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Third Party Litigation Funding: istruzioni per l’uso

15 Gennaio 2025

Gian Paolo Coppola, Partner, LCA Studio Legale

Giulio Zamboni, Mid-Level Associate, LCA Studio Legale

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza i tratti caratteristici del c.d. Third Party Litigation Funding, ovvero il finanziamento delle spese di lite da parte di un soggetto terzo che mira ad ottenere un compenso in caso di vittoria della parte finanziata, soffermandosi su rischi e opportunità di tali operazioni.


Il Third Party Litigation Funding (“TPLF”) non rappresenta più una novità, eppure, complice il suo posizionamento esattamente a metà strada tra il mondo legale e quello finanziario, continua a destare grande interesse tra i vari stakeholders, all’estero come in Italia.

Proprio questo perdurante interesse ha portato ad una proliferazione dei contributi in materia che, paradossalmente, ha reso più difficile per i “non addetti ai lavori” la comprensione dei tratti essenziali del fenomeno. Di qui, l’idea di fornire una guida di carattere pratico per consentire a tutti di comprendere le opportunità e i rischi legati al TPLF.

1. Che cos’è il Third Party Litigation Funding (TPLF)?

Il TPLF si è sviluppato in Australia già negli anni Novanta[1], per poi gradualmente diffondersi nel Regno Unito e negli Stati Uniti, specialmente a seguito della crisi finanziaria del 2008[2]. Negli ultimi dieci anni, oltre che in Asia, ha poi preso piede anche in vari paesi europei, tra cui l’Italia.

Il TPLF non ha una definizione unitaria. In sede di prima approssimazione, si può però affermare che l’accordo di litigation funding prevede che un soggetto terzo e non coinvolto nella controversia, ossia il funder, si impegni a sostenere i costi della lite della parte finanziata al fine di ottenere un compenso in ipotesi di esito vittorioso[3].

La peculiarità dell’accordo consiste dunque nella sua natura aleatoria, poiché il funder effettua una vera e propria scommessa sull’esito della lite.

2. A che cosa serve il TPLF?

La funzione del TPLF consiste nel supportare un individuo o una società al fine di promuovere un – e, talvolta, al fine di resistere ad un – contenzioso. Per meglio comprendere in cosa consista questo genere di supporto, è necessario esaminare le posizioni ricoperte dalla parte finanziata e dal funder.

La parte che decide di accedere al finanziamento si trova di norma in una posizione di difficoltà, finanziaria e non solo. Promuovere (o resistere ad) un contenzioso comporta infatti un impegno notevole: oltre ai costi legati al contenzioso, l’alea del giudizio, unitamente al tempo e alle risorse necessarie per istruire una causa, può ad esempio costringere una società a distogliere l’attenzione da progetti necessari per la crescita del business e, altresì, può condurre ad un peggioramento della reputazione della medesima società nel mercato (si pensi al merito creditizio, per l’ipotesi in cui un fondo rischi particolarmente significativo debba essere iscritto a bilancio).

Il funder è un investitore professionista: dispone di risorse economiche particolarmente elevate, non opera necessariamente solo nel settore del litigation funding e, in quest’ultimo ambito, dispone molto spesso di un vero e proprio portafoglio di contenziosi. Il funder, per scommettere sulla lite, è disposto ad anticiparne i relativi costi (gli onorari degli avvocati, i compensi dei consulenti tecnici, nonché i costi legati all’iscrizione a ruolo del giudizio oppure le spese di carattere amministrativo del procedimento arbitrale) e, ancora prima, è interessato a mettere a disposizione della parte finanziata le sue competenze, anzitutto per la selezione dello studio legale più adatto.

In secondo luogo, e quale conseguenza di quanto appena osservato, il medesimo finanziatore è disposto anche ad accettare in via definitiva il rischio della soccombenza, e così a non richiedere alla parte finanziata (soccombente) il rimborso del finanziamento, secondo il modello non-recourse. Ciò è possibile proprio perché il finanziatore investe contestualmente in una moltitudine di contenziosi e, pertanto, ad una scommessa infruttuosa ne possono corrispondere altre di successo.

Il TPLF ha quindi la funzione di garantire alla parte finanziata tutti gli strumenti necessari per instaurare (o resistere ad) una lite, che non necessariamente si esauriscono nell’erogazione di una somma in denaro. Al contempo, il funder può effettuare un investimento mirato e mettere a disposizione tutte le sue competenze affinché tale investimento porti all’esito sperato, ossia il successo della lite e il conseguente maturare del suo compenso, il cui importo sarà di norma di molto superiore a quello delle spese sostenute, specie in relazione agli arbitrati internazionali[4].

