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Giurisprudenza

Transfer pricing: l’onere della prova per l’Amministrazione non si estende al concreto vantaggio fiscale

19 Giugno 2018

Avv. Stefano Capponi

Cassazione Civile, Sez. V, 19 aprile 2018, n. 9673 – Pres. Bruschetta, Rel. Fuochi Tinarelli

Di cosa si parla in questo articolo

La Suprema Corte ribadisce, in questa sentenza, che l’art. 110 comma 7 del TUIR non integra una disciplina antielusiva in senso proprio, ma è norma finalizzata alla repressione del fenomeno economico del transfer pricing, vale a dire lo spostamento d’imponibile fiscale a seguito di operazioni infragruppo soggette a normative nazionali differenti.

Ne consegue che la prova gravante sull’Amministrazione finanziaria riguarda non il concreto vantaggio fiscale conseguito dal contribuente, ma solo l’esistenza di transazioni, tra imprese collegate, ad un prezzo apparentemente inferiore a quello normale, mentre incombe sul contribuente, anche in virtù delle regole ordinarie di vicinanza della prova ex art. 2697 c.c., ed in materia di deduzioni fiscali, l’onere di dimostrare che tali transazioni siano intervenute per valori di mercato da considerarsi normali alla stregua di quanto specificamente previsto dall’art. 9, comma 3, TUIR (ex multis Cass. 15/11/2017, n. 27018). Una eventuale divergenza dei prezzi di trasferimento rispetto al prezzo normale dovrebbe imporre, perciò, un onere della prova a carico del contribuente, quantomeno a riguardo di eventuali ragioni giustificative di tale divergenza.

La Corte sottolinea che la valutazione in base al valore normale investe la sostanza economica dell’operazione, che va confrontata con analoghe operazioni realizzate in circostanze comparabili in condizioni di libero mercato tra soggetti indipendenti. È considerato fatto pacifico che rilevino non solo i prezzi praticati ma anche i costi eventualmente aggiunti ovvero gli eventuali sconti riconosciuti.

 

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