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Attualità

Transfer pricing adjustments: trattamento IVA ed imposte dirette

26 Gennaio 2022

Fabio Oneglia, Co-Managing Partner, FIVELEX Studio Legale e Tributario

Luca Russo, Associate, FIVELEX Studio Legale e Tributario

Di cosa si parla in questo articolo

Premessa

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’interpello n. 884 del 30 dicembre 2021, è tornata ad esprimersi sul corretto trattamento ai fini IVA degli aggiustamenti che derivano dalla corretta applicazione delle policy di transfer pricing per le transazioni infragruppo (“TP adjustments”).

Secondo l’Agenzia, nel caso di specie i TP adjustments devono essere esclusi dal campo di applicazione dell’IVA in quanto, essendo privi di nesso sinallagmatico con le cessioni di prodotti finiti operate ab origine, rappresentano pure regolazioni finanziarie, senza impatto sul corrispettivo delle operazioni intercorse.

In particolare, l’Agenzia richiama un precedente intervento di prassi (Risposta ad istanza di interpello n. 60 del 2 novembre 2018), il documento di lavoro della Commissione europea del 28 febbraio 2017 (Working paper n. 923, taxud.c.1 (2016)1280928) e la giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di requisito oggettivo (cessione di beni e prestazioni di servizi) e determinazione della base imponibile.

Con l’occasione, si intende ripercorre l’inquadramento IVA dei TP adjustments che, a questo punto, risulta definito, nonché menzionare alcuni aspetti relativi alle imposte dirette.

Risposta all’interpello n. 884 del 30 dicembre 2021: la fattispecie e la soluzione interpretativa prospettata

La società istante (’“Istante”) fa parte di un gruppo d’imprese multinazionale (“Gruppo”), che rappresenta uno dei principali operatori mondiali nel settore della ideazione, realizzazione e distribuzione di abbigliamento. L’Istante, oltre ad operare direttamente nella produzione e commercializzazione di capi di abbigliamento, controlla numerose società estere.

L’Istante cede prodotti finiti alle proprie controllate comunitarie, che saranno rivenduti da parte di queste ultime nel proprio mercato di riferimento attraverso il canale retail.

Il Gruppo ha adottato una TP policy articolata nelle seguenti fasi: 1) l’impiego di una metodologia CUP (Compared Uncontrolled Price) di tipo interno, in base alla quale vengono confrontati i prezzi dei beni praticati dall’istante alle proprie consociate con i prezzi praticati dalla stessa nelle transazioni con soggetti terzi indipendenti; 2) un sanity check eseguito mediante il TNMM (Transactional Net Margin Method), volto ad assicurare che anche la marginalità conseguita dalle consociate ricada all’interno di un determinato intervallo.

Dall’analisi corroborativa condotta mediante la metodologia TNMM in relazione ad un determinato anno, è emerso che le predette controllate hanno conseguito marginalità superiori all’upper quartile del benchmark di riferimento.

Pertanto, l’Istante riferisce che “emetterà delle fatture di aggiustamento” nei confronti delle controllate comunitarie, le quali registreranno un extra costo che diminuirà il loro EBIT e quindi il relativo ROS ricavo netto di vendita, per allinearsi a quelli che sono ritenuti i valori di mercato.

L’Istante evidenzia che alcune le transazioni finanziarie infragruppo sono state oggetto di una procedura di Bilateral Advance Price Agreement.

L’Istante richiama la Risposta dell’Agenzia delle Entrate n. 60/2018 e la Sentenza della Corte di Cassazione n. 2240/2018 ivi citata.

L’Istante chiede chiarimenti in merito al trattamento IVA da riservare ai TP adjustments, operati al solo fine di riportare la marginalità delle consociate comunitarie entro il range di valori individuato dalla TP policy di gruppo, ritenendo che, in assenza di un collegamento diretto tra le somme versate a titolo di rettifica e le operazioni originarie, non sia possibile qualificare tali importi come variazione in aumento dei prezzi ai fini IVA.

Risposta dell’Agenzia delle Entrate ed inquadramento IVA dei TP adjustments

L’Agenzia delle Entrate rileva che, al fine di individuare il corretto trattamento IVA da riservare ai TP adjustments, occorre in primo luogo verificare se le regolazioni finanziarie intervenute, a fronte dei predetti aggiustamenti tra l’Istante e le proprie consociate comunitarie, costituiscano il corrispettivo di una autonoma cessione di beni e/o prestazione di servizi ai sensi degli artt. 2 e 3 del D.P.R. 633/1972, che hanno recepito rispettivamente gli artt. 14 e 24 della Direttiva 2006/112 (la “Direttiva IVA”), oppure se le stesse rappresentino delle variazioni in aumento della base imponibile delle operazioni originarie, ai sensi dell’art. 13 del D.P.R. 633/1972 (che ha recepito l’art. 73 della Direttiva IVA).