3. Come si accede al TPLF?

Il rapporto tra il funder e la parte finanziata si articola di solito in quattro momenti.

La prima fase prevede lo svolgimento di una vera e propria due diligence ad opera del funder nei confronti della parte che richiede il finanziamento. Il funder è infatti interessato ad ottenere il maggior numero di informazioni possibili, come ad esempio il valore della controversia, la probabilità di esito vittorioso, nonché la possibilità di recuperare l’investimento, tenendo in considerazione sia la solvibilità della controparte sia la sussistenza di controcrediti opponibili in compensazione alla parte finanziata[5].

Successivamente, si ha la stipula dell’accordo di finanziamento, che in alcuni ordinamenti giuridici può prevedere anche il coinvolgimento dell’avvocato[6]. Trattandosi di un accordo tra privati, le parti sono libere di regolare il rapporto nel modo che ritengono più opportuno: generalmente, il funder avrà interesse a regolare gli obblighi di riservatezza e di disclosure, le condizioni al cui verificarsi matura il compenso ed i criteri per la sua determinazione[7].

Durante la pendenza della lite, di norma gli accordi di finanziamento pongono in capo alla parte finanziata un obbligo di informazione costante in favore del funder[8], in taluni casi finalizzato anche a consentire a quest’ultimo di essere previamente consultato in ordine a determinate iniziative di carattere processuale (es. se e a quali condizioni transigere, se rinunciare agli atti e all’azione)[9].

Infine, nel solo caso di esito vittorioso della lite (oppure in caso di conclusione di un accordo transattivo) matura il corrispettivo già contrattualmente pattuito a favore del funder che, di regola, potrà corrispondere ad una percentuale variabile (tra il 20 e il 50%) del risultato di lite oppure ad un multiplo dei costi di lite[10].

4. Chi può accedere al Third Party Litigation Funding?

L’accordo stipulato con il funder ha una natura prettamente privatistica e, in quanto tale, non prevede alcuna barriera in entrata nei confronti dei soggetti potenziali interessati. L’esperienza (specialmente straniera) insegna però che il TPLF non è diffuso allo stesso modo in tutti i settori, anzi.

In particolare, i funders hanno dimostrato un interesse per controversie di grande valore (che spesso corrispondono a quelle promosse in sede arbitrale, rispetto alle quali assume particolare delicatezza anche la fase di esecuzione del lodo[11]), le azioni di classe (es. in materia di codice del consumo), le controversie in materia di proprietà intellettuale[12], le azioni in materia fallimentare[13], le azioni risarcitorie da perdite da investimento[14], nonché quelle nel settore del private enforcement, ossia le azioni risarcitorie che vengono promosse a seguito dell’accertamento di condotte anticoncorrenziali[15].

A quest’ultimo proposito, giusto per fare qualche esempio, proprio nel febbraio di quest’anno la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha definitivamente confermato la sanzione di oltre 880 milioni di euro precedentemente irrogata dalla Commissione Europea nei confronti delle società del gruppo Scania[16]. Queste società, unitamente ad altri produttori di autocarri, avevano infatti posto in essere delle condotte collusive in relazione alla determinazione dei prezzi degli autocarri nello spazio economico europeo, finalizzate anche a determinare le tempistiche e i costi di introduzione delle tecnologie a basse emissioni. La pronuncia della Corte di Giustizia ha segnato un punto di svolta, poiché ha consentito ai possessori degli autocarri interessati dalle pratiche anticoncorrenziali di avviare delle azioni risarcitorie, alcune delle quali sono state finanziate proprio dai fondi di litigation funding[17].

Il caso appena descritto non è isolato. Il 17 luglio 2019 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha irrogato una sanzione di 287 milioni di euro nei confronti di alcune delle principali imprese produttrici di fogli ed imballaggi di cartone ondulato[18], le quali avevano attuato delle intese volte a influenzare le dinamiche concorrenziali (es. mediante la determinazione dei prezzi di vendita); in data 30 novembre 2021[19], la medesima Autorità ha imposto ad alcune società appartenenti al gruppo Amazon una sanzione di oltre un miliardo di euro, le quali avevano abusato della loro posizione dominante per favorire il proprio servizio di logistica per e-commerce in pregiudizio delle società concorrenti. Anche in questi due casi, i fondi di litigation fundings hanno supportato alcune delle parti lese ai fini della promozione di azioni risarcitorie[20].

