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Attualità

Tutela del whistleblower

Prime pronunce giurisprudenziali

29 Luglio 2024

Luca De Menech, Partner, Dentons

Martino Ruggiero, Dentons

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo affronta il tema della tutela del c.d. “whistleblower” alla luce delle prime pronunce giurisprudenziali che si sono occupate della liceità dei procedimenti disciplinari contro dipendenti segnalanti in contrasto alle prescrizioni del regime whistleblowing.


La figura del whistleblower

La figura del whistleblower ha acquisito crescente rilevanza nella promozione della trasparenza e nella lotta contro la corruzione, sia all’interno delle organizzazioni private che in quelle di stampo pubblicistico. Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 24/2023, che ha recepito la Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento Europeo e del Consiglio, sono state introdotte misure specifiche per proteggere i segnalanti da atti ritorsivi, tra cui il licenziamento, al fine di garantire un ambiente di lavoro più sicuro e conforme alle normative.

Misure ritorsive vietate dal Decreto a tutela dei whistleblower

Il Decreto Legislativo n. 24/2023 rappresenta un passo significativo verso la tutela dei whistleblower, delineando una serie di atti ritorsivi che sono espressamente vietati. Tra questi, il licenziamento è considerato una delle forme più gravi di ritorsione, con conseguenze tali da arrivare ad impattare in maniera significativa sia sulla futura carriera professionale che sulla vita personale del segnalante. Il decreto stabilisce chiaramente che il whistleblower non può essere licenziato, sospeso, demansionato o sottoposto a misure disciplinari ingiustificate a causa della segnalazione effettuata. Inoltre, è espressamente vietato qualsiasi atto discriminatorio nei confronti del segnalante, in termini di variazioni retributive ma anche di accesso alla formazione, valutazione delle prestazioni o progressione di carriera.

L’articolo 17 del decreto elenca, infatti, tutte le più consuete forme di ritorsione diretta e indiretta qualificandole come espressamente vietate, tra cui vi rientrano anche quelle che si manifestano attraverso valutazioni negative del lavoro, modifiche ingiustificate delle condizioni di lavoro, mobbing o molestie sul posto di lavoro, nonché qualsiasi altra azione che possa danneggiare il segnalante.

Prime pronunce giurisprudenziali

Una delle prime pronunce giurisprudenziali rilevanti sul Decreto Whistleblowing è quella emessa il 20 agosto 2023 dalla sezione lavoro del Tribunale di Milano. Il caso riguardava un dipendente di una azienda di trasporti che, utilizzando i canali di segnalazione interni, aveva denunciato un’ingente truffa messa in atto da alcuni colleghi nei confronti della medesima società. A seguito di tale segnalazione, il datore di lavoro aveva avviato un procedimento disciplinare culminato con provvedimenti di sospensione del servizio e dalla retribuzione del dipendente medesimo. Il Tribunale di Milano ha riconosciuto che tale provvedimento era stato attuato per ritorsione, punendo il dipendente per aver esercitato il suo diritto alla segnalazione. Conseguentemente, tale Tribunale ha deciso di sospendere le sanzioni disciplinari imposte e ha disposto la reintegrazione immediata del dipendente, ordinando anche il pagamento delle retribuzioni maturate e non corrisposte durante il periodo di sospensione. Questa decisione rappresenta un primo caso di applicazione della citata tutela e sottolinea l’importanza della protezione dei segnalanti e rappresenta un’applicazione rigorosa delle disposizioni del decreto volte a prevenire e contrastare le ritorsioni nei confronti dei whistleblower.

Inoltre, il Tribunale di Milano, con tale sentenza, ha altresì statuito che con l’entrata in vigore del nuovo decreto, le segnalazioni effettuate prima del 15 luglio 2023 continuano a essere regolate dalle norme precedenti, evidenziando come le nuove disposizioni non abbiamo carattere retroattivo.

Un altro provvedimento significativo è la sentenza del Tribunale di Ancona n. 89 del 22 marzo 2023. In questo caso, il Tribunale ha valutato la legittimità della misura del licenziamento intimato all’esito di un procedimento disciplinare avviato contro un dipendente che aveva effettuato una segnalazione interna riguardante presunte violazioni normative. Il datore di lavoro aveva proceduto in tal senso posto che la segnalazione era risultata infondata, addebitando dunque al dipendente medesimo di aver violato specifici obblighi contrattuali.

Il Giudice merito ha stabilito che la segnalazione, anche se successivamente risultata infondata, non può giustificare misure ritorsive contro il dipendente. Da tale principio si evince come la protezione del whistleblower sia garantita a prescindere dall’esito delle indagini sulla segnalazione, purché questa sia effettuata in buona fede e con la ragionevole convinzione che le informazioni segnalate fossero veritiere. Con tale sentenza il Tribunale ha dunque dichiarato nullo il licenziamento e, conseguentemente, ordinato la reintegrazione del dipendente, sottolineando l’importanza di una protezione robusta e soprattutto incondizionata per i segnalanti, anche qualora la segnalazione non sia infondata, salvo che sia pretestuosa o che volga al danneggiamento della società stessa o di colleghi.

