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Giurisprudenza

Usura bancaria: gli interessi moratori vanno raffrontati ad un proprio ed autonomo “tasso soglia”, che tenga conto della maggiorazione media rilevata da Bankitalia

11 Dicembre 2014

Avv. Antonio De Simone del Foro di Napoli

Tribunale di Milano, 03 dicembre 2014, n. 14394

Di cosa si parla in questo articolo

Il tema della raffrontabilità degli interessi di mora ai tassi soglia fissati dalla normativa antiusura costituisce questione dibattuta sin dall’entrata in vigore della normativa del ‘96.

Il Tribunale di Milano (dott.ssa Maria Teresa Zugaro, sent. n.14394 del 03-12-2014) risolve la questione in maniera innovativa, ponendo mente a quella “maggiorazione media a titolo di mora”, rilevata dalla Banca d’Italia sin dal 2003 e trasfusa nei decreti ministeriali trimestrali.

Se, infatti, gli interessi moratori sono (ex ante) separatamente rilevati rispetto agli oneri che concorrono a formare il TEGM (base di calcolo del “tasso soglia”), andrà operata (anche ex post) una separata valutazione dell’usura oggettiva con riferimento alla mora, il cui valore, singolarmente considerato – e non sommato a quello degli interessi corrispettivi – andrà confrontato al tasso soglia aumentato del 2,1%.(In tal senso Trib. Cremona, dott. Giulio Borella, 30.10.2014 in www.expartecreditoris.it)

Nella specie, i principi di diritto espressi dal Giudice milanese, possono essere massimati nei termini che seguono.

Quand’anche si volesse ritenere che anche gli interessi di mora debbano essere rispettosi del limite legale antiusura, tesi per la quale sussiste ancora incertezza giurisprudenziale in assenza di una previsione legislativa specifica al riguardo e che possa determinare per tali interessi una specifica soglia, quest’ultima deve venire calcolata con i criteri dettati dai decreti trimestrali, con la maggiorazione pari a 2,1 punti percentuali, secondo la stessa Banca d’Italia e la sua nota di chiarimento in materia di applicazione delle legge antiusura del 3.7.13.

La sentenza della Cassazione n. 350/13 non ha mai espresso come principio la sommatoria dei tassi di interessi nella misura in cui il tasso corrispettivo e quello di mora hanno funzione e natura e applicazione del tutto diversi.

La previsione della cd clausola di salvaguardia evita l’automatico superamento del tasso soglia.

Se la pronuncia desta interesse soprattutto per i principi appena citati, è comunque degna di nota la considerazione svolta in tema di leasing “traslativo” ed applicabilià analogica dell’art.1526 c.c.

Ed infatti il Tribunale ha altresì affermato che: in materia di leasing c.d. traslativo, la domanda dell’utilizzatore volta ad ottenere l’applicazione analogica dell’art.1526 c.c. in caso di inadempimento, con il relativo diritto alla restituzione dei canoni versati, salvo equo compenso e risarcimento del danno per il concedente, è improponibile quando il bene concesso in leasing, e restituito a seguito della risoluzione, non sia stato ancora rivenduto dal concedente.

Senza conoscere, infatti, quale possa essere il ricavato dalla vendita del bene o dal suo riutilizzo, secondo il valore commerciale che il bene abbia allo stato, manca un presupposto essenziale per applicare la disciplina pattizia regolante gli effetti dell’anticipata risoluzione del contratto convenuta fra le parti, con la prevista compensazione della posizione debitoria dell’utilizzatrice con le somme ricevute in utile dalla concedente e la possibilità di riattribuzione dell’eccedenza eventuale al debitore stesso, che sola possa fare apprezzare se sussista un indebito vantaggio in favore della società finanziaria che giustifichi la sostituzione della disciplina legale a quella contrattuale, e quindi il ricorso alla norma di cui all’art. 1526 c.c.

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