5. E se invece di essere il potenziale promotore dell’azione legale ne sono il destinatario?

Il fenomeno del TPLF si è diffuso con riferimento al finanziamento delle liti “meritevoli”, ossia a quelle che, secondo la prospettiva del funder, hanno buone probabilità di successo e, soprattutto, possono portare al conseguimento di una somma in denaro di importo rilevante. Dal momento che, di norma, il compenso del funder corrisponde proprio ad una percentuale dell’importo percepito dalla parte finanziata a seguito dell’accoglimento delle proprie domande in giudizio, ad essere finanziate sono le cause “attive”.

Negli ultimi anni ha però preso piede anche il fenomeno speculare, ossia il defense-side litigation financing. Si tratta, come suggerisce l’espressione, dell’ipotesi in cui a rivolgersi al funder sia non già il potenziale attore, ossia colui che desidera agire in giudizio, bensì la parte destinataria di un’iniziativa giudiziale e che, verosimilmente, non dispone delle risorse (anzitutto economiche) necessarie per difendersi.

Anche in questo caso il TPLF presenta diversi vantaggi. Basti pensare al fatto che il convenuto-finanziato potrà sostenere i costi del contenzioso senza distrarre le risorse necessarie per la sua attività commerciale e, ancora prima, potrà fare affidamento sull’expertise del funder (avuto riguardo all’industry di riferimento e alla selezione dello studio legale più adatto) per prendere parte alla lite “ad armi pari”, ossia senza subire la pressione di dover transigere a tutti i costi per evitare un contenzioso non altrimenti sostenibile. In aggiunta, anche in questo caso il funder si assume il rischio della soccombenza in giudizio e così delle spese connesse, con ciò dispensando il convenuto dalla necessità di accantonare somme significative, che come detto di norma vanno segnalate anche nel bilancio di esercizio[21].

In questo contesto, il corrispettivo del funder può essere determinato in vari modi. Eccettuate le ipotesi in cui il funder acconsenta a finanziare la causa “a fondo perduto” (facendo affidamento sui ricavi derivanti da altre cause “attive” già finanziate), il funder potrà anzitutto ottenere una percentuale dei guadagni del cliente maturati dalla propria linea di business, come ad esempio nell’ipotesi in cui venga rigettata un’istanza volta ad inibire e/o limitare l’attività commerciale del cliente-convenuto (si pensi, nell’ambito del contenzioso brevettuale[22], al caso in cui l’azione fosse volta ad ottenere una declaratoria di nullità del brevetto: in ipotesi di rigetto della domanda giudiziale, il convenuto potrà riprendere a sfruttare economicamente il brevetto). In alternativa, il funder potrà accettare di anticipare le spese legali del convenuto e, in caso di esito vittorioso (ossia, il rigetto delle domande), ottenere una quota della success fee che il convenuto ha promesso di corrispondere allo studio legale che lo ha rappresentato in giudizio[23]. Da ultimo, il funder potrà anche concordare di ricevere una percentuale della somma che il convenuto ha risparmiato a seguito del rigetto (integrale o parziale) delle domande nei suoi confronti[24], ipotesi che può rivelarsi particolarmente efficace nello scenario in cui, a seguito della instaurazione della causa, il convenuto sia stato costretto a destinare (e, quindi, a vincolare) somme di denaro significative in bilancio per coprire i costi legati all’eventuale soccombenza.

6. Il Third Party Litigation Funding è accessibile in Italia?

Il TPLF è senz’altro accessibile anche nel nostro paese. L’assenza di una apposita normativa di riferimento non ha infatti scoraggiato i fondi di investimento dal finanziare molteplici tipologie di controversie (v. sopra § 5), in alcuni casi acquistando essi stessi i crediti litigiosi[25], e, nel frattempo, sia la dottrina sia la giurisprudenza ne hanno riconosciuto la piena legittimità giuridica.

La dottrina si è concentrata sulla qualificazione dell’istituto. Basti qui sapere che il contratto di litigation funding presenta una natura atipica, ossia non riconducibile ai modelli contrattuali tipici del Codice Civile. Per un verso, non ricorrono le caratteristiche del contratto di mutuo, posto che il compenso del funder non è legato al finanziamento iniziale (non si tratta di restituire la somma prestata, bensì di riconoscere un importo al funder solamente in caso di successo della lite); per altro verso, non è possibile nemmeno fare riferimento alla disciplina del contratto di assicurazione, poiché il finanziamento è ricollegato ad una disputa già esistente[26], e così non ad un evento futuro e incerto.

