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Giurisprudenza

Trust autodichiarato: la Cassazione torna sul regime fiscale

2 Novembre 2022

Cassazione Civile, Sez. V, 14 marzo 2022, n. 8147 – Pres. Chindemi, Rel. Penta

Di cosa si parla in questo articolo

Con Ordinanza n. 8147/2022, la Corte di Cassazione si è espressa in materia di tassazione del Trust autodichiarato.

Definizione e ambito applicativo della disciplina del Trust

Secondo l’art. 2 della Convenzione dell’Aja del 10 luglio 1985, ratificata con la L. n. 364 del 1989, con l’espressione trust s’intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente – con atto tra vivi o mortis causa – ponendo dei beni sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato.

Tale figura assume connotazioni diverse a seconda delle modalità con cui viene istituito, delle finalità che persegue e dei soggetti che rivestono le diverse figure (settlor, trustee, guardian, ecc…).

Vi sono, però, alcuni elementi caratterizzanti comuni, i quali possono essere individuati:

1) nel nucleo causale unitario costituito dalla combinazione dello scopo di destinazione con quello, ad esso strumentale, di segregazione patrimoniale;

2) nell’attuazione del vincolo di destinazione mediante intestazione meramente formale dei beni al trustee ed attribuzione al medesimo di poteri gestori e di disposizione circoscritti e mirati allo scopo;

3) nell’attribuzione al beneficiario (ove esistente) di una posizione giuridica che non è di diritto soggettivo, ma di aspettativa o di interesse qualificato ad una gestione conforme alla realizzazione dello scopo

Come sopra evidenziato, il trust non è dotato di una propria personalità giuridica e il trustee è l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, non in qualità di legale rappresentante del trust, ma come colui che dispone dei beni e dei diritti in esso conferiti in conformità alle istruzioni e in coerenza con lo scopo a cui il patrimonio è destinato.

È pertanto evidente il carattere fiduciario del rapporto fra disponente e trustee, il quale acquista la proprietà dei beni o dei diritti conferiti nel trust, non a proprio vantaggio – perché non incrementano il suo patrimonio personale, ma restano separati e segregati -, ma per compiere gli atti di gestione (e, se previsti, di disposizione), che consentano di realizzare lo scopo per il quale il trust è stato istituito, non nell’interesse proprio, ma di terzi.

Come emerge da quanto appena evidenziato, l’istituzione del trust e la destinazione ad esso di beni o diritti non implicano, da soli, un effettivo incremento di ricchezza in favore del trustee, nei termini sopra evidenziati, e pertanto non possono costituire un indice di maggiore forza economica e capacità contributiva di quest’ultimo.

I beni e i diritti non sono a lui attribuiti in modo definitivo, essendo egli tenuto solo ad amministrarli e a disporne (se richiesto), in regime di segregazione patrimoniale, in vista del trasferimento che dovrà poi compiere.

Né può ritenersi che la costituzione del trust produca un effetto incrementativo della capacità contributiva del disponente, il cui patrimonio non subisce alcun miglioramento.

E non si può neanche affermare, almeno in via generale, che, grazie alla sola costituzione del trust, i terzi beneficiari, ove esistenti, acquisiscano già un qualche incremento patrimoniale, che comporta una maggiore capacità contributiva, verificandosi tale effetto migliorativo nella sfera giuridica di questi ultimi solo quando il trustee abbia portato a termine l’attività ad esso demandata, per la quale ha ottenuto l’attribuzione strumentale e temporanea della titolarità dei beni.

Disciplina fiscale del Trust

La strumentalità dell’atto istitutivo e di dotazione del trust ne giustifica pertanto, nei termini indicati, la neutralità fiscale, tenuto conto che l’indice di ricchezza, al quale deve sempre collegarsi l’applicazione del tributo, non prende consistenza prima che il trust abbia attuato la propria funzione (v. da ultimo Cass., Sez. 5, n. 8082 del 23/04/2020).

L’apposizione del vincolo sui beni conferiti nel trust, in quanto tale, determina l’utilità rappresentata dalla separatezza dei beni (limitativa della regola generale di cui all’art. 2740 c.c.), la quale non concreta, di per sé, alcun effettivo e definitivo incremento patrimoniale in capo al trustee, ma soltanto al beneficiario finale, ove esistente, ma in un momento successivo, quando il trust ha raggiunto lo scopo per cui è stato costituito.

Prima di questo momento, l’utilità, insita nell’apposizione del vincolo, si risolve, dal lato del conferente, in un’autorestrizione del potere di disposizione, mediante la segregazione e, dal lato del trustee, in un’attribuzione patrimoniale meramente formale, separata dai beni personali del trustee.

Il trasferimento del bene dal settlor al trustee avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, poiché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso, che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del trust: detto atto, pertanto, è soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all’imposta di registro che alle imposte ipotecaria e catastale (cfr. art. 1 del d.lgs. n. 347 del 1990 e 4 dell’allegata tariffa, quanto all’ipotecaria, e l’art. 10, comma 2, del d.lgs. cit., quanto alla catastale; v., in tal senso, Sez. 5, Sentenza n. 975 del 17/01/2018).

Il Trust autodichiarato

In particolare, il tipo di trust «autodichiarato»  costituisce una forma di donazione indiretta, nel senso che per suo mezzo il disponente provvederà a beneficiare i suoi discendenti non direttamente, bensì a mezzo del trustee in esecuzione di un diverso programma negoziale.

Ed invero la costituzione del trust – come è normale che avvenga per «i vincoli di destinazione» – produce soltanto efficacia «segregante» con riferimento ai beni eventualmente in esso conferiti e questo sia perché degli stessi il trustee non è proprietario, bensì amministratore, e sia perché i ridetti beni non possono che essere trasferiti ai beneficiari in esecuzione del programma negoziale stabilito per la donazione indiretta (artt. 2 e 11 Convenzione de L’Aja del 1 luglio 1985, recepita in I. 16 ottobre 1989 n. 364).

In siffatta evenienza non si è in presenza di un reale trasferimento imponibile, atteso che il programma negoziale di donazione indiretta prevede, ripetesi, la temporanea preservazione del patrimonio a mezzo della sua «segregazione» fino al (nel caso di specie, eventuale) trasferimento vero e proprio a favore dei beneficiari.

Per l’applicazione dell’imposta sulle successione e sulle donazioni manca quindi il presupposto impositivo della liberalità, alla quale può dar luogo soltanto un reale arricchimento mediante un reale trasferimento di beni e diritti (art. 1 d.lgs. n. 346/1990).

Infine, va evidenziato che, in tema di imposte ipotecarie e catastali, l’assenza di personalità giuridica del trust, il cui effetto proprio è quello, ex art. 2 della Convenzione dell’Aja del 10luglio 1985, di istituire un patrimonio destinato ad un fine prestabilito, esclude che esso possa ritenersi titolare di diritti e tanto meno essere considerato soggetto passivo di imposta, trattandosi di un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato e formalmente intestati al trustee.

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