Giorgio Alù è il Partner responsabile del Dipartimento di Diritto della Concorrenza e dell’Unione Europea ed Alberto Fantini è il Partner responsabile del Dipartimento di Diritto Amministrativo dello Studio Legale Tonucci&Partners. Le opinioni espresse sono esclusivamente degli autori e non coinvolgono lo Studio Legale Tonucci&Partners.
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Nell’ambito della propria azione di censura e repressione dei cartelli, in data 28 ottobre 2013 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM” o “Autorità”) ha pubblicato il Vademecum per le stazioni appaltanti volto all’individuazione di criticità concorrenziali nel settore degli appalti pubblici (“Vademecum”)1.
Oltre a trarre spunto dall’attività istruttoria relativa al settore degli appalti pubblici, il Vademecum si iscrive nell’alveo degli interventi dell’AGCM, ex art. 21 e 22 della Legge 10 ottobre 1990, n. 287 – Norme per la tutela della concorrenza e del mercato (“Legge 287/90”), tesi a ribadire, da un lato, il ruolo cruciale degli appalti pubblici nell’ambito del sistema produttivo del Paese e, dall’altro, la necessità di un’azione di prevenzione delle possibili distorsioni alla concorrenza (anche mediante l’adozione di normative di settore ovvero di accorgimenti nella predisposizione dei bandi di gara) e l’osservanza della normativa antitrust al fine di tutelare l’interesse dell’Amministrazione ad ottenere la migliore prestazione di beni o servizi in termini di prezzo e qualità2.
Infatti, come da ultimo evidenzia il Vademecum, violazioni della concorrenza nell’ambito delle gare per l’assegnazione degli appalti pubblici, “comportando una lievitazione dei costi per lavori o forniture, […]costruiscono un danno diretto per l’intera collettività”3.
Con il Vademecum, l’Autorità “intende fornire uno strumento per le stazioni appaltanti affinché possano essere identificate (e segnalate all’AGCM a scopo informativo) quelle anomalie comportamentali che in taluni casi sono indizio della presenza di fenomeni anticoncorrenziali”4.
In particolare, nel documento viene sottolineata la più verosimile sussistenza di comportamenti distorsivi della concorrenza in peculiari contesti di mercato, inter alia, caratterizzati da:
- pochi concorrenti;
- concorrenti caratterizzati da analoga efficienza e dimensione;
- prodotti omogenei;
- perdurante partecipazione alle gare delle stesse imprese;
- appalto ripartito in più lotti dal valore economico simile.
Anche una sola delle predette circostanze può ritenersi un adeguato primo ‘campanello di allarme’ salva, ovviamente, una valutazione caso per caso alla luce di quelle che, sulla scorta della propria prassi decisionale, l’Autorità ritiene “le manifestazioni più tipiche dei comportamenti” possibilmente critici ai sensi delle norme a tutela della concorrenza5.
Emerge, dunque, la volontà dell’AGCM di rilanciare la propria azione di censura e repressione dei cartelli ponendo l’accento sull’intrinseca pericolosità per la concorrenza, nonostante le garanzie fornite dall’esperimento delle procedure rigidamente disciplinate dal D.lgs. 12 aprile 2006, n.163 [Codice dei contratti pubblici relativi, a lavori servizi e forniture in attuazione delle direttive 204/17/CE e 2004/18/CE (“Codice dei Contratti Pubblici”)], di quei mercati che si connotano, ad esempio, per la presenza di pochi competitors ovvero di players di analoga forza e dimensione.
Il Vademecum prosegue descrivendo le fattispecie cui possono risultare associati comportamenti anticoncorrenziali ed invita “le stazioni appaltanti, nei casi in cui si imbattono in qualcuno dei descritti fenomeni, ad informare l’Autorità”6.
In particolare sono descritti, quali indici della possibile sussistenza di condotte anticoncorrenziali, i principali segnali di allarme individuabili dalle stazioni appaltanti con il seguente ordine espositivo:
- boicottaggio della gara;
- offerte di comodo;
- subappalti o ATI (Associazione Temporanea d’Imprese);
- rotazione delle offerte e ripartizione del mercato; e
- segnali di allarme nelle modalità di partecipazione all’asta.