La giurisprudenza di legittimità, invece, proprio quest’anno ha fornito importanti chiarimenti in ordine ai soggetti che possono offrire servizi di litigation funding. Precisamente, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la atipicità degli accordi con i quali talune società si rendono cessionarie dei crediti litigiosi (nella specie, si trattava di crediti risarcitori o da indennizzo ricollegati a ritardi oppure cancellazioni dei voli aerei), precisando che una simile attività di finanziamento del contenzioso (effettuata, per l’appunto, tramite la cessione del credito litigioso e il versamento di un corrispettivo solo in ipotesi di esito vittorioso della lite) non è riconducibile a quella disciplinata dal Testo Unico Bancario, che richiede tra le altre cose anche l’iscrizione nell’apposito albo della Banca d’Italia[27].

In aggiunta, si è espressa a favore della legittimità del TPLF anche l’Agenzia delle Entrate, offrendo utili chiarimenti in merito al regime fiscale applicabile[28].

7. Il TPLF presenta dei rischi?

Sin qui si sono illustrati i molteplici vantaggi legati al TPLF. È però necessario tenere ben presente che questa tipologia di accordo presenta anche notevoli rischi. Del resto, siamo pur sempre al cospetto di un contratto di natura speculativa, con il quale il funder mira comprensibilmente a massimizzare il proprio investimento iniziale.

Il primo rischio legato al TPLF è insito nella natura stessa dell’accordo. Il funder, che come si è visto è disposto ad investire ingenti somme di denaro nel finanziamento della lite, desidera avere voce in capitolo in ordine alle varie vicissitudini che la interessano[29]. Ciò dà adito ad un (quantomeno potenziale) conflitto di interessi con la parte finanziata la quale, essendo la titolare del diritto litigioso (o la destinataria di una determinata domanda giudiziale) ha tutto l’interesse a mantenere il pieno controllo della lite. In assenza di una accurata regolamentazione degli obblighi in capo alle parti, vi è quindi il rischio che la comunione di intenti che lega il funder e la parte finanziata venga ad incrinarsi. Il primo, per massimizzare il proprio compenso, potrebbe ad esempio avere interesse a proseguire la lite contando sull’accoglimento integrale delle domande; il secondo, invece, potrebbe preferire transigere al più presto, eventualmente anche per riprendere i rapporti commerciali con la controparte.

In secondo luogo, un tratto comune di tutti gli accordi di finanziamento è rappresentato dalle clausole di riservatezza. A questo proposito, come dimostrato dai recenti dibatti negli Stati Uniti[30] e in Europa[31], mentre i fondi di investimento sono poco inclini a rendere noto il contenuto degli accordi di finanziamento per preservare il proprio vantaggio competitivo, le corti, ordinarie ed arbitrali, stanno manifestando un interesse crescente in merito all’esistenza di tali accordi e, altresì, al loro contenuto. Di qui, l’esigenza di prestare particolare attenzione agli obblighi di riservatezza contenuti negli accordi di finanziamento, onde evitare di trovarsi posti di fronte all’alternativa tra venire meno ai propri impegni contrattuali con il funder e il non rispettare un ordine di esibizione dell’organo giudicante.

In terzo luogo, occorre tenere ben presente che l’accordo di finanziamento altro non è che un contratto, che può essere quindi essere inadempiuto e, comunque, cessare i propri effetti. E questo può avvenire anche in pendenza di giudizio. Considerata l’importanza dei fondi messi a disposizione dal funder, vi è quindi il rischio che il cliente, per non perdere i fondi necessari per la prosecuzione del giudizio, prenda delle decisioni che non avrebbe altrimenti mai adottato. Di nuovo, un simile scenario patologico può essere prevenuto mediante un’attenta regolamentazione degli obblighi delle parti e, soprattutto, degli eventi che possono giustificare un recesso del funder dal contratto di finanziamento[32].

8. Per concludere, qualche consiglio di carattere pratico e una previsione sui prossimi sviluppi del TPLF

Il TPLF è un fenomeno senz’altro complesso, ma al tempo stesso riteniamo che, con i dovuti accorgimenti, rappresenti una grande opportunità. Ecco, dunque, qualche consiglio di carattere pratico e una previsione sul prossimo futuro.

