Nelle vicende in esame, il Tribunale di Parma, analizzando un contratto di acquisto di diamanti, ha escluso l’applicabilità della disciplina di settore dettata dal Testo Unico della Finanza, stante la non riconducibilità di tali operazioni alla definizione di “strumenti finanziari” né a quella di “prodotti finanziari”.
Per quanto riguarda i primi, l’articolo 1, comma 2, TUF fornisce un elenco tassativo di “strumenti finanziari”, tra cui non è ricompresa la vendita di diamanti.
Per quanto riguarda il secondo, l’articolo 1, comma 1, lett. u), TUF definisce prodotti finanziari “gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria…”.
Nell’escludere la natura finanziaria della vendita di diamanti, il Tribunale richiama, da un lato, la giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo cui per altra forma di investimento di natura finanziaria di cui al citato articolo 1 si deve intendere “ogni conferimento di una somma di denaro da parte del risparmiatore con un’aspettativa di profitto o remunerazione, vale a dire di attesa di utilità a fronte delle disponibilità investite nell’intervallo determinato da un orizzonte temporale, e con un rischio” (Cass. Civ. n. 2736/2013).
Dall’altro, l’orientamento della Consob (n. 13038246 del 6 maggio 2013) secondo cui “per ogni altra forma di investimento di natura finanziaria debbono intendersi le proposte di investimento che implichino la compresenza dei tre seguenti elementi: (i) impiego di capitale, (ii) aspettativa di rendimento di natura finanziaria e: (iii) assunzione di un rischio direttamente connesso e correlato all’impiego di capitale”.
L’acquisto di diamanti non rientrerebbe tra i prodotti finanziari, determinando piuttosto il trasferimento di un pieno diritto di proprietà della res materiale in capo all’acquirente, il quale ha il pieno diritto di godere e disporre del bene, con la facoltà di alienarlo o utilizzarlo altrimenti.