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Giurisprudenza

Ultimi orientamenti del Tribunale di Milano in materia di contratto di mutuo

14 Giugno 2017

Tribunale di Milano, 8 giugno 2017, n. 6505

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza in oggetto il Tribunale di Milano ha affrontato una controversia in materia di contratto di mutuo, statuendo quanto segue:

– non può ritenersi nulla la clausola determinativa degli interessi, con conseguente sostituzione ex art. 117 TUB, a fronte di una pretesa difformità tra TAEG indicato contrattualmente ed accertato, essendo espressamente convenuto il tasso di interesse corrispettivo dovuto. In ogni caso, l’asserita differenza deriva dal computo, da parte del consulente dell’attore, di un costo di polizza di assicurazione contro l’incendio che, tuttavia, non è stato dimostrato essere un costo collegato all’erogazione del credito;

– le Istruzioni della Banca d’Italia , benché non comprese tra le fonti ex art. 1 delle preleggi, non possono ritenersi mere circolari. E, in particolare, rivestono un ruolo centrale all’interno della normativa anti-usura che non può essere trascurato nel momento in cui si deve determinare il TEG applicato ad un determinato rapporto bancario. Pertanto, “attesa l’esigenza logica e metodologica di avere a disposizione dati omogenei al fine di poterli raffrontare” e la loro “natura di norme tecniche previste ed autorizzate dalla disciplina regolamentare, necessarie per l’applicazione di tutta la normativa antiusura”, se “è vero che il giudice non è vincolato al rispetto delle Istruzioni della Banca d’Italia quali fonti di diritto (…) occorre essere consapevoli che (…) un eventuale calcolo del TEG applicato ad un determinato rapporto bancario effettuato in modo difforme rispetto alle Istruzioni in parola condurrebbe ad un risultato inattendibile e, dunque, in ultima analisi ingiusto”;

– il calcolo di un tasso effettivo di mora, parametro estraneo alla normativa, è privo di attendibilità scientifica e giuridica: “la formula per il calcolo del TAEG esprime su base annua l’eguaglianza fra la somma dei valori attualizzati di tutti i prelievi e la somma dei valori attualizzati di rimborsi e dei pagamenti delle spese collegate all’erogazione del credito (…) essa pertanto quando è riferita al momento della pattuizione richiede la conoscenza in via anticipata degli interessi da pagare e ciò non è evidentemente possibile per quelli di mora, dei quali non si conosce ex ante né la base di calcolo, né la durata”. Il Giudice evidenzia, poi, l’arbitrarietà del calcolo del perito dell’attore che ipotizza pagamenti ad una certa data senza allegare alcuna circostanza concreta e, in generale, “l’arbitrarietà e l’infondatezza della difesa di parte attrice” che porterebbe ad ammettere che la parte mutuataria potrebbe “costruire a suo piacimento il TAEG, semplicemente ritardando più o meno il momento dell’ipotetico pagamento e quindi aumentando la somma pagata a titolo di mora. Così operando, tuttavia, la misura del TAEG non dipenderebbe più dalle pattuizioni delle parti, ma dalla scelta unilaterale del mutuatario di pagare con un determinato ritardo una o più rate”. È chiara l’irragionevolezza della tesi e l’incertezza che può derivare da una simile prospettazione, contraria non solo al nostro ordinamento, ma altresì alle stesse direttive europee sul punto (come argomentato in sentenza);

– la liceità dell’applicazione di interessi moratori sull’intera rata scaduta, comprensiva degli interessi corrispettivi, a fronte della delibera Cicr 2000, se convenuta tra le parti (come nel caso di specie);

– infondatezza della sommatoria dei tassi corrispettivi e moratori, errata da un punto di vista logico e matematico, in quanto espressione di grandezze diverse;

– infondatezza della tesi per cui l’ammortamento alla francese genera interessi anatocistici.

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