Anzitutto, per stabilire se ed in che termini sia opportuno farsi affiancare da un funder, è fondamentale ricevere la consulenza di uno studio legale, per un duplice ordine di ragioni. Per un verso, visti i costi elevati del TPLF, è evidente che sarà necessario avere chiare sin da subito quelle che sono le probabilità di successo. Per altro verso, in considerazione della moltitudine di fattori che il funder desidera verificare – a sua volta spesso mediante l’assistenza di un consulente legale – in sede di due diligence (v. § 3), lo studio legale rappresenta un valido alleato ai fini della preparazione della richiesta di finanziamento, e così per illustrare le appena ricordate possibilità di successo, nonché una stima delle spese legali da sostenere.

In secondo luogo, è fondamentale prestare particolare attenzione alle clausole contenute nell’accordo di finanziamento. Conoscere sin da subito le condizioni al verificarsi delle quali maturerà il compenso del funder consente infatti di evitare sorprese e, così, che il funder si assicuri una quota eccessiva di quanto riconosciuto in giudizio[33]. Inoltre, come sopra ricordato, è necessario concordare sin da subito, da un lato, se e quali condizioni il funder potrà recedere dal contratto e, dall’altro lato, la portata degli obblighi di riservatezza[34]. A quest’ultimo riguardo, peraltro, potrebbe essere nello stesso interesse della parte finanziata rendere nota l’esistenza dell’accordo, di modo da rafforzare la propria posizione negoziale ꟷquale funder investirebbe mai ingenti somme di denaro in una causa persa in partenza?

In terzo luogo, visto l’importo significativo del compenso del funder, è bene accantonare per tempo le somme necessarie. Non va infatti commesso l’errore di pensare che, in virtù del principio della soccombenza – secondo il quale le spese di lite vengono di norma poste a carico della parte soccombente – implichi che in ultima istanza sia la parte soccombente a farsi carico del compenso del funder. Ed invero, il dibattito circa la natura di tale compenso, e precisamente se rientri o meno nella definizione di spese di lite, non sembra ancora aver raggiunto un punto di arresto, né in Italia né all’estero[35].

In conclusione, il TPLF è un fenomeno in continua evoluzione e sempre più diffuso. D’altra parte, il vuoto normativo nel quale si sono mossi i funders sino ad ora sembra destinato ad estinguersi. Come accennato, sia negli Stati Uniti sia in Europa è sempre più forte l’esigenza di regolamentare il fenomeno, anzitutto in punto di disclosure dell’esistenza dell’accordo di finanziamento e del suo contenuto[36]. A cascata, questa tendenza porterà ad una maggiore trasparenza in ordine all’entità dei compensi dei funders e, altresì, all’effettivo controllo da questi esercitato sulle dispute. Il tutto, con notevoli vantaggi per coloro che desiderano accedere a forme di finanziamento del contenzioso. Nel frattempo, è senz’altro opportuno che tutti gli stakeholders continuino ad avvalersi del TPLF, ovviamente adottando sempre le dovute cautele e, possibilmente, con il supporto del proprio legale di fiducia.

 

[1] F. Locatelli, Challenges and Comparative Perspectives on Third-Party Litigation Funding, in Judicium, Il processo civile in Italia e in Europa, 1° luglio 2024, p. 3 (https://www.judicium.it/challenges-and-comparative-perspectives-on-third-party-litigation-funding/)

[2] L. Castelli, S. Monti, Third party litigation funding: quali prospettive in Italia? in I Contratti 5/2019, p. 580.

[3] L. Castelli, S. Monti, cit. p. 580.

[4] M. C. Paglietti, Il mercato delle controversie. Il third party litigation funding come strumento di finanziamento responsabile dell’accesso alla giustizia, in Banca Borsa Titoli di Credito, 6/2023, p. 821 ss. Ciò è particolarmente vero in relazione agli arbitrati internazionali, nei quali i costi complessivi, tra spese legali, compensi dei consulenti tecnici e degli arbitri e tariffe dell’organismo arbitrale possono raggiungere facilmente 10-15 milioni di dollari (P. Bernardini, Third Party Funding in International Arbitration, Riv. Arb. 1/2017, p. 1).

[5] M. de Pamphilis, “Litigation Funding”: I modelli di finanziamento del contenzioso tra luci e ombre in La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata 2/2023, p. 453.