Nei paragrafi conclusivi, il Vademecum ribadisce che il verificarsi dei fenomeni descritti non necessariamente costituisce una violazione delle norme di tutela della concorrenza e sottolinea che le “segnalazioni non devono essere assolutamente intese come manifestazioni di una raggiunta consapevolezza, da parte della stazione appaltante, dell’esistenza di criticità concorrenziali nell’ambito di una propria procedura di gara”, non giustificandosi, pertanto, “l’interruzione della procedura né, tanto meno, la rinuncia ad assegnare la commessa all’aggiudicatario”7.
La segnalazione, dunque, costituisce la base su cui l’AGCM potrebbe decidere, all’esito dei propri accertamenti preliminari, di avviare un procedimento istruttorio solo al termine del quale potrà “essere accertata l’effettiva presenza di una condotta lesiva del diritto antitrust”8 ed a cui la stazione appaltante potrà fare eventualmente seguire, nelle sedi competenti, la richiesta di risarcimento “degli eventuali danni (conseguenti la pratica anticoncorrenziale) laddove l’appalto fosse già stato assegnato”9.
Le indicazioni contenute nel Vademecum sono coerenti con la best practice internazionale rappresentata, inter alia, dal documento dell’OCSE “Linee guida per la lotta contro le turbative d’asta negli appalti pubblici”(“Documento OCSE”), ivi richiamato al fine di rinvenire ulteriori indicazioni utili10.
Ancorché diretto ai committenti pubblici, al fine di contrastare fenomeni che comportano una lievitazione dei costi per lavori o forniture, dunque un danno diretto per l’intera collettività, sui quali peraltro l’AGCM è già intervenuta con diversi procedimenti istruttori conclusi con l’irrogazione di sanzioni per oltre Euro 500 milioni, parrebbe ragionevole ritenere, per analogia, che il Vademecum possa costituire uno strumento molto utile anche per:
- le imprese che offrono beni o servizi mediante gare, anche se non soggette alle disposizioni del Codice dei Contratti Pubblici, al fine di prevenire condotte possibilmente censurabili dall’AGCM in quanto ritenute potenzialmente critiche; e,
- i committenti privati, o comunque non soggetti alle disposizioni del Codice dei Contratti Pubblici, al fine di contribuire all’individuazione dei fenomeni potenzialmente illeciti stigmatizzati dallo stesso Vademecum e, anche, di tutelarsi11.
Veniamo ora alla descrizione analitica delle singole fattispecie scrutinate dal Vademecum. Si evidenzia che, qualora tali condotte risultassero in concreto frutto di un intendimento collusivo tra imprese concorrenti sarebbero configurabili violazioni c.d. hard core, dunque particolarmente gravi, in quanto, ad esempio, incidono sui prezzi ovvero determinano la compartimentazione dei mercati12.
a) Boicottaggio della gara
Il boicottaggio ha come finalità quella di prolungare il contratto con il fornitore abituale (o c.d. storico) ovvero di ripartire pro quota il lavoro o la fornitura tra tutte le imprese colluse nell’ambito della medesima gara con più lotti.
Secondo le indicazioni fornite dall’Autorità, gli indizi che caratterizzano questo tipo di comportamento distorsivo risultano essere i seguenti:
- nessuna offerta viene presentata;
- presentazione di un’unica offerta o di un numero di offerte comunque insufficiente per procedere all’assegnazione dell’appalto;
- presentazione di offerte tutte caratterizzate dal medesimo importo (soprattutto quando le procedure di gara fissate dalla stazione appaltante prevedono in queste circostanze l’annullamento della gara o la ripartizione dell’appalto pro quota).
In altre parole, il boicottaggio della gara è ravvisabile nel caso in cui una o più imprese concorrenti convengano di non presentare offerte o di ritirare offerte precedentemente presentate per consentire l’aggiudicazione dell’offerta al concorrente designato di comune accordo.13
Un esempio della fattispecie in esame può essere banalmente ravvisato laddove tre imprese, d’intesa con una quarta, si mettono d’accordo per non partecipare ad una gara, ovvero all’assegnazione di un lotto, in modo da consentire l’aggiudicazione alla quarta impresa.14
b) Offerte di comodo
Le offerte di comodo, altrimenti dette “di cortesia” o “simboliche” sono finalizzate a conferire un’apparente regolarità concorrenziale alla gara per nascondere l’innalzamento dei prezzi di aggiudicazione e favorire un concorrente predeterminato.
