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Attualità

Una lacuna del Decreto Cura Italia: la querela

28 Aprile 2020

Avv. Giovanni Dinoia, DFS Avvocati Penalisti

Di cosa si parla in questo articolo

Il cosiddetto “Decreto Cura Italia”, che, come è noto, è finalizzato ad affrontare l’emergenza epidemiologica da contagio di Covid-19 con una drastica ed indispensabile riduzione dell’attività di tutti i tribunali italiani, presenta una rilevante e francamente incomprensibile lacuna: non sono sospesi i termini per la presentazione della querela, perché sono esclusi dalla previsione dell’art. 83 del D.L. 17 marzo 2020 n . 18.

È una lacuna molto grave e di grande portata, perché investe una serie di reati davvero ampia.

Come è noto, infatti, la casistica dei reati perseguibili a querela non abbraccia soltanto ipotesi delittuose, come la diffamazione (art 595 c.p.), l’appropriazione indebita (art. 646 c.p.), la truffa (art. 640 c.p.) o l’insolvenza fraudolenta (art. 641 c.p.), che solitamente originano nel contesto di rapporti interpersonali piuttosto semplici, ma assoggetta alla medesima condizione di procedibilità anche reati che normalmente originano in contesti più articolati e complessi, attinenti all’ambito economico-finanziario o al diritto bancario.

Basti pensare, a titolo di esempio, all’infedeltà patrimoniale (art. 2634 c.c.), alla mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (art. 388 c.p.), alla falsità in cambiali o titoli di credito (art. 491 c.p.), all’usurpazione di titoli di proprietà intellettuale (art. 517 ter c.p.), alle illecite interferenze nella vita privata (art. 615 bis c.p.) o alla frode informatica (art. 640 ter c.p.) o all’accesso abusivo ai sistemi informatici (art. 615 ter c.p.).

La conseguenza di questo vuoto normativo è presto detta: i termini per la presentazione della querela non sono stati sospesi, con le problematiche e preoccupanti ricadute concrete di cui si dirà più avanti.

La conclusione è pacifica alla luce dell’orientamento giurisprudenziale da tempo consolidato.

Infatti, la Corte Suprema ha sempre affermato l’inapplicabilità alla querela delle norme sui termini processuali, nonché di quelle sulla sospensione dei termini in materia penale: “La legge per la sospensione dei termini nel periodo feriale non è applicabile al termine per proporre querela. La legge ha infatti per presupposto la pendenza di un processo ed esclude dal suo ambito i termini previsti da leggi sostanziali e quelli che, pur avendo rilevanza processuale, non possono essere qualificati processuali, come il termine per proporre querela che precede la instaurazione del processo”[1].

Il medesimo principio di diritto è stato, inoltre, ribadito anche più di recente, allorquando i Supremi Giudici sono stati chiamati a decidere in merito alla possibile applicazione della disciplina prevista dall’art. 172, co. 3, c.p.p. anche al termine della querela.

In questa occasione la Suprema Corte ha dichiarato la tardività della querela, perché “la norma posta dall’art. 172 c.p.p. riguarda espressamente i ‘termini processuali’ e detta regole proprie sul relativo computo che non sono automaticamente estensibili alla disciplina prevista per i termini di diversa natura”, ed ha ribadito in un obiter dictum che “la ragione per la quale, ad esempio, non è applicabile l’istituto della sospensione del termine nel periodo feriale sta nella natura del termine per la presentazione della querela che, pur avendo rilevanza processuale, non può essere qualificato come processuale, riguardando attività anteriore alla instaurazione del processo”[2].

In poche parole, la sospensione riguarda soltanto i termini processuali e, dal momento che la querela attiene a una fase antecedente all’esistenza del procedimento, la sospensione dei termini feriali non la riguarda.

Infatti, il comma 1 dell’art. 83 del D.L. 17 marzo 2020 n. 18, ha disposto il rinvio d’ufficio fino al 15 aprile 2020 (termine poi prorogato, ex art. 36 D.L. 8 aprile 2020 n. 23, fino all’11 maggio 2020) di tutte le udienze penali, salvo circoscritte eccezioni, ed il comma 2 ha statuito la conseguente sospensione dei termini “per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali e civili”.

