Con la sentenza in oggetto la Suprema Corte ha precisato che perché vi sia effettiva elusione è necessario che le operazioni non possano che spiegarsi con il mero conseguimento di risparmi di imposta. E ciò sulla premessa che il generale principio antielusivo preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto di strumenti giuridici idonei a ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, con la conseguenza che il negozio sarà inapplicabile all’Amministrazione Finanziaria per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione elusiva. Detto principio, tuttavia, non può applicarsi laddove le operazioni poste in essere possano spiegarsi altrimenti. In altri termini, il carattere abusivo di un’operazione va escluso quando si possa individuare una compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali (nello stesso senso, anche la precedente Cass. 1372/2011).
Nella fattispecie concreta era stata realizzata una complessa operazione, consistita nel conferimento, da parte della società Alfa, di due rami d’azienda in altrettante società di nuova costituzione; Alfa aveva poi ceduto l’intera partecipazione delle due nuove società ad un quarto soggetto, appositamente costituito. L’agenzia delle Entrate aveva quindi notificato alle società conferenti, conferitarie e cessionarie distinti avvisi di liquidazione, sul presupposto che gli atti negoziali fossero stati posti in essere al solo scopo di trasferire rami d’azienda, versando in concreto minori imposte di registro. Confermando la statuizione della Commissione Tributaria, la Suprema Corte ha statuito che, sebbene l’Amministrazione, ai sensi dell’art. 20 T.U.R., possa privilegiare l’intrinseca natura e gli effetti giuridici concreti dell’atto posto in essere, non le è tuttavia concesso, in tale attività riqualificatoria, travalicare lo schema negoziale tipico nel quale l’atto risulta inquadrabile, pena l’artificiosa costruzione di una fattispecie imponibile diversa da quella voluta e comportante differenti effetti giuridici: “in altre parole non deve ricercare un presunto effetto economico dell’atto tanto più se e quanto – come nel caso di specie – lo stesso è il medesimo per due negozi tipici diversi per gli effetti giuridici che si vogliono realizzare. Infatti, ancorché da un punto di vista economico si possa ipotizzare che la situazione di chi ceda l’azienda sia la medesima di chi cede l’intera partecipazione, posto che in entrambi i casi si monetizza il complesso di beni aziendali, si deve riconoscere che dal punto di vista giuridico le situazioni sono assolutamente diverse”.