In materia di trust, quand’anche auto-dichiarato, è da escludersi la ricorrenza di un effetto traslativo finale in capo al beneficiario, effetto che costituisce il presupposto per l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale.
Ne consegue che la costituzione del vincolo non integra gli elementi necessari alla tassazione proporzionale dei trasferimenti indiretti, con riguardo all’imposta di registro, ipotecaria e catastale, difettando l’elemento della definitività dell’attribuzione al beneficiario.
Questa è stata la presa di posizione della Corte di Cassazione nella pronuncia in oggetto, con la quale è stata ribadita la tesi della non applicazione dell’imposta proporzionale in sede di costituzione del vincolo, ma al momento in cui il trasferimento di ricchezza si realizza.
Il caso di specie concerneva la supposta imponibilità in misura proporzionale, ai fini dell’imposta registro, di un trust auto-dichiarato, caratterizzato dalla coincidenza intersoggettiva del disponente e del trustee.
Il competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate aveva infatti liquidato, mediante apposito avviso, l’imposta in misura proporzionale, contestando l’applicazione di quella fissa, originariamente assolta.
In primo grado la Commissione Tributaria Provinciale aveva rigettato il ricorso del contribuente, sul presupposto che la costituzione di un trust implicasse una separazione di beni, costituente di fatto un trasferimento.
Tale decisione è stata riformata in secondo grado, dove la CTR ha disposto che la costituzione di un trust auto-dichiarato rappresenti un atto fiscalmente neutrale, dal quale non deriva alcuna efficacia traslativa. Conseguentemente, a parere della Commissione Tributaria Regionale, in assenza di un arricchimento patrimoniale – dal quale deriverebbe la proporzionalità dell’imposizione – al trust risulta applicabile l’imposta di registro in misura fissa.
Tale presa di posizione è stata confermata dalla Suprema Corte, la quale, adita dall’Amministrazione finanziaria.
È stato anzitutto richiamato l’orientamento che ha evidenziato come, ai fini dell’applicazione delle imposte di successione, registro e ipotecaria, sia necessario, ex art. 53 della Costituzione, che si verifichi un trasferimento effettivo di ricchezza, mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale (Cass. n. 16699/2019).
Difatti, in aderenza a quanto argomentato dai Giudici, in applicazione della L. n. 364/1989, con la quale è stata ratificata ed eseguita la Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985 in materia di trust, il trasferimento imponibile non è individuabile né nell’atto istitutivo né in quello di dotazione patrimoniale, intercorrente tra disponente e trustee.
Tali atti sono infatti sono meramente attuativi degli scopi di segregazione e costituzione del vincolo di destinazione; di talché, l’imposizione si verifica soltanto nell’atto di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario.
Argomentazioni, queste, estensibili anche all’imposta di registro, relativamente alla quale era in origine sorto il dubbio che, in ossequio all’articolo 9 della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, l’atto istitutivo di un trust potesse ritenersi avere ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, ed essere quindi assoggettato a misura proporzionale.
Detto dubbio è stato sciolto dalla giurisprudenza di Legittimità (Cass. 25478/2015), cui la pronuncia in analisi si è conformata, proprio in relazione alle menzionate argomentazioni circa la non definitività delle attribuzioni al beneficiario, che impedisce il configurarsi del presupposto d’imposta proprio dei trasferimenti indiretti.
Nel caso, peraltro, del trust auto-dichiarato, la coincidenza tra disponente e trustee manifesta ancor più chiaramente l’assenza del trasferimento patrimoniale intersoggettivo.