La Cassazione, in detta pronuncia, esprimendosi sulla dibattuta questione dell’assoggettabilità dei trust alle imposte indirette e della loro eventuale misura (proporzionale o fissa), afferma che se il trasferimento dei beni al trustee ha natura transitoria e non esprime alcuna capacità contributiva, il presupposto d’imposta si manifesta solo con il trasferimento definitivo di beni dal trustee al beneficiario e non può applicarsi il regime delle imposte indirette sui trasferimenti in misura proporzionale. Il trustee, difatti, sostiene la Corte, non è proprietario, bensì amministratore dei beni, che devono essere trasferiti ai beneficiari in esecuzione del programma negoziale stabilito per la donazione indiretta.
Viene poi negata validità alla tesi, minoritaria, che si fonda sull’interpretazione letterale dell’art. 2 del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, per il quale sono soggetti a imposte di successione e donazione i vincoli di destinazione in sé e per sé, senza valutare il trasferimento di ricchezza; ad essa la Corte predilige un’interpretazione costituzionalmente orientata che poggia sull’art. 53 Cost. in tema di capacità contributiva. La valutazione sul reale trasferimento di ricchezza, con eventuale riconducibilità al meccanismo della donazione, va eseguita con maggior attenzione nell’ipotesi di trust autodichiarato, che si realizza allorquando le figure del disponente e del trustee coincidano e che vede il suo fenomeno estremo nell’evenienza in cui il beneficiario finale si identifichi con lo stesso settlor, tenendo conto che la “segregazione”, effetto naturale del vincolo di destinazione, non realizza di per sé quell’arricchimento che si realizzerebbe a favore dei beneficiari, tenuti invero al pagamento dell’imposta in misura proporzionale (in tal senso, Cass. 21614/2016).