[6] E. D’Alessandro, Prospettive del third party funding nel processo civile italiano: il progetto fundIT e le iniziative del Parlamento europeo, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ. 2/2022, p. 273 ss. (l’Autrice riscontra una differenza di approccio tra i paesi di common law e quelli europei: mentre nel primo caso, nell’ambito della fase di due diligence, viene valutata anche l’ <<idoneità dell’avvocato e l’accordo di contingency fees che legherebbe avvocato e cliente>>, nel secondo caso << l’avvocato rimane sempre estraneo (terzo) rispetto al contratto di finanziamento della lite ed, anzi, in molti contratti-modello di finanziamento della lite si ribadisce espressamente che il finanziato è libero di scegliere il proprio rappresentante tecnico.>>

[7] F. Locatelli, cit., p. 2.

[8] L. Castelli, S. Monti, cit., p. 583.

[9] F. Locatelli, cit., p. 14.

[10] E. D’Alessandro, C. Poncibò, European Parliamentary research service, Responsible private funding of litigation. European Added value assessment, Bruxelles, 2021, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ. 3/2021, p. 919 ss.

[11] Anche in relazione a controversie di particolare valore, infatti, vi è il rischio che la parte soccombente si renda inadempiente, il che si traduce in costi di enforcement particolarmente elevati, specie ove si renda necessario avviare procedure esecutive in diversi paesi. A titolo esemplificativo, si rinvia all’alert del fondo di finanziamento Burford (https://www.burfordcapital.com/eu/what-we-do/case-studies/how-cessna-finance-turned-arbitration-awards-into-cash/

[12] In particolare, un settore nel quale si è diffuso in modo significativo il litigation funding è quello brevettuale: trattandosi di un settore altamente specializzato, le dispute presentano costi particolarmente elevati e, di conseguenza, i funders stanno assumendo un ruolo sempre più significativo, specialmente per supportare le società di piccole dimensioni come le start-up (https://lumenci.com/blogs/how-legal-financing-empowers-patent-litigation-and-owners/).

[13] Come evidenziato nella guida di recentissima pubblicazione del fondo di litigation funding Deminor (https://www.deminor.com/en/lexology-in-depth-third-party-litigation-funding; p. 117), in ambito fallimentare il TPLF si può rilevare un valido alleato, dal momento che molto spesso le procedure si possono trovare a corto di liquidità e, di conseguenza, impossibilitate a coltivare i contenziosi a tutela del ceto creditorio.

[14] Questo è il caso, ad esempio, delle sanzioni irrogate dalla Consob nei confronti di Saipem s.p.a. nel 2013, per aver quest’ultima omesso di fornire con tempestività le previsioni sul proprio andamento economico agli investitori (https://www.deminor.com/en/case/investment-recovery/saipem)

[15] Si rinvia a quanto illustrato nei report del fondo di litigation funding Deminor (deminor-litigation-funding-from-a-european-perspective-by-erik-bomans.pdf) e di Business Europe, una delle principali organizzazioni rappresentative degli interessi delle imprese a livello europeo https://www.businesseurope.eu/sites/buseur/files/media/position_papers/legal/2024-09-02_commission_study_third_party_litigation_funding.pdf.

[16] Sentenza del 1° febbraio 2024, Causa C-251/22 P, Scania AB, Scania CV AB, Scania Deutschland GmbH / Commissione europea.

[17] Autotrasporto, sentenza Corte UE dà il via risarcimenti per cartello camion in La Repubblica, 14 febbraio 2024 – 08.48 (https://finanza.repubblica.it/News/2024/02/14/autotrasporto_sentenza_corte_ue_da_il_via_a_risarcimenti_per_cartello_camion-27/)

[18] https://www.agcm.it/media/comunicati-stampa/2019/8/Antitrust-cartone-ondulato-sanzione-per-oltre-287-milioni-di-euro-alle-principali-imprese-produttrici

[19] https://www.agcm.it/media/comunicati-stampa/2021/12/A528-chiusura

[20]https://www.deminor.com/en/case/antitrust-actions/italian-corrugated-cardboard-cartel ; https://libra.claims/casi/amazon-abuso-di-posizione-dominante/

[21] E. Samra, The Business of Defense: Defense-Side Litigation Funding, in The University of Chicago Law Review, p. 2313 ss.

