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Giurisprudenza

In tema di autoriciclaggio e di reati fallimentari

4 Dicembre 2019

Avv. Davide Cangemi

Cassazione Penale, Sez. I, 4 luglio 2019, n. 44198 – Pres. De Crescienzo, Rel. Pellegrino

Di cosa si parla in questo articolo

La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza del 30 ottobre 2019, n. 44198, ha affermato che l’atto distrattivo della concessione in affitto di un’azienda non è da solo atto ad integrare il delitto di autoriciclaggio per la cui configurazione richiede il compimento di ulteriori atti diretti alla dissimulazione del provento derivante dal reato-presupposto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

La vicenda giudiziaria in esame riguarda un provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo che rigettava la richiesta di sequestro preventivo per equivalente avanzata dal pubblico ministero, successivamente confermata dal Tribunale del Riesame di Palermo.

Avverso tale provvedimento il pubblico ministero proponeva ricorso per cassazione, lamentando l’erronea applicazione di legge in relazione all’art. 648-ter 1. c.p.

La sentenza in commento riporta l’attenzione su un aspetto centrale in ordine alla sussistenza del concorso dei delitti di autoriciclaggio e bancarotta per distrazione.

Sul punto, i giudici di legittimità hanno precisato che la sola consumazione del delitto presupposto non integra di per sé anche la diversa fattispecie dell’autoriciclaggio, non potendo così l’atto distrattivo integrare contemporaneamente la bancarotta e l’autoriciclaggio.

Invero, la Corte sostiene che ritenere che il delitto-presupposto abbia in sé l’idoneità ad occultare la provenienza delittuosa del bene e che, quindi, non necessiti di ulteriori particolari accorgimenti dissimulatori, altro non significa che assimilare e confondere l’elemento materiale della bancarotta fraudolenta con quello dell’autoriciclaggio.

A ben vedere, quest’ultima fattispecie, essendo un reato di pericolo concreto, richiede delle condotte differenti rispetto al reato-presupposto, quali attività di impiego, sostituzione o trasferimento di beni o altre utilità atte ad ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza illecita.

Alla luce di tali considerazioni, la giurisprudenza di legittimità ha osservato nella specie che « ritenere punibile come autoriciclaggio il mero trasferimento delle somme distratte verso altre imprese finirebbe per sanzionare penalmente due volte la stessa condotta quando le somme sottratte alla garanzia patrimoniale dei creditori sociali siano dirette verso imprenditori, generando, rispetto a tale situazione specifica, un’ingiustificata sovrapposizione punitiva tra la norma sulla bancarotta e quella di cui all’art. 648-ter. 1. c.p ».

 

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