In particolare, la pratica in esame può evincersi quando le offerte, presentate dalle imprese non aggiudicatarie, si caratterizzano per importi di fatto troppo elevati rispetto a quelli che gli stessi soggetti hanno offerto in procedure analoghe.
In altre parole, tale fattispecie si configura nel momento in cui si favorisce l’aggiudicazione di una gara, o di un singolo lotto, ad un operatore predeterminato mediante la presentazione da parte degli altri concorrenti di offerte di importo (c.d. cover pricing) volutamente più elevato rispetto a quella del vincitore designato.
Il Vademecum conclude che la sussistenza di offerte di comodo può essere svelata da una sequenza di gare in cui risulti aggiudicataria sempre la stessa impresa ovvero dalla presentazione di offerte più elevate rispetto ai prezzi di listino15.
Analogamente, il Documento OCSE si esprime sul punto come segue: “l’offerta presentata da una persona fisica o giuridica si definisce di comodo quando è stata concepita in modo tale da riunire una o più delle seguenti caratteristiche: (1) importo superiore rispetto all’offerta del vincitore designato; (2) importo notoriamente troppo elevato per essere accettato; (3) condizioni particolari notoriamente inaccettabili per il committente. Tale pratica mira a trasmettere l’impressione di una reale concorrenza”16.
c) Subappalti o ATI (Associazione Temporanea di Imprese)
I subappalti e le ATI, come riconosciuto dalla stessa prassi dell’AGCM17, sono tradizionalmente strumenti pro concorrenziali in quanto volti ad ampliare il numero degli offerenti ed accentuare, per tale via, il confronto concorrenziale in sede di gara.
In estrema sintesi, come è noto, le ATI rappresentanouno strumento di collaborazione temporanea ed occasionale per la partecipazione congiunta alle procedure degli appalti pubblici introdotto per la prima volta nel nostro Ordinamento dalla Legge n. 584/1977 ed oggi essenzialmente disciplinate dagli artt. 34 e 37 del D.Lgs. n. 163/2006. Il subappalto, invece, è un istituto in forza del quale un soggetto può demandare ad altro soggetto l’esecuzione di talune prestazioni contrattuali in presenza di determinati presupposti rigidamente disciplinati dalla Legge, oggi disciplinato dall’art. 118 del D.Lgs. n. 163/2006.
Ebbene, proprio tali strumenti collaborativi tra imprese, rileva l’Autorità, possono facilmente prestarsi ad un uso restrittivo della concorrenza da parte delle stesse, in particolare se utilizzati al fine di spartire il mercato ovvero la singola commessa18.
Le possibili strategie che possono portare all’individuazione di un utilizzo distorto di tali strumenti sono state ravvisate dall’AGCM nelle seguenti condotte:
- imprese, singolarmente in grado di partecipare ad una gara, che invece si astengono in vista di un successivo subappalto o optano per la costituzione di un ATI;
- la costituzione di un ATI o subappalto perfezionati da imprese accomunate dalla stessa attività prevalente;
- il ritiro dell’offerta da parte di un’impresa che decide inizialmente di partecipare a una gara, che risulta poi beneficiaria di un subappalto relativo alla medesima gara.
Inoltre, nei casi di aggiudicazione basata sull’offerta economicamente più vantaggiosa, l’ATI (tra i maggiori operatori) può essere il frutto di una strategia escludente, tesa ad impedire a imprese minori di raggiungere il necessario punteggio qualitativo19.
Sul punto, occorre inoltre evidenziare che l’Autorità ha avuto modo di sottolineare come lo strumento del raggruppamento temporaneo d’imprese “vada sempre verificato nella sua idoneità in concreto, ben potendo determinare una diminuzione del grado di concorrenza ove consenta a soggetti in grado di partecipare anche autonomante di presentarsi insieme ad altri soggetti propri rivali, diminuendo così artificiosamente l’effettività ed estensione della competizione”20.
