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Giurisprudenza

Trust autodichiarato: imposte indirette sui trasferimenti in misura fissa

16 Luglio 2021

Valentina Emanuele

Cassazione Civile, Sez. V, 03 novembre 2020, n. 24420 – Pres. Stalla, Rel. Balsamo

Di cosa si parla in questo articolo

“La costituzione del vincolo di destinazione di cui all’art. 2, comma 47, d.l. n. 262 del 2006, conv. in I. n. 286 del 2006, non integra autonomo e sufficiente presupposto di una nuova imposta, in aggiunta a quella di successione e di donazione; un trasferimento imponibile non è riscontrabile, né nell’atto istitutivo, né nell’atto di dotazione patrimoniale tra disponente e trustee – in quanto meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione – ma soltanto in quello di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo”.

I contribuenti ricorrevano avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale che accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, nell’ambito di una controversia relativa ad un provvedimento con il quale l’Agenzia stessa liquidava in misura proporzionale le imposte ipotecarie e catastali sugli atti di destinazione di beni in un trust autodichiarato.

I giudici di appello ritenevano, infatti che, le imposte suddette dovessero (sempre) applicarsi in misura proporzionale in presenza di un vincolo di destinazione, quale regolamento che consente al soggetto disponente di destinare un bene fuori dalla propria sfera di dominio ed asservirlo al fine da perseguire.

In particolare, con il motivo di ricorso ritenuto assorbente, ai fini della decisione, dalla Corte di Cassazione, i contribuenti denunciavano la violazione dell’art. 2, comma 47 del d.l. 3 ottobre 2006 n. 262, ritenendo che, pur a seguito dell’estensione del presupposto impositivo anche ai vincoli di destinazione, l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni presupponga sempre e comunque anche un arricchimento personale ovvero un trasferimento reale del bene.

A parere della Suprema Corte di Cassazione il ricorso è da ritenersi fondato.

La Corte ricorda che il d.l. n. 262/2006, convertito con modifiche dalla l. 24 novembre 2006 n. 286, e l’art. 1, commi 77, 78 e 79, della l. 27 dicembre 2006 n. 296, hanno reintrodotto nel nostro ordinamento l’imposta sulle successioni e donazioni, precedentemente abrogata dall’art. 13 della l. 18 ottobre 2001 n. 383, estendendone il presupposto impositivo anche ai trasferimenti a titolo gratuito e alla costituzione dei vincoli di destinazione. Tra questi ultimi è da ricomprendersi anche il negozio giuridico del trust.

Infatti, l’elemento caratterizzante il trust è l’effetto segregativo dei beni in esso conferiti dal disponente ed intestati al trustee a fini gestori, nell’interesse del beneficiario finale o per il perseguimento di un fine specifico. La Corte afferma, nel richiamare un proprio indirizzo recentemente consolidatosi, e allo stato prevalente, che “il trasferimento del bene dal “settlor” al “trustee” avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, poiché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso” […]: detto atto, pertanto, è soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all’imposta di registro che alle imposte ipotecarie e catastali” (Cass. n. 975/2018).

Conseguentemente, i giudici di legittimità richiamano l’art. 53 della Costituzione per ribadire che l’applicazione delle imposte indirette sui trasferimenti e dell’imposta di successione necessita “che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale” e un trasferimento con tali caratteristiche non si riscontra al momento di costituzione del vincolo di destinazione, “bensì soltanto [nell’]atto di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario” (Cass. n. 166992019).

Inoltre, la Corte di Cassazione ritiene che con la richiamata giurisprudenza si siano superati i precedenti orientamenti interpretativi che, inizialmente, vedevano nella novella legislativa la volontà del legislatore di costituire “una vera e propria nuova imposta” sui vincoli di destinazione (Cass. n. 4482/2016) e che, in seguito, ponevano un distinguo, per l’applicazione delle imposte indirette sui trasferimenti, in funzione delle diverse architetture dell’istituto del trust (Cfr. Cass. nn. 13626/2018; 31445/2018; 31446/2018; 734/2019).

Alla luce di quanto sopra, la Corte giunge ad affermare che il proprio orientamento interpretativo consolidatosi e allo stato maggioritario (da ultimo anche Cass. n. 1131/2019 e Cass. n. 19167/2019), come sopra richiamato, è suscettibile di applicazione ad ogni forma di manifestazione del trust e, in modo specifico, al trust autodichiarato di cui alla fattispecie dedotta. Difatti, l’incongruenza dell’applicazione dell’imposta proporzionale agli atti di dotazione risulta particolarmente evidente nella fattispecie del trust autodichiarato in quanto, data la coincidenza soggettiva tra disponente e trustee, non si ravvisa alcun trasferimento patrimoniale intersoggettivo (Cfr. Cass. nn. 21614/2016; 22756/2019; 22758/2019; 16699/2019; 19167/2019; 30821/2019; 30816/2019).

Pertanto, l’applicazione in misura proporzionale dell’imposta ipotecaria e catastale (nonché delle altre imposte indirette sui trasferimenti), “è dovuta non al momento della costituzione dell’atto istitutivo o di dotazione patrimoniale, fiscalmente neutri in quanto meramente attuativi degli scopi di segregazione ed apposizione del vincolo, bensì in seguito all’eventuale trasferimento finale del bene al beneficiario finale, in quanto solo quest’ultimo costituisce un effettivo indice di ricchezza ai sensi dell’art. 53 Cost.”(Cass. n. 19167/2019).

 

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