L’Agenzia ritiene innanzitutto che, nel caso di specie, non sia individuabile una autonoma cessione di beni o prestazione di servizi in quanto, come affermato dalla Corte di Giustizia (tra le altre, sentenza C – 544/16 del 5 luglio 2018 “Marcandi”), al fine di verificare l’esistenza di uno scambio di prestazioni tra l’autore di una prestazione ed il beneficiario, è necessario che “esista un nesso diretto fra il servizio fornito dal prestatore ed il controvalore ricevuto, ove le somme versate costituiscono un corrispettivo effettivo di un servizio individualizzabile fornito nell’ambito di un siffatto rapporto giuridico”.

Dall’esame delle pattuizioni contenute nella TP policy di Gruppo risulta invece che, nel caso di specie, tale nesso diretto non sussista in relazione ai TP adjustments, poiché questi sono finalizzati esclusivamente a consentire alle consociate comunitarie di conseguire un margine operativo entro lo specifico range individuato dall’analisi di benchmark.

In secondo luogo, occorre fare riferimento alle decisioni della Corte di Giustizia in materia di determinazione della base imponibile IVA (Sentenze del 7 novembre 2013, cause riunite C-249/12 “Tulică” e C-250/12 “Plavoşin”, Sentenza del 19 dicembre 2012, causa C-549/11 “Orfey Balgaria”, del 26 aprile 2012, cause riunite C-621/10 “Balkan and Sea Properties” e C-129/11 “Provadinvest ”, nonché a quanto previsto nel documento di lavoro della Commissione europea del 28 febbraio 2017 (Working paper n. 923, taxud.c.1 (2016)1280928) in materia di TP adjustments.

Al riguardo, tali rettifiche non possono costituire neanche delle variazioni in aumento della base imponibile IVA delle originarie cessioni poste in essere dall’Istante in quanto, nella fattispecie in esame, non sussiste un collegamento diretto tra le regolazioni finanziarie intervenute a titolo di TP adjustments e le cessioni di beni originariamente effettuate.

L’Agenzia evidenzia inoltre che, come chiarito nella Risposta ad interpello n. 60/2018 invocata dallo stesso interpellante, affinché i TP adjustments incidano sulla determinazione della base imponibile dell’IVA occorre che: vi sia un corrispettivo, ossia una regolazione monetaria o in natura per tale aggiustamento; siano individuate le cessioni di beni o forniture di servizi cui il corrispettivo si riferisce; e sia presente un legame diretto tra le cessioni di beni o forniture di servizi e il corrispettivo.

L’Agenzia conclude confermando che, nel caso in oggetto, le regolazioni finanziarie operate a seguito degli aggiustamenti, eseguiti in attuazione della policy TP di Gruppo, sono esclusi dal campo di applicazione dell’IVA.

Commento: trattamento IVA ed aspetti imposte dirette

La risposta ad interpello in commento, allineandosi all’orientamento già espresso dalla Commissione europea e dalla stessa Agenzia delle Entrate, conferma il corretto inquadramento IVA dei TP adjustments.

In particolare, l’Agenzia giunge alle medesime conclusioni della precedente risposta 60 del 2018, ripercorrendone l’iter argomentativo e confermando che non vi è rilevanza ai fini IVA dell’aggiustamento, in assenza di un nesso sinallagmatico con le cessioni di beni e/ o prestazioni di servizi effettuate.

Nel caso di specie, infatti, gli aggiustamenti sono operati solo per allineare la marginalità delle società del gruppo al valore del benchmark, per il rispetto del principio di libera concorrenza secondo la TP policy adottata.

Le stesse conferme sono rinvenibili, in senso speculare, nella recente Risposta n. 529 del 6 agosto 2021: la questione rappresentata all’Agenzia concerneva due società che, per quanto ci consta, non appartenevano allo stesso gruppo, e che applicavano, in sede di compravendita di beni tra loro, un prezzo provvisorio oggetto di un aggiustamento a consuntivo, sulla base dei profitti conseguiti dalla vendita. Secondo l’Agenzia detti aggiustamenti (“Profit True Up”) devono essere considerati rilevanti ai fini IVA, vista l’esistenza di un nesso diretto tra l’iniziale cessione e l’aggiustamento a consuntivo.

Nel caso di aggiustamenti TP legati a precedenti cessioni di beni o prestazioni di servizi, quindi rilevanti ai fini IVA, occorre ricordare che, se di segno positivo, la rettifica per variazioni aumento della base imponibile costituisce un obbligo mentre, se di segno negativo, la variazione è una facoltà, ai sensi dell’art. 26, commi 1 e 2 del D.P.R 633/1972.

