La questione sottoposta alla Corte d’Appello di Lecce, della inclusione delle spese di assicurazione, sopportate dal debitore per l’ottenimento del finanziamento, nel calcolo del costo complessivo del contratto ai fini dell’accertamento dell’usura, è questione sulla quale la Corte di Cassazione si è nel recente passato pronunciata con orientamento unitario (Cass. Civ., sez. I, sent. 5 aprile 2017 n. 8806, Rel. Dolmetta; Cass. civ., Sez. I, Ord. 16-04-2018 n. 9298, Rel. Fraulini; Cass. civ., Sez. I, Ord. 24-09-2018 n. 22458, Rel. Tricomi; Cass. Civ., sez. III, sent. 6 marzo 2018 n. 5160, Rel. Pellecchia). La decisione resa dalla Corte leccese è in linea con l’indirizzo dei giudici di legittimità.
Le spese di assicurazione devono essere conteggiate ai fini della valutazione di usurarietà del contratto di mutuo perché collegate alla erogazione del credito. Ciò anche nell’ipotesi in cui la stipula della polizza assicurativa sia prevista come obbligatoria dalla legge. Ed anche se e per il tempo in cui le “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura” emanate dalla Banca d’Italia escludevano tale tipologia di spesa dal calcolo del TEG ai fini usura.
Stante la rimessione alle Sezioni Unite del tema della rilevanza degli interessi moratori (e delle problematiche a questo connesse), la sentenza in commento è di estrema attualità sotto un duplice profilo: per aver ribadito l’impostazione “onnicomprensiva” per la verifica di usurarietà del finanziamento; per aver posto in rilievo la “necessità di veder ripristinata la gerarchia delle fonti in sede di individuazione dei parametri normativi di riferimento”, confermando la imprescindibile subordinazione all’art. 644 c.p. delle Istruzioni della Banca d’Italia.
La Corte leccese, dunque, si colloca in evidente discordanza con le decisioni, sugli stessi argomenti, delle sezioni semplici della Cassazione civile degli ultimi tre anni. Queste, infatti, pur generalmente condividendo la rilevanza degli interessi moratori ai fini della normativa antiusura, si contraddistinguono per la tendenza a considerare “atomisticamente” tale tipologia di interessi e non come parte dell’intero carico economico del contratto di credito e, soprattutto, perché riconoscono alle istruzioni dell’Istituto di vigilanza una posizione preminente rispetto alla legge statale nella scala gerarchica delle fonti del diritto (Cass. Civ., sez. III, ord. 30.10.2018 n. 27442; sez. III, ord. 28.06.2019 n. 17447; sez. III, ord. 13.09.2019 n. 22890; sez. III, sent. 17.10.2019 n. 26286; sez. I, ord. 22.10.2019 n. 26946; sez. III, sent. 20.05.2020 n. 9237).
Si trova, invece, la Corte leccese, perfettamente in linea con le pronunce, sempre in punto di accertamento dell’usura, emesse dalle sezioni penali della Suprema Corte (tra le altre, cfr., in particolare, le sentenze di Cass. pen., 26 marzo 2010, n. 12028; di Cass. pen., 22 luglio 2010, n. 28743; di Cass. pen., 23 novembre 2011, n. 46669; di Cass. pen., 3 luglio2014, n. 28928).