[22] Il settore della proprietà intellettuale, peraltro, sta acquisendo una importanza sempre maggiore, al punto che il TPLF rappresenta soltanto una delle svariate modalità con le quali investono i fondi (https://www.fortress.com/what-we-do/asset-backed-finance/intellectual-property)

[23] Questi meccanismi sono illustrati nella guida del litigation funder OmniBridgeway del 7 giugno 2022 (https://omnibridgeway.com/insights/blog/blog-posts/blog-details/global/2022/07/07/a-primer-on-defense-side-litigation-finance)

[24] E. Samra, cit, p. 2331-2332.

[25] É questo il caso della società LexCapital (https://www.lexcapital.it/cosa-facciamo/)

[26] G. De Nova, The impact of a Litigation Funding Agreement on Commercial International Arbitration with seat in Italy, in Riv. Arb. 4/2019, p. 817.

[27] Fra le tante, Cass. 20 febbraio 2024, n. 4543 in banca dati One Legale, ove è stata esclusa la violazione dell’art. 106 del T.U.B., ed è stata per l’effetto confermata la legittimazione attiva della società cessionaria del credito litigioso. In particolare, dopo aver riconosciuto che << il passeggero cedente ha acquisito immediatamente il diritto ai servizi espletati dalla Airhelp (senza più nulla dover corrispondere alla stessa) oltre al diritto di conseguire la differenza tra il costo di tali servizi e l’eventuale compensazione pecuniaria, mentre la cessionaria ha acquisito immediatamente il credito del passeggero (e la relativa facoltà di determinarsi liberamente circa le modalità di recupero), fatto salvo l’obbligo di versare al cedente una quota della compensazione riscossa; il tutto secondo uno schema che non integra né un mandato né una compravendita, ma piuttosto un accordo atipico (ex art. 1322 c.c.) diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico;>>, la Suprema Corte ha evidenziato che <<[…] non qualunque cessione a titolo oneroso è atta a integrare un’operazione di finanziamento che, per essere tale, deve comportare la messa a disposizione di risorse finanziarie, o di utilità equivalenti, in favore del cedente; essa, pertanto, non può risultare integrata – nel caso di specie – dal mero fatto che il passeggero abbia acquisito il diritto ai servizi espletati dalla Airhelp; tale vantaggio costituisce, invero, la contropartita della cessione, ma non realizza alcun finanziamento (pur latamente inteso) in favore del cedente;>>

[28]Risposta dell’Agenzia delle Entrate n. 83 del 28 marzo 2024 (<< Alla luce dell’attuale quadro normativo e di prassi, si ritiene dunque che le prestazioni di servizio rese dalla Società abbiano natura finanziaria e ove territorialmente rilevanti in Italia, siano da considerare esenti ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 1) del Decreto IVA>>).

[29] A tale riguardo, è utile fare riferimento al contenuto delle Guidelines on Conflict of Interests della International Bar Association (2024). All’art. 6(b) viene evidenziato l’ineludibile collegamento tra la parte finanziata e il funder: <<[a]ny legal entity or natural person having a controlling influence on a party, or a direct economic interest in, or a duty to indemnify a party for the award to be rendered in the arbitration, may be considered to bear the identity of such party.>> Nel commento ufficiale contenuto nelle guidelines, inoltre, si segnala che, tanto avuto riguardo alle parti persone giuridiche quanto alle parti persone fisiche, <<[t]hird-party funders and insurers may have a direct economic interest in the prosecution or defence of the case in dispute, a controlling influence on a party to the arbitration, or influence over the conduct of proceedings, including the selection of arbitrators. These distinctions may be relevant when considering whether such entities should be considered to bear the identity of a party.>>

[30] Negli Stati Uniti attualmente le preoccupazioni vertono sulla possibilità che i fondi di investimento stranieri strumentalizzino le dispute per il proprio tornaconto, ad esempio per carpire informazioni confidenziali o per aggirare le sanzioni nei confronti della Russia (Grim Realities Debunking Myths in Third-Party Litigation Funding, August 2024, U.S. Chamber of Commerce Institute for Legal Reform, pp. 12-15). Queste preoccupazioni hanno peraltro riacceso il dibattito in merito alla riforma delle Federal Rules of Civil Procedure, finalizzato a consentire alle parti di venire a conoscenza dell’esistenza e del contenuto degli accordi di finanziamento (S. Keller, J. Stroud, Litigation Funding Disclosure and Patent Litigation, 33 Fed. Cir. B. J., p. 102)

