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Editoriali

Verso MiFID III: tra incentivi al mercato e tutele per gli investitori

