civile siano integrate con apposito prospetto da cui risultino la destinazione a riserva dell’utile di esercizio e le vicende della riserva[3]. L’agevolazione è incompatibile solo con i regimi forfetari di determinazione del reddito ed è quindi cumulabile con altre forme di incentivazione fiscale, ad esempio le disposizioni sul c.d. iper-ammortamento.

Gli utili accantonati, gli investimenti e l’incremento dell’occupazione: le tre variabili

La prima variabile rilevante ai fini dell’agevolazione è rappresentata dagli utili realmente conseguiti ed accantonati in riserve diverse da quelle indisponibili. La nozione delle riserve indisponibili adottata dal Legislatore, che le individua in quelle formate con utili derivanti da processi di valutazione e, quindi, non realmente conseguiti ai sensi dell’articolo 2433 del codice civile, riproduce la stessa definizione già utilizzata ai fini ACE dall’articolo 5 comma 5, del D.M. 14/03/2012, senza, peraltro, estenderla espressamente, come, invece, avveniva nel citato articolo 5, alle riserve formate con utili realmente conseguiti che, per disposizioni di legge, sono o divengono non distribuibili ne’ utilizzabili ad aumento del capitale sociale ne’ a copertura di perdite. Come per l’ACE, anche in questo caso le riduzioni del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti limitano la fruibilità dell’agevolazione. Sarebbe in ogni caso ragionevole aspettarsi che le delucidazioni via via fornite dalla prassi in materia di decrementi patrimoniali rilevanti ai fini dell’ACE possano trovare applicazione anche con riferimento alla nuova agevolazione. Per quanto riguarda gli investimenti, il legislatore ha deciso di prendere in considerazione soltanto i beni strumentali materiali anche se acquisiti attraverso contratti di locazione finanziaria, con l’esclusione, però, degli investimenti in immobili e in veicoli di cui all’articolo 164, comma 1, lettera b-bis), cioè i veicoli assegnati in uso promiscuo a dipendenti per la maggior parte del periodo di imposta. Tuttavia, come vedremo gli investimenti rilevano ai fini dell’agevolazione non in ragione del costo sostenuto per la loro acquisizione, ma in ragione della relativa quota di ammortamento fiscalmente deducibile per la cui individuazione, il Legislatore fa espressamente riferimento unicamente all’articolo 102 del TUIR. Si pone, pertanto, un interrogativo sulla rilevanza ai fini dell’agevolazione degli acquisti di beni il cui processo di ammortamento fiscale risulti regolato dall’articolo 102-bis del TUIR, non riuscendosi, però, ad individuare alcuna ragionevole motivazione per un’eventuale loro esclusione. È poi espressamente previsto, secondo una logica già recentemente sperimentata per altre agevolazioni, che i beni strumentali siano necessariamente destinati a strutture produttive situate nel territorio dello Stato mentre la loro eventuale attribuzione ad una stabile organizzazione all’estero ne determinerebbe l’irrilevanza ai fini del calcolo dell’agevolazione. L’incremento occupazionale deve invece riguardare il numero complessivo medio dei lavoratori dipendenti impiegati nell’esercizio di attività commerciali rispetto al numero dei lavoratori dipendenti assunti al 30 settembre 2018 e solo limitatamente al personale impiegato per la maggior parte del periodo d’imposta nelle strutture produttive localizzate nel territorio dello Stato, al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate[4].

Il meccanismo di calcolo

Se già l’individuazione della tipologia dei costi non risulta così immediata, le vere difficoltà iniziano quando si deve procedere alla determinazione della quota di reddito cui applicare la riduzione dell’aliquota d’imposta. La regola base prevede che l’agevolazione vada applicata sul minor importo tra gli utili accantonati a riserva e la sommatoria degli investimenti in beni strumentali e incremento del costo del personale. Ma il calcolo si complica ulteriormente in quanto la determinazione dei valori non si esaurisce in una mera trasposizione dei dati di bilancio riferiti alle voci rilevanti. Per i beni strumentali si deve assumere il minor importo tra: i) gli ammortamenti calcolati ai sensi dell’articolo 102 del TUIR sulle acquisizioni effettuate a partire dal 2019, tra l’altro tenendo conto che nell’anno di acquisizione le aliquote di ammortamento fiscale sono ridotte alla metà, e ii) l’incremento del costo fiscale complessivo di tutti i beni strumentali materiali, assunto al lordo delle quote di ammortamento dei beni materiali nuovi dedotte nell’esercizio, rispetto al costo complessivo di tutti i beni strumentali materiali, assunto al netto delle quote di ammortamento dedotte dell’esercizio 2018. In pratica, il confronto dovrebbe assicurare che il parametro rilevante ai fini dell’agevolazione esprima sempre un incremento degli investimenti in beni materiali rispetto al dato storico del 2018. Non va meglio per il costo del personale. Anche in questo caso, una volta verificate le condizioni, si deve assumere come il parametro di calcolo l’importo minore tra: i) il costo del personale dipendente assunto dal primo ottobre 2018 e ii) l’incremento del costo del personale iscritto nel conto economico dell’esercizio, nelle voci B9) e B14), rispetto a quello risultante dal bilancio al 31 dicembre 2018, al netto del decremento eventualmente verificatosi in società controllate e collegate ovvero facenti capo al medesimo soggetto. Considerato che, come è facilmente intuibile, potrebbero crearsi disallineamenti temporali tra i parametri di calcolo o il reddito imponibile potrebbe risultare incapiente rispetto agli utili accantonati, è previsto un meccanismo di riporto in avanti delle eccedenze in modo da evitare effetti distorsivi nell’applicazione delle disposizioni. L’agevolazione è applicabile anche nel regime di tassazione consolidata attraverso la somma dei redditi agevolabili di ciascuna società, con l’ulteriore limite del reddito imponibile del consolidato. In questo caso le eccedenze restano nella disponibilità della società che le ha generate senza possibilità di trasferimento al consolidato. Nelle società trasparenti, curiosamente la norma si riferisce esclusivamente al regime disciplinato dall’articolo 115 del TUIR e non a quello della c.d. piccola trasparenza previsto dall’articolo 116, l’agevolazione si trasferisce ai soci in base alla quota di partecipazione agli utili ed è prevista la possibilità di riporto in avanti se non viene utilizzata.

Considerazioni finali

La sommaria descrizione che si è tentato di fare innegabilmente induce a ripensare con una certa dose di nostalgia anche alle crescenti complessità via via introdotte nel corso degli anni a livello normativo o interpretativo nella disciplina dell’ACE. Appare evidente che, soprattutto per i contribuenti meno strutturati, l’efficacia di un’agevolazione fiscale si misura anche dal livello di difficoltà nella sua applicazione. Non è un caso che insistenti rumors prevedano un nuovo intervento del Legislatore sulla disciplina.

 


[1] Cfr. art. 1, commi da 28 a 34, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

[2] Cfr. Relazione tecnica al disegno di legge di bilancio 2019, commento all’art. 8.

[3] Cfr. art. 1, comma 33, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

[4] Cfr. art. 1, comma 29,  lett. c) della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

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