Inoltre, sempre nell’ottica dell’ampliamento dell’offerta, l’AGCM ha rilevato ulteriormente che “la formazione di una RTI da parte di una impresa in possesso singolarmente dei necessari requisiti e di un’altra impresa, invece, non in grado di partecipare autonomamente alla gara, è da escludere laddove quest’ultima possa diventare un operatore concorrente con la prima aggregandosi con altre società presenti sul mercato, a loro volta non in possesso dei requisiti richiesti”21.
Infine, facendo riferimento specifico ai contratti di subappalto, si osserva che il Documento OCSE classifica tra le forme comuni di turbative d’asta il caso del “vincitore designato che offre contratti di subappalto o fornitura alle imprese che accettino di non partecipare ad una determinata gara, oppure dipresentare offerte perdenti”22.
d) Rotazione delle offerte e ripartizione del mercato
i. La rotazione delle offerte
Un’ulteriore fattispecie distorsiva della concorrenza nell’ambito di una partecipazione ad una gara competitiva è rappresentata dalla rotazione concertata delle offerte. Infatti, come rileva il Vademecum, anche dall’analisi della sequenza (o patterns) delle aggiudicazioni si può intuire la possibile presenza di un cartello.
Infatti, attraverso un sistema di rotazione concordato delle offerte tra i partecipanti all’intesa, si favorisce costantemente l’aggiudicazione della gara, o di uno o più lotti, all’operatore predeterminato.
In pratica, l’utilizzo di tale modalità comportamentale consente di eliminare ogni tipo di alea legata alla gara mediante l’adozione di un meccanismo con cui le imprese colluse presentano a turno alla stazione appaltante offerte di copertura e l’offerta vincente; così facendo, l’offerta dell’impresa designata quale vincitrice risulterà sempre la più competitiva rispetto a quella degli altri partecipanti.
Da ultimo, si evidenzia che gli accordi in parola possono essere attuati in diversi modi. Ad esempio, con riferimento ad un determinato gruppo di contratti, le imprese possono decidere di assegnare a ciascuna di loro importi monetari approssimativamente identici oppure volumi proporzionali alle dimensioni di ognuna23.
ii. La ripartizione del mercato
In un accordo di spartizione del mercato, gli aderenti convengono di non entrare in concorrenza tra loro ripartendosi determinati lotti relativi a peculiari aree geografiche ovvero determinati clienti/committenti.
In pratica, le imprese si accordano per evitare di presentare offerte nelle rispettive aree/zone di competenza ed influenza storica, ovvero a determinati clienti, al fine di eliminare la concorrenza tra loro e mantenere la propria quota di mercato.
A titolo esemplificativo, tali accordi possono assegnare a ciascuna impresa aderente all’intesa dei committenti specifici, attraverso l’impegno reciproco a non partecipare (ovvero farlo solo con offerte di comodo) alle gare indette dai committenti assegnati agli altri24.
e) Segnali di allarme nelle modalità di partecipazione all’asta
Infine, può verificarsi la circostanza per cui le imprese appartenenti ad un cartello presentino le domande di partecipazione all’asta con modalità tali da tradire la comune formulazione e, dunque, il proprio coordinamento.
Tra tali modalità, il Vademecum fa espressamente riferimento a:
- errori comuni di battitura;
- stessa grafica;
- riferimento a domande di altri partecipanti alla medesima gara;
- analoghe stime o errori di calcolo;
- consegna contemporanea, da parte di un (medesimo) soggetto, di più offerte per conto di differenti partecipanti alla medesima procedura di gara.
Sul punto, anche il Documento OCSE evidenzia che i segnali indicatori di una possibile turbativa d’asta possono emergere dalla stessa documentazione fornita dalle imprese, offrendo, rispetto al Vademecum i seguenti ulteriori indizi rivelatori:
- i documenti di offerta di imprese sono consegnati in plichi che presentano analogie in termini di timbri postali o contrassegni dei sistemi automatici di affrancatura;
- i documenti di offerta di imprese diverse evidenziano numerose modifiche dell’ultima ora, quali cancellature o altre alterazioni fisiche;
- i documenti di offerta di imprese diverse contengono un dettaglio inferiore al necessario o al previsto, oppure presentano altre indicazioni che ne facciano sospettare la natura fittizia;
- imprese diverse presentano offerte identiche, oppure i prezzi offerti dai partecipanti aumentano secondo incrementi regolari”25.