[31] Il 13 settembre 2022 il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione contenente una proposta di direttiva che prevede, tra le altre cose, anche degli obblighi di disclosure, in virtù dei quali le parti sono tenute sin da subito a comunicare l’esistenza dell’accordo di finanziamento e, a fronte di una richiesta della corte o di controparte, anche ad esibire una copia integrale di tale accordo. Questa proposta di direttiva è stata già contestata da vari stakeholders, tra i quali si annovera anche la International Legal Finance Association, secondo la quale gli obblighi di disclosure possono costituire un deterrente per gli investitori interessati a fare il loro ingresso nel settore del TPLF. (E. Jones, EU third-party litigation funding regulation delayed until further studies (https://www.pinsentmasons.com/out-law/news/eu-third-party-litigation-funding-regulation-delayed-until-further-studies))

[32] Nel report di Business Europe (cit. nota n. 12, p. 10) si evidenzia che uno dei rischi derivanti dall’assenza di un quadro regolatorio di riferimento è rappresentato proprio dalla possibilità che il funder receda dal contratto in buona sostanza ad nutum, con ciò pregiudicando gli interessi della parte finanziata. Si tratta quindi di una tematica alquanto delicata, che tuttavia non ha trovato una regolamentazione nemmeno nel Code of Conduct for Litigation Funders dell’Association of Litigation Funders of England and Wales, dove si prevede che il funder possa di fatto recedere quando la lite non è più di suo gradimento (M. de Pamphilis, cit., p. 457).

[33] A titolo esemplificativo, ha destato particolare scalpore nel Regno Unito il caso Alan Bates v. Post Office Ltd., nel quale l’80% dei quasi 58 milioni di sterline riconosciuti complessivamente agli attori era finito nelle tasche dei funders, al punto che a ciascun attore erano rimaste soltanto ventimila sterline. (R. Curling, Paccar Should Be 1st Step to Regulating Litigation Funders, in Law 360, 19 marzo 2024, p. 3)

[34] In ipotesi di instaurazione di un procedimento arbitrale, ad esempio, tutti i regolamenti delle principali istituzioni arbitrali (SIAC, HKIAC, ICC, ICSID, CAM) prevedono obblighi di disclosure in ordine all’identità del funder e all’esistenza dell’accordo di finanziamento (F. Locatelli, cit., pp. 22-23).

[35] J. Fellas, Can Arbitrators Award Third-Party Funding Costs? in New York Law Journal, 30 giugno 2017 (Con specifico riferimento al settore dell’arbitrato internazionale, l’Autore osserva che sono state spesso raggiunte soluzioni opposte: uno studio della Queen Mary University of London ha concluso che i compensi del finanziatore non possono essere considerati dal tribunale arbitrale al momento della liquidazione delle spese di lite; viceversa, parte della giurisprudenza inglese ha raggiunto la conclusione diametralmente opposta mediante un’interpretazione estensiva del regolamento arbitrale (nella specie, dell’ICC), osservando che rientra nella discrezione del tribunale arbitrale decidere se tenere in considerazione o meno le spese di finanziamento della lite). Sulla problematica si è interrogata anche la dottrina italiana, che ha correttamente osservato che la scelta di far ricadere i costi di finanziamento sulla controparte soccombente dovrebbe essere effettuata anche alla luce dell’effettivo contenuto dell’accordo di finanziamento, che dovrebbe dunque poter essere esaminato da parte del tribunale arbitrale (P. Bernardini, cit., p. 15 ss.)

[36] Del resto, già con la direttiva dell’Unione Europea n. 1828/2020, in materia di azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori, è stato prevista una disclosure integrale circa la fonte e la natura dei finanziamenti. Risale poi al mese di agosto di quest’anno una pubblicazione dell’European Law Institute – “Principles Governing the Third Party Funding of Litigation” – ove si segnala l’esigenza che la condotta del funder sia il più trasparente possibile e, di conseguenza, che quest’ultimo illustri sin da subito in modo esaustivo tutti i costi destinati a gravare sulla parte finanziata (art. 8.1: <<It is essential that the Funded Party is aware, prior to entry into a Third Party Funding Agreement, of: a. The fees that the Funded Party is likely to be charged (in whatever form those fees are charged and including, for the avoidance of doubt, a summary of the basis on which the fees are to be calculated, including any relevant factual/legal context); and b. The costs and fees in relation to the funded proceedings that the Funded Party will or is likely to bear itself>>.)

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