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Giurisprudenza

Violazione dell’obbligo di OPA e diritto al risarcimento del danno per gli azionisti

23 Giugno 2016

Avv. Vittorio Mirra, Dottorando di ricerca in Diritto ed Impresa, LUISS Guido Carli, Roma, Cultore della materia in Diritto dei mercati finanziari, LUISS Guido Carli, Roma

Cassazione Civile, Sez. I, 4 aprile 2016, n. 6504

Di cosa si parla in questo articolo
OPA

Il presente contributo è frutto esclusivo delle opinioni personali dell’autore, che non impegnano in nessun modo l’Istituto di appartenenza.

 

La responsabilità per inadempimento dell’obbligo di promuovere l’offerta pubblica d’acquisto è da ricondurre non già al generale principio del neminem laedere, bensì nell’alveo della responsabilità da contratto intesa in senso ampio perché essa deriva dalla violazione di un obbligo preesistente, che la legge fa scaturire da un comportamento volontario (l’acquisto di azioni di società quotata che porta a detenere una partecipazione superiore alla soglia prevista dalle legge) con cui taluno entra in contatto con una cerchia ben definita di soggetti (gli azionisti di minoranza) nell’interesse specifico dei quali la prestazione rimasta inadempiuta (consistente nel promuovere l’offerta) era dovuta.

Qualora sia inadempiuto l’obbligo di offerta pubblica di acquisto totalitaria, ai sensi dell’art. 106 del d.lgs. n. 58 del 1998, gravante – come obbligo a contrarre – a carico dell’acquirente del pacchetto azionario che superi la soglia del 30 per cento, compete agli azionisti, cui l’offerta avrebbe dovuto essere rivolta, il diritto soggettivo al risarcimento del danno patrimoniale a titolo contrattuale.

Con la sentenza n. 6504, pubblicata il 4 aprile 2016, la prima sezione civile della Corte di Cassazione conferma le precedenti impostazione della Suprema Corte secondo cui “in caso di violazione dell’obbligo di offerta pubblica di acquisto della totalità delle azioni di una società quotata in un mercato regolamentato da parte di chi, in conseguenza di acquisti azionari, sia venuto a detenere una partecipazione superiore al 30 per cento del capitale sociale, compete agli azionisti, cui l’offerta avrebbe dovuto essere rivolta, il diritto di ottenere il risarcimento del danno patrimoniale da essi sofferto ove dimostrino di aver perso una possibilità di guadagno a causa della mancata promozione di detta offerta” (cfr ex multis Cass. n. 20560 del 13.10.2015).

Nella sentenza in commento, si afferma che la proposizione dell’offerta pubblica d’acquisto non configura un mero onere per l’acquirente del pacchetto azionario che superi la soglia del 30%, ma integra invece un vero e proprio obbligo.

L’inadempimento di tale obbligo di promuovere un’offerta pubblica di acquisto è idoneo a determinare la responsabilità dell’inadempiente nei confronti di coloro cui l’inadempimento abbia recato danno.

La responsabilità deve essere considerata di natura contrattuale: va quindi ribadita la giurisprudenza di legittimità laddove afferma che è la stessa violazione dell’obbligo di offerta pubblica a ledere un diritto soggettivo degli azionisti di minoranza. Ad essi è infatti negata la possibilità di exit e nello stesso tempo di beneficiare del prezzo cui sarebbe vincolato il soggetto tenuto all’offerta pubblica di acquisto.

Alla lesione di questo diritto consegue il diritto al risarcimento del danno consistito nella vanificazione della posizione di vantaggio riconosciuta dall’ordinamento e non più realizzabile per fatto del soggetto che era tenuto a lanciare l’offerta pubblica di acquisto ma non vi ha provveduto. Graverà sul soggetto danneggiato l’onere di provare gli elementi in base ai quali possa riconoscersi all’opzione di acquisto un valore economico effettivo, in relazione ai diversi fattori che possono aver influenzato l’andamento della quotazione di borsa delle azioni di cui si discute nel periodo considerato, tenendo conto dei criteri di determinazione del prezzo dell’offerta pubblica obbligatoria che avrebbe dovuto essere promossa.

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