Nel giudizio in cui l’investitore lamenti un danno causato dalla violazione dei doveri d’informazione e di corretta esecuzione delle operazioni posti a carico dei prestatori di servizi d’investimento, l’onere della prova in capo all’intermediario riguarda solo l’aver rispettato i dettami di legge e l’aver agito con la specifica diligenza richiesta dall’art. 23, co. 6, T.U.F.
La Suprema Corte conferma il precedente orientamento di legittimità (cfr. Cass. 19 gennaio 2016, n. 810; Cass. 6 marzo 2015, n. 4620; Cass. 29 ottobre 2010, n. 22147; Cass.17 febbraio 2009, n. 3773), stabilendo che nel giudizio di risarcimento del danno derivante da responsabilità contrattuale, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni d’investimento o disinventimento, l’investitore è gravato dall’onere di allegare l’inadempimento dell’intermediario alle obbligazioni di cui all’art. 21 T.U.F. come integrato dalla normativa secondaria, di provare il danno e che il pregiudizio sia conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento stesso.
Nel caso di specie, la banca ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte territoriale che l’aveva condannata al risarcimento del danno subito dal cliente che aveva acquistato dei titoli del debito pubblico argentino, lamentando che il risarcimento è dovuto solo con riguardo ai pregiudizi che siano conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento. La Corte territoriale aveva, infatti, ipotizzato erroneamente un automatismo tra inadempimento dell’intermediario e obbligo di risarcire il danno a prescindere dalla sussistenza del nesso eziologico.