Le possibili implicazioni per le società in relazione a tali tutele

Le prime pronunce giurisprudenziali sottolineano l’importanza di adottare misure efficaci per proteggere i whistleblower e promuovere una cultura aziendale basata sulla trasparenza e sull’integrità. Le organizzazioni devono garantire che i canali di segnalazione siano facilmente accessibili e che le segnalazioni siano trattate in modo confidenziale e imparziale.

Inoltre, è fondamentale che i datori di lavoro comprendano l’importanza di rispettare le tutele previste dal decreto non solo al fine di evitare sanzioni legali ma anche in un’ottica di tutela dell’immagine e della reputazione aziendale. Le politiche aziendali dovrebbero includere, in tal senso, una formazione specifica per i dipendenti e per il management sulla protezione dei whistleblower e sulle conseguenze legali delle ritorsioni.

Un aspetto chiave potrebbe essere l’adozione di procedure interne ben definite per la gestione delle segnalazioni. Tali procedure includono la nomina di un responsabile della compliance o di un comitato etico, incaricato di ricevere, esaminare e gestire le segnalazioni in modo tempestivo e imparziale. Inoltre, le organizzazioni dovranno garantire che le indagini siano condotte in modo accurato e riservato, proteggendo l’identità del segnalante.

I possibili sviluppi giurisprudenziali e normativi

Le sentenze esaminate dei Tribunali di Milano ed Ancona rappresentano, si ritiene, solo l’inizio di un percorso giurisprudenziale che si prevede intenso e significativo nei prossimi anni. I giudici avranno la necessità di stabilire in maniera graduale i precedenti che guideranno le future interpretazioni e applicazioni delle normative sul whistleblowing, anche con un occhio alla giurisprudenza internazionale, le cui applicazioni delle norme derivanti dalla Direttiva (UE) 2019/1937, potrebbe rappresentare un importante valore aggiunto all’interpretazione di un complesso quadro giuridico. Tale processo contribuirà nel prossimo futuro a definire in modo più chiaro i limiti e le protezioni per i whistleblower, garantendo al contempo che le tutele previste dal decreto siano effettivamente già state applicate.

Infatti, nell’ambito delle Istituzioni Europee si prevede che proprio la Direttiva (UE) 2019/1937 continuerà a influenzare le legislazioni nazionali, portando a un rafforzamento delle protezioni per i whistleblower in tutta l’Unione Europea in un’ottica di conformità giurisprudenziale. Gli Stati Membri, in altre parole, sono chiamati ad un costante monitoraggio dell’efficacia delle misure adottate ed all’introduzione di eventuali miglioramenti necessari a garantire che i whistleblower siano adeguatamente protetti.

Conclusioni sulla tutela dei whistleblower

La tutela dei whistleblower rappresenta un elemento cruciale per il mantenimento di elevati standard etici e professionali all’interno delle organizzazioni. Le misure introdotte dal Decreto Legislativo n. 24/2023 e le prime pronunce giurisprudenziali evidenziano, in tal senso, l’impegno già avviato dalle istituzioni italiane nel proteggere tale sistema in generale e i segnalanti da possibili atti ritorsivi, promuovendo un ambiente di lavoro sicuro e conforme alla normativa di stampo europeo.

Le società, dall’altro lato, sono chiamate ad implementare politiche efficaci per la gestione delle segnalazioni e per la protezione dei whistleblower, contribuendo così a creare una cultura aziendale improntata alla trasparenza ed all’integrità. Solo attraverso un impegno concreto e costante sarà possibile garantire che tutti i dipendenti possano segnalare eventuali irregolarità senza timore di ritorsioni, contribuendo al miglioramento complessivo delle performance organizzative, alla prevenzione della corruzione e, di riflesso, allo sviluppo economico delle singole società.

Un punto focale potrebbe essere rappresentato dall’utilizzo strumentale da parte di lavoratori che magari, ipotizzando di essere destinatari a breve di misure peggiorative (come licenziamenti o modifiche a trattamenti economici e normativi in peius) e proprio al fine di evitare le stesse, potrebbero effettuare segnalazioni, anche generiche o infondate, con l’obiettivo, unico, di conseguire la citata tutela contro gli atti ritorsivi. Tale situazione, che non sarà facile da provare per il datore di lavoro in un eventuale giudizio, potrebbe creare quella deviazione del sistema i cui principi, come detto, paiono del tutto legittimi, condivisibili e coerenti con i principi di progresso sociale ed equità dettati, prima di tutto, dalla normativa di stampo euro-unitario.

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