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Attualità

Whistleblowing: diritti e doveri ormai per tutti (o quasi)

5 Aprile 2023

Fabrizio Morelli, Partner, Responsabile del Dipartimento di Diritto del Lavoro, DLA Piper

Davide Maria Testa, Avvocato, DLA Piper

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza le novità del recepimento della Direttiva UE 2019/1937 (Direttiva whistleblowing) attuato con d.lgs. n. 24/2023 recante disposizioni delle disposizioni in materia di segnalazione di violazioni/illeciti emerse nel contesto della struttura aziendale (whistleblowing).


Whistleblowing: significato ed obiettivi

Con il termine whistleblowing si intende la segnalazione di violazioni, sorte nel contesto di un’organizzazione pubblica o privata, di norme di diritto nazionale o unionale lesive dell’interesse  pubblico o dell’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, da parte di persone (whistleblowers) che ne abbiano avuto conoscenza in ragione del proprio rapporto lavorativo o professionale.

Attraverso il whistleblowing i sistemi di contrasto nazionali e dell’Unione ricevono informazioni che portano all’indagine, all’accertamento e al perseguimento dei casi di violazione delle suddette norme, rafforzando in tal modo i principi di trasparenza e responsabilità.

Al termine di un (troppo) lungo iter volto al recepimento della Direttiva UE 2019/1937 (Direttiva whistleblowing, che vedeva l’originario termine obbligatorio per il recepimento di tale Direttiva a carico di tutti i Paesi europei già nel dicembre 2021 – termine non rispettato), è stato finalmente pubblicato il d.lgs. n. 24/2023 (G.U. n. 63 – 15 marzo 2023) finalizzato a disciplinare nel nostro ordinamento le disposizioni di fonte europea (la suddetta Direttiva whistleblowing) in materia di istituzione di appositi canali (aziendali) di segnalazione di violazioni/illeciti (c.d. whistleblowing) e relative misure di protezione del segnalante (c.d. whistleblower).

Come forse noto, il whistleblowing non è proprio di nuova introduzione nell’ordinamento italiano: infatti, v’era già una precedente disciplina applicabile nel settore pubblico e, solo a particolari condizioni, nel settore privato.

Trattasi della Legge n. 179 del 2017 la quale, sempre in attuazione di normativa comunitaria è stata emanata col principale scopo di contrastare i fenomeni corruttivi, concentrandosi, in particolare, sulla rafforzata tutela da offrire al segnalante nel tentativo di arginare il più possibile l’esposizione al rischio di eventuali ritorsioni da parte del datore di lavoro o altri.

Tale Legge distingueva due ambiti di tutela: il primo decisamente più ampio ed articolato per il settore pubblico (riforma art. 54-bis, d. lgs. n. 165/2001) e il secondo, per il settore privato, applicabile esclusivamente da imprese adottanti il cosiddetto modello 231 (di cui al d.lgs. n. 231/2001) in materia di responsabilità delle persone giuridiche per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato prevista dal citato decreto legislativo.

Stante quanto sopra, il recentissimo d.lgs. n. 24/2023 (che, d’ora in poi, per semplificare, chiameremo soltanto “Decreto”) ha notevolmente esteso il perimetro di riferimento per l’applicazione della disciplina in materia di whistleblowing nel settore privato ed entrerà in vigore a partire dal 15 luglio 2023. Ma procediamo con ordine.

Anzitutto, il Decreto “disciplina la protezione delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato”.

Nel tentativo di comprendere meglio l’ambito oggettivo di applicazione del Decreto, proviamo a circoscrivere il suddetto ambito di tutela, evidenziando il significato dei concetti di violazione e di segnalazione su cui l’intera struttura normativa si fonda:

  • Violazione:comportamenti, atti od omissioni che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato e che consistono in illeciti amministrativi, contabili, civili o penalicondotte illecite rilevanti ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, … illeciti che rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione europea o nazionali indicati nell’allegato al presente decreto ovvero degli atti nazionali che costituiscono attuazione degli atti dell’Unione europea indicati nell’allegato alla direttiva (UE) 2019/1937, seppur non indicati nell’allegato al presente decreto, relativi ai seguenti settori: appalti pubblici; servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; sicurezza e conformità dei prodotti; sicurezza dei trasporti; tutela dell’ambiente; radioprotezione e sicurezza nucleare; sicurezza degli alimenti e dei mangimi e salute e benessere degli animali; salute pubblica; protezione dei consumatori; tutela della vita privata e protezione dei dati personali e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi … etc.”.
  • Segnalazione:la comunicazione, scritta o orale, di informazioni sulle violazioni” di cui la persona sia a conoscenza. La segnalazione può essere poi sia “interna” (ossia, la comunicazione, scritta od orale, delle informazioni sulle violazioni, presentata tramite il canale di segnalazione interna di cui all’articolo 4 del Decreto) e/o “esterna” (ossia, la comunicazione, scritta od orale, delle informazioni sulle violazioni, presentata tramite il canale di segnalazione esterna di cui all’articolo 7 del Decreto).
  • Informazioni sulle violazioni: “informazioni, compresi i fondati sospetti, riguardanti violazioni commesse o che, sulla base di elementi concreti, potrebbero essere commesse nell’organizzazione con cui la persona segnalante o colui che sporge denuncia all’autorità giudiziaria o contabile intrattiene un rapporto giuridico ai sensi dell’articolo 3, comma 1 o 2, nonché gli elementi riguardanti condotte volte ad occultare tali violazioni”.

Chiarito l’ambito di applicazione oggettiva, rammentiamo che il Decreto si applica – seppur con diversi approcci in termini di regolamentazione delle varie segnalazioni, sia al settore pubblico sia al settore privato.

Le novità del Whistleblowing nel settore privato

Concentrandoci su quest’ultimo (settore privato), assistiamo a una netta virata del Legislatore (comunitario e nazionale) risultando svanito l’impianto di limitata applicazione di cui alla (precedente) L. n. 179/2017 ove, seppur con varie distinzioni operative che alimentano difficoltà interpretative, è stata significativamente ampliata la platea dei soggetti obbligati.

In poche parole, ciò che caratterizza la ventata innovativa del Decreto è che la disciplina del whistleblowing (e la conseguente tutela dei whistleblower) è stata resa obbligatoria su larga scala anche nel settore privato.

Ebbene, con riferimento ai soggetti obbligati del settore privato, il Decreto stabilisce che la nuova disciplina dovrà essere applicata dalle imprese private che:

  • hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno 50 lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;
  • rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione Europea di cui alle parti I.B e II dell’Allegato al Decreto (i.e. “servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo” – in ogni caso, si rimanda ai suddetti per la definizione del campo di applicazione), anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la suddetta media di lavoratori subordinati; oppure
  • hanno adottato Modelli 231 e che hanno nominato un Organismo di Vigilanza (ODV).

Alla luce di quanto sopra, come dovranno agire le imprese?

È lo stesso Decreto a tracciare le prime linee guida entro cui muoversi ai fini della compliance con la nuova disciplina, specificando nel dettaglio i requisiti per la predisposizione e la gestione del canale interno di segnalazione e prevedendo anche un coinvolgimento delle rappresentanze o le organizzazioni sindacali.

Precisamente, l’art. 4 prevede chei soggetti del settore pubblico e i soggetti del settore privato, sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali di cui all’articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015, attivano, ai sensi del presente articolo, propri canali di segnalazione, che garantiscano, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione. I modelli di organizzazione e di gestione, di cui all’articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 231 del 2001, prevedono i canali di segnalazione interna di cui al presente decreto”.

La medesima norma precisa che la gestione del canale di segnalazione dovrà essere affidato a una persona o a un ufficio interno autonomo dedicato e con personale specificamente formato per la gestione del canale di segnalazione, ovvero a un soggetto esterno, anch’esso autonomo e con personale specificamente formato.

Sulle segnalazioni, la normativa sembra essere ispirata a un principio di ampia libertà di forme, concentrandosi maggiormente sull’obiettivo finale – e cioè che venga assicurata l’effettiva possibilità di rendere tali segnalazioni.