Infine, si ritiene utile segnalare che il Documento OCSE fornisce un elenco non esaustivo di ulteriori circostanze che possono essere considerate sospette e, dunque, idonee ad evidenziare la possibile sussistenza di accordi illeciti tra concorrenti nell’ambito delle gare pubbliche. Nel novero di tali circostanze si ritiene opportuno segnalare, in particolare, le seguenti:
- fornitori regolari non presentano offerte per gare alle quali ci si attenderebbe di norma che partecipassero, mentre continuano a farlo in altre gare;
- alcune imprese si ritirano inaspettatamente dalla gara;
- l’impresa aggiudicataria stipula ripetutamente accordi di subappalto con offerenti respinti;
- l’impresa aggiudicataria non accetta l’appalto e successivamente risulta fornitrice di lavori in subappalto;
- alcune imprese partecipano a tutte le gare senza aggiudicarsene nessuna;
- le imprese sembrano alternarsi nell’aggiudicazione delle gare;
- i concorrenti organizzano momenti di socializzazione o riunioni regolari poco prima della scadenza dei termini per la presentazione delle offerte26.
Considerazioni conclusive
Come affermato in più occasioni dall’Autorità, le intese restrittive della concorrenza nell’ambito delle gare d’appalto sono un fenomeno particolarmente “odioso, in quanto lede al contempo più interessi pubblici: quello generale allo spiegarsi di una effettiva concorrenza tra le imprese partecipanti alla gara; l’interesse pubblico alla trasparenza e al corretto svolgimento di essa; l’interesse della pubblica amministrazione a ottenere una prestazione di beni o servizi conforme alle proprie esigenze, sia in termini di risparmio di spesa sia a livello qualitativo”27.
Con la dichiarata volontà di combattere tale fenomeno con ancor maggior vigore, il Vademecum dell’Autorità si pone come uno strumento ausiliario della propria attività (pre)istruttoria, certamente efficace per consentire direttamente alle stazioni appaltanti di individuare comportamenti anomali che potrebbero costituire, se debitamente e tempestivamente segnalati da queste ultime all’AGCM, la base su cui svolgere gli accertamenti prodromici all’avvio di un procedimento istruttorio.
Sebbene esplicitamente finalizzato all’individuazione di criticità concorrenziali nel settore degli appalti pubblici, si ritiene che le indicazioni contenute nel Vademecum possano essere utilizzate anche dalle imprese a fini di compliance e, soprattutto, dalla committenza privata, nei settori in cui si effettuano tipicamente procedure competitive analoghe alle procedure ad evidenza pubblica per la selezione dei fornitori o dei concessionari, al fine di segnalare all’AGCM eventuali anomalie comportamentali che potrebbero essere sintomatiche della sussistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza.
In chiave prospettica, il Vademecum rappresenta inoltre uno step indubbiamente importante nell’ambito del contrasto delle pratiche anticoncorrenziali da parte dell’AGCM, anche perché apre ad una serie di riflessioni che l’Autorità stessa e gli operatori del settore potranno, si auspica, approfondire nelle sedi opportune.
A tale riguardo, in particolare, è interessante notare come l’Autorità, nel Vademecum, ha chiarito che, accertata l’effettiva presenza di una condotta lesiva del diritto antitrust, la stazione appaltante potrà fare eventualmente seguire, una volta che l’appalto è stato comunque assegnato, la richiesta di risarcimento degli eventuali danni. L’AGCM non si spinge dunque sino a proporre – ma, si potrebbe rilevare, neppure esclude – rimedi di carattere contrattuale (clausola risolutiva espressa, condizione risolutiva), che le stazioni appaltanti potrebbero inserire nei contratti e che certamente conferirebbero maggiore incisività all’azione dell’Autorità stessa e, allo stesso tempo, una maggior tutela per le medesime stazioni appaltanti dagli illeciti concorrenziali.
