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Giurisprudenza

TFR: ABF su cessione del quinto e delegazione di pagamento

8 Marzo 2023

Collegio ABF di Napoli, 03 gennaio 2023, n. 75 – Pres. Carriero, Rel. Porzio

Di cosa si parla in questo articolo

Con la decisione in oggetto, il Collegio ABF di Napoli si è espresso sull’opposizione all’incasso del TFR da parte della banca con la quale era in essere un rapporto di cessione del quinto dello stipendio.

La controversia sottoposta al Collegio concerne la pretesa dell’intermediario di impedire al ricorrente di incassare il TFR maturato in pendenza di un precedente impiego nonostante il cambiamento del datore (e del rapporto) di lavoro sia stato prontamente notificato all’intermediario convenuto affinché potesse continuare la trattenuta del quinto sul nuovo stipendio.

In primo luogo, il Collegio ha verificato la circostanza che il ricorrente ha prontamente informato l’intermediario del cambio di impiego come confermato dalla notifica dell’estensione della trattenuta del quinto, inoltrata al nuovo datore di lavoro dalla resistente il 14.11.2021.

Nonostante l’intermediario affermi di non aver ricevuto alcun importo da parte del nuovo datore di lavoro e che il ricorrente sarebbe risultato disoccupato, sono agli atti le buste paga da febbraio a maggio 2022 dalla quali emergeva la trattenuta della rata contrattualmente prevista.

Sulla base della copiosa documentazione in atti, il Collegio accerta le seguenti circostanze:

  • assunzione del ricorrente presso il nuovo datore di lavoro con decorrenza 01/10/2021;
  • percezione della retribuzione solo dal febbraio 2022;
  • riversamento all’intermediario il 31.07.2022 delle quote trattenute a partire dal febbraio 2022.

Circa il diritto a trattenere il TFR, il Collegio rileva che l’applicazione dall’art. 5.4, del contratto (il quale peraltro non disciplina espressamente l’ipotesi di cambiamento, senza soluzione di continuità, del rapporto di lavoro) è subordinata all’esercizio della clausola risolutiva da parte dell’intermediario, che nel caso in oggetto, non è avvenuto, circostanza incontestata.

In relazione ad una fattispecie assimilabile a quella oggetto d’esame il Collegio rinvia alla propria decisione n. 10157/2021 (Nel caso in esame, invece, a seguito delle dimissioni la ricorrente è stata assunta presso un nuovo datore di lavoro. Le garanzie del nuovo datore di lavoro (ente pubblico) sono state valutate in modo positivo dall’intermediario, il quale ha esteso la cessione del quinto presso di esso.

Non sussistono, pertanto, i presupposti indicati dalla normativa invocata dall’intermediario, dato che non si è innanzi ad una ipotesi di impossibilità di estinzione del finanziamento.

Inoltre, la nuova assunzione garantisce, mediante il quinto ceduto, la continuità nel pagamento.

Con la cessazione del rapporto di lavoro la parte ricorrente non ha percepito un trattamento economico una tantum, ma, senza soluzione di continuità, percepisce un trattamento economico continuativo.

Il regolamento contrattuale, che ha forza di legge tra le parti, prevede che l’incameramento del trattamento di fine rapporto sia consentito solo in esito alla risoluzione del contratto di finanziamento, ovvero nel caso in cui l’intermediario si avvalga della clausola risolutiva espressa.

Nel caso di specie non si potrebbe neanche ritenere verificata la condizione risolutiva, perché la parte ricorrente è stata assunto da un nuovo datore; in ogni caso, l’intermediario non si è avvalso della clausola risolutiva e la ricorrente ha comunicato prontamente il cambiamento del datore affinché la trattenuta proseguisse sul nuovo stipendio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 10 del contratto.

Infine, la disposizione contrattuale da ultima citata prevede una continuità delle trattenute dal vecchio al nuovo datore di lavoro. In virtù di quanto sopra esposto, il Collegio accerta il diritto della parte ricorrente al trattamento di fine rapporto.

In ogni caso, il Collegio ribadisce che se è vero che il TFR costituisce una garanzia patrimoniale per il creditore, è indubbio che quest’ultimo – per escuterla per l’intera capienza, fino a concorrenza del capitale residuo – debba necessariamente vantare un debito liquido ed esigibile: quindi, debba evidentemente avere esercitato la clausola risolutiva e dichiarato decaduto il debitore dal beneficio del termine.

Nel caso di specie, come sopra rilevato, non consta che l’intermediario abbia mai formalmente manifestato tale volontà.

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