Infatti, vengono ammesse segnalazioni sia in forma scritta (anche con modalità informatiche), sia in forma orale. Si precisa però che “le segnalazioni interne in forma orale sono effettuate attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale ovvero, su richiesta della persona segnalante, mediante un incontro diretto fissato entro un termine ragionevole”.

Nella gestione del canale di segnalazione interna, le imprese devono assicurare alcune linee procedurali.

Anzitutto, sarà necessario rendere disponibili tutte le informazioni sul canale, sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni interne – tali  informazioni dovranno essere esposte in luoghi accessibili a tutti (i.e. intranet aziendale). Questa dovrà considerarsi un’attività preliminare prodromica e illustrativa di come funzionerà il sistema di segnalazioni.

Una volta istituito il sistema di segnalazione, sarà importante che l’impresa assicuri di:

  • rilasciare alla persona segnalante un avviso di ricevimento della segnalazione entro 7 giorni (dalla data di ricezione);
  • mantenere le interlocuzioni con la persona segnalante (con facoltà di richiedere integrazioni);
  • fornire riscontro alla segnalazione entro 3 mesi dalla data dell’avviso di ricevimento;

Stante quanto sopra, elemento di grande novità è rappresentato altresì dal fatto che, oltre ai canonici canali di segnalazioni interni alle aziende, è stato aggiunto un canale di segnalazione “esterna” che verrà gestito dall’ANAC (cui potranno rivolgersi, appunto, segnalazioni esterne).

Trattasi, da quanto risulta, di una forma di comunicazione indipendente ed autonoma, attivabile sub alcune condizioni specificate dal medesimo Decreto (artt. 6 ss.) ad ulteriore garanzia dell’efficacia della disciplina e di tutela del whistleblower.

In ogni caso, indipendentemente dal canale utilizzato, come già anticipato, l’obiettivo principale dell’intera normativa sembra orientato alla promozione di un sistema di segnalazioni quanto più efficace possibile.

Ed infatti, ad ulteriore conferma di ciò, dal Decreto emergono diverse norme volte a tutelare la persona del segnalante: si assiste a un generale principio di protezione di tale figura con particolari focus in tema di tutela della riservatezza e, soprattutto, divieto di ritorsioni (a tal ultimo proposito, si segnala che il Decreto ha apportato modifiche, in tema di licenziamento, all’art. 4, L. n. 604/1966, estendento l’ipotesi di nullità dello stesso ai sensi della predetta norma anche ai casi in cui il licenziamento sia determinato e/o conseguente “all’esercizio di un diritto ovvero alla segnalazione, alla denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o alla divulgazione pubblica effettuate ai sensi del decreto legislativo attuativo della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019”).

Dunque, da un punto di vista pratico, le aziende dovranno:

  • definire la gestione del processo di segnalazione, individuando organi deputati a ciò e specificandone le peculiarità – anche operative – del processo medesimo in conformità a tutti i principi normativi riportati finora;
  • provvedere alla formazione del personale in materia di whistleblowing;
  • istituire misure tecniche e organizzative che garantiscano la riservatezza dell’intero processo di segnalazione (dalle persone coinvolte al contenuto della segnalazione stessa).

Il tutto, si immagina, passi dalla predisposizione di documentazione aziendale interna (ad esempio, policy) la quale rechi tutte le informazioni necessarie sulle procedure di whistleblowing, che consentano di gestire, in modo conforme, tutte le segnalazioni pervenute in qualsiasi modalità consentita, con la massima trasparenza di tutto processo.

Termini per adempiere a carico delle aziende

Il Decreto entrerà in vigore a decorrere dal 15 luglio 2023.

Tuttavia, l’operatività degli obblighi del Decreto in commento avrà effetto a decorrere dal 17 dicembre 2023 per le imprese del settore privato che abbiano impiegato, nell’ultimo anno, una media fino a 249 lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato.

Sanzioni

L’art. 21 del Decreto prevede che, fermi restando gli altri profili di responsabilità, l’ANAC possa applicare sanzioni amministrative pecuniarie da Euro 10.000 fino a Euro 50.000, nei casi in cui accerti che:

  • sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza;
  • non sono stati istituiti canali di segnalazione e non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni ovvero che l’adozione di tali procedure non è conforme ai citati principi o, ancora, non è stata svolta l’attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute.
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