Inoltre, sempre nell’ottica di una maggiore incisività nel contrasto alle pratiche in parola, sarebbe invero auspicabile che l’Autorità, nell’esercizio del proprio potere di segnalazione al Parlamento ed al Governo, di cui all’art. 21 L. n. 287/1990, sensibilizzasse il Legislatore ad una modifica dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 nel senso di prevedere, tra le cause di esclusione dagli appalti pubblici, un’ulteriore ipotesi nel caso di imprese in relazione alle quali siano stati accertati in modo definitivo, da parte dell’Autorità, pratiche anticoncorrenziali. Questo ulteriore passaggio potrebbe difatti sancire il definitivo consolidamento di una efficace disciplina di contrasto del fenomeno già meritoriamente avviata dall’AGCM.
1
Il testo del integrale del Vademecum è disponibile al link: http://www.agcm.it/trasp-statistiche/doc_download/3955-delibera-e-vademecum.html
2
Ad onor del vero, il primo dictum dell’Autorità di analogo tenore si rinviene nel Rapporto al Governo in materia di appalti pubblici (AS 005), licenziato dall’AGCM, ai sensi dell’art. 24 della Legge 287/90 nel luglio del 1992, finalizzato all’individuazione e al suggerimento delle azioni da promuovere per adeguare ai principi della concorrenza la normativa nazionale concernente il settore degli appalti pubblici, ribadito che l’Amministrazione pubblica acquista “circa il 9% del PIL”. Numerose sono le segnalazioni ed i pareri, anche alla luce dei mutamenti normativi, rivolti dall’AGCM a Parlamento, Governo ed Enti locali in materia di appalti ed in particolare quelle relative al contenuto dei bandi di gara ovvero all’opportunità di ricorrere a procedure ad evidenza pubblica per gli affidamenti o concessioni. Esempi sono AS187 – Bandi di gara in materia di appalti pubblici (17 dicembre 1999); AS251 – Bandi predisposti dalla concessionaria servizi informatici pubblici – Consip S.p.A. (7 febbraio 2003); AS995 – Bando di gara Consip 6 – Servizio di fornitura buoni pasto (16 ottobre 2012); AS481 – Norme in materia di demanio marittimo con finalità turistico ricreativa (20 ottobre 2008); AS1000 – Affidamento del servizio di gestione e rendicontazione automatizzata del pagamento dei corrispettivi dovuti dall’utenza per le pratiche automobilistiche e servizi connessi (11 dicembre 2012).
3
Cfr. § 2 del Vademecum. Interessante notare l’assonanza tra il passaggio citato e le prime righe dell’introduzione del Rapporto al Governo in materia di appalti pubblici (AS 005) del 1992 in cui si legge: “L’importanza della domanda pubblica nel sistema economico va apprezzata considerando anche l’influenza indiretta che essa esercita. Innanzitutto essa stimola la crescita professionale e imprenditoriale delle imprese chiamate a produrre i beni e i servizi richiesti. Inoltre determina un importante impatto sull’economia nazionale, in quanto funzionale all’offerta dei servizi pubblici. Più questi ultimi risultano efficienti, maggiori sono le opportunità di crescita del Paese, visto che i cittadini e lo stesso sistema produttivo ne utilizzano direttamente e indirettamente quantità estremamente elevate, con importanti effetti sul tenore di vita della popolazione e sulla produttività delle imprese”.
5
Cfr. §§ 5 e 6 del Vademecum. Si osserva, infatti, che il § 6 si conclude come segue “Si tratta di condizioni assai generali che devono essere valutate alla luce degli elementi di cui ai punti successivi. L’assenza di una di queste condizioni, o la presenza del suo contrar io, non implica necessariamente l’assenza di fenomeni anticoncorrenziali”.
6
Cfr. §§ 7 e 8 del Vademecum. Inoltre, il § 8 (i) precisa che le segnalazioni delle stazioni appaltanti “possono anche riguardare una pluralità di gare della medesima tipologia” ed invita “in questa prima fase” i medesimi committenti “a segnalare i casi sospetti relativi alle sole gare sopra la soglia comunitaria” [cfr. art. 28 Codice dei Contratti Pubblici]
10
Cfr. § 10 del Vademecum. Il Documento OCSE è disponibile al seguente link: http://www.oecd.org/daf/competition/cartelsandanti-competitiveagreements/44162111.pdf.