La querela, come si è visto, non rientra fra gli atti di un procedimento penale, perché è ad esso prodromica.

Per prevenire ogni possibile dubbio e chiarire definitivamente la portata dell’intervento normativo, lo stesso comma continua specificando che “ si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni”.

Come si vede, il testo normativo fa riferimento esclusivamente agli atti di un procedimento penale che sia già stato instaurato ed infatti la conclusione chiude per così dire il cerchio, ribadendo che la sospensione riguarda “tutti i termini procedurali”.

Se il legislatore avesse voluto inserire anche il termine per la proposizione della querela nelle attività sospese ex art. 83 D.L. n. 18/2020, lo avrebbe dovuto indicare espressamente (ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit), proprio come aveva fatto in altre situazioni del recente passato, in occasione di calamità naturali tristemente note.

In tutte quelle occasioni, infatti, il termine ex art. 124 c.p. è sempre stato espressamente previsto dalle normative introdotte per fronteggiare quelle emergenze.

È il caso, ad esempio, del terremoto avvenuto in Abruzzo nel 2009, in cui vennero sospesi ex art. 5 co. 5 D.L. n. 39/2009 “i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, nonché i termini per proporre querela e sono altresì sospesi i processi penali, in qualsiasi stato e grado”.

Allo stesso modo, anche per il terremoto del 2012 che interessò le province di Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo si registrò un intervento legislativo con cui si sospesero ex art. 6 co. 6 D.L. n. 74/2012 “i termini stabiliti per le indagini preliminari, nonché i termini per proporre querela e sono altresì sospesi i processi penali in ogni stato e grado di giudizio”.

Anche in occasione del sisma che colpì nel 2016 l’Italia centrale, infine, furono sostanzialmente adottati i medesimi provvedimenti e vennero sospesi ex art. 49 D.L. n. 189/2016 “i termini stabiliti dalla legge per la fase delle indagini preliminari, nonché i termini per proporre querela e sono altresì sospesi i processi penali, in qualsiasi stato e grado”.

L’eccezione alla regola, in quei casi, era stata dunque prevista e positivizzata.

Invece, l’attuale decreto non contiene un’analoga previsione.

Quali sono le ricadute di questa censurabile lacuna?

La risposta è automatica perché basta ricordare quale sia la ratio dell’intervento normativo: ridurre al minimo gli spostamenti delle persone, nonché le riunioni in generale e l’attività degli studi legali in particolare.

La contraddizione, quindi, è sotto gli occhi di tutti: da un lato, si impone al cittadino di ridurre gli spostamenti, che vengono tassativamente vietati in caso di quarantena per contagio già avvenuto; dall’altro lato, lo si costringe ad attivarsi e ad esporsi, recandosi negli uffici competenti per provvedere al deposito della querela.

Tali conseguenze sono solo in minima parte mitigate dal fatto che, la Procura della Repubblica di Milano ha diramato la Circolare interna n. 19/2020 in cui fornisce le informazioni necessarie per depositare le querele, stabilendo che questo adempimento debba essere eseguito esclusivamente per via telematica a mezzo PEC.

Questo tipo di soluzione, infatti, può giovare soltanto a coloro che sono in possesso di un indirizzo di posta elettronica certificata o a coloro che presenteranno la querela a mezzo di un avvocato, col quale però vi è un generico divieto di incontro.

Peraltro, come detto in apertura, il panorama socio – economico attuale è tale che i reati procedibili a querela riguardano spesso contesti piuttosto complessi e sono tali che la predisposizione dell’atto presupponga attente valutazioni, approfondimenti e competenze tecniche che non possono prescindere dall’apporto di un avvocato.

Quindi, a fianco alle oggettive (e in alcuni casi insuperabili) difficoltà connesse al deposito, si collocano quelle connesse alla redazione della querela, che in molti casi sarà resa difficoltà anche dalle limitazioni imposte agli avvocati.

 


[1] Cass. pen., Sez. V, 14 dicembre 1972, n. 2555.

[2] Cass. pen., Sez. V, 26 marzo 2010, n. 23281; Cass. pen., Sez. V, 6 febbraio 1973, n. 4553.

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