Il citato documento di lavoro della Commissione europea evidenzia inoltre come ai fini IVA, diversamente delle regole dei prezzi di trasferimento per le imposte dirette, rilevi in termini generali una definizione di corrispettivo di carattere soggettivo, il prezzo effettivamente pagato (dovuto contrattualmente per la norma interna), mentre il riferimento al valore normale si applica solo a determinate fattispecie, ad esempio in caso di limitazione al diritto di detrazione, sulla base rispettivamente degli artt. 73 ed 80 della Direttiva IVA, recepiti in Italia dall’art 13 del D.P.R 633/1972.

La sussistenza o meno di un collegamento con le operazioni sottostanti rileva anche per valutare eventuali implicazioni doganali (per le quali ci si riferisce al valore normale, a mente dell’art. 85 della Direttiva IVA, recepito dall’art. 69 del D.P.R 633/1972), nonché la corretta classificazione contabile dei TP adjustments, per entrambe le parti nonché, più in generale e da un punto di vista operativo, sulla complessità di gestione amministrativa del meccanismo.

Le Linee Guida OCSE si riferiscono a rettifiche ex post ai fini dei prezzi di trasferimento: i compensanting adjustments (da effettuarsi entro la dichiarazione, in particolare nel caso di disallineamento con gli importi contabilizzati) ed i corresponding adjustments (nel caso di rettifiche da parte di un’amministrazione finanziaria) (OECD Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations, gennaio 2022, par. 3.70, 3.71, 4.32 – 4.39 e Glossary).

Con riferimento alle imposte dirette, si ricorda che in Italia i TP adjustments in diminuzione devono essere contabilizzati per essere dedotti, posto che l’art. 110, comma 7, del TUIR prevede variazioni in dichiarazione se ne deriva un aumento del reddito, rinviando alle procedure dell’art. 31-quater del D.P.R 600/1972 in caso di diminuzione del reddito.

Da segnalare alcune controverse decisioni della Corte di Cassazione sugli aggiustamenti di fine anno, secondo le quali, qualora gli aggiustamenti in parola si traducano in maggiori costi, il contribuente avrebbe l’onere di provarne l’esistenza e l’inerenza, senza focalizzarsi invece sul raggiungimento o meno di valori di mercato (Cass. n.11949 del 13 luglio 2012), o che hanno messo in discussione i criteri di normalizzazione a posteriori, come se i prezzi di mercato dovessero essere sempre stabiliti ex ante (Cass. n. 28337 e n. 28338 del 7 novembre 2018).

Risulta comunque opportuno porre particolare attenzione alla definizione dell’aggiustamento prezzo nella relativa documentazione: documentazione nazionale e master File e/o altra documentazione TP di gruppo, contratti intercompany, documenti contabili, etc.

Da valutare poi caso per caso l’opportunità e la possibilità di prevedere un aggiustamento su base periodica, prima della fine dell’anno.

Le imprese con attività internazionale possono definire il regime dei prezzi di trasferimento mediante accordi preventivi con l’Amministrazione Finanziaria (Advance Pricing Agreements), ai sensi dell’art. 31-ter del D.P.R 600/1972 e del Provvedimento 21 marzo 2016, che ai fini delle imposte sul reddito possono esplicitare il meccanismo dei TP adjustments.

I TP adjustments dovrebbero essere riconosciuti in via generale, posto che si tratta di rettifiche effettuate dalle imprese a consuntivo di fine anno, sulla base delle risultanze dei valori di mercato, per allineare al valore normale i prezzi di trasferimento delle operazioni infragruppo contabilizzate nell’anno.

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 78 del 31 dicembre 2021, ha recentemente chiarito che i TP adjustments possono essere oggetto degli obblighi dichiarativi introdotti dalla Direttiva DAC 6, per effetto del D. Lgs. del 30 luglio 2020 n. 100), riconoscendone in linea di principio la rilevanza reddituale. In particolare, l’Agenzia ritiene che le politiche di TP definite dai gruppi multinazionali rientrino nella definizione di “meccanismi transfrontalieri” e che, al verificarsi delle altre condizioni richieste (criterio della potenziale riduzione di imposta e criterio del vantaggio principale per l’hallmark C.1.b.1 e criterio della potenziale riduzione di imposta per l’hallmark C.1.b.2), tali variazioni debbano essere comunicate.

In conclusione, si ritiene che gli orientamenti dell’Agenzia delle Entrate in commento abbiano non solo chiarito gli aspetti IVA dei TP adjustments ma anche riconosciuto questa prassi che, salva la discussione del criterio dell’arm’s lenght, dovrebbe avere rilevanza ai fini IRES ed IRAP, auspicandosi comunque delle linee guida da parte dell’Amministrazione Finanziaria anche a tale riguardo.

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