11
L’utilità del Vademecum anche per la committenza privata risulta ragionevolmente avvalorata, ad esempio, dalle risultanze dell’istruttoria dell’Autorità I646 – Produttori Vernici Marine (25 gennaio 2007) da cui è emersa la sussistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza tra i produttori di vernici marine che aveva luogo anche mediante il coordinamento tra concorrenti nell’ambito delle gare informali bandite e gestite dagli armatori, in un mercato in cui l’80% delle forniture viene assegnato con gara. Analogamente, come detto, le indicazioni del Vadecum potrebbero risultare utili in tutti quei settori in cui la committenza, ancorché privata, effettua tipicamente procedure competitive, analoghe alle procedure ad evidenza pubblica, per selezionare i migliori fornitori sia dal punto di vista economico che tecnologico. Questo è, ad esempio, il caso dell’affidamento della fornitura di servizi sostitutivi di mensa mediante emissione di buoni pasto [cfr. C10773 – Edenred Italia/Ristochef (12 gennaio 2011)] ovvero della selezione dei concessionari, o sub concessionari, cui affidare l’erogazione di determinati servizi.
12
Codice Commentato della Concorrenza e del Mercato (a cura di A. Catricalà e P. Troiano), Torino, 2010, pag 1071.
14
A tale fattispecie sembra riconducibile il recente provvedimento istruttorio avviato dall’AGCM in materia di sanità privata al fine di verificare l’esistenza di una possibile intesa tra quattro società operanti nella regione Abruzzo (cfr. Comunicato stampa AGCM pubblicato in data 12 novembre 2013).
17
Ex multis AS679 Comune di Marostica/Servizio di Distribuzione del Gas (18 marzo 2010) “…osservare che la ratio del raggruppamento di imprese è quella di ampliare le possibilità di partecipazione alla gara con riguardo a soggetti singolarmente sprovvisti di tutti i requisiti speciali richiesti. L’istituto, infatti, consente di cumulare i requisiti di natura tecnica ed economica, prescritti dalla normativa, facendo riferimento alla sommatoria dei mezzi e delle qualità delle impres facenti parte del raggruppamento”.
18
Ex multis AS387 “L’Autorità coglie l’occasione per sottolineare come lo strumento del raggruppamento temporaneo d’imprese vada sempre verificato nella sua idoneità in concreto, ben potendo determinare una diminuzione del grado di concorrenza ove consenta a soggetti in grado di partecipare anche autonomamente di presentarsi insieme ad altri soggetti propri rivali, diminuendo così artificiosamente l’effettività ed estensione della competizione” […].
19
A titolo esemplificativo, si ricorda che già in passato, l’AGCM ha riscontrato un utilizzo collusivo delle ATI laddove la costituzione di quest’ultima, non soltanto era stata ritenuta non proporzionale ai requisiti richiesti dai bandi, ma le affermazioni presenti negli accordi contestati, secondo l’Autorità, si connotavano per la loro valenza anticoncorrenziale più che per la finalità sinergica volta al miglioramento dell’offerta (Cfr. TPL Roma, Provv. I657, 2007).
20
AS387 Gara per l’affidamento del servizio idrico integrato nell’ambito territoriale ottimale 1-Palermo (26 aprile 2007).
21
Ex multis, AS745 Comune di Verona – Bando di gara per il servizio di brokeraggio assicurativo (14 luglio 2010). Si osserva tuttavia che, con una recente pronuncia, il Tar Lazio è intervenuto sulla valutazione concorrenziale dei RTI capovolgendo il consolidato orientamento dell’Autorità secondo cui essi per sé rappresentano un’intesa restrittiva della concorrenza nel caso in cui siano conclusi tra imprese che autonomamente possiedono i requisiti per la partecipazione ad una gara. In breve, secondo quando statuito dal Tar Lazio al fine di qualificare tali contratti come intese restrittive della concorrenza, l’Autorità dovrà, invece, fornire prova concreta dell’intento anticoncorrenziale perseguito e della sua concreta attuazione. Pertanto, il giudice amministrativo provvede ad invertire l’onere probatorio in presenza di RTI tra imprese che autonomamente avrebbero potuto partecipare ad una gara, obbligando l’Autorità a motivare presupposti e conseguenze di tale scelta imprenditoriale (cfr. Sentenza Tar Lazio 7 maggio 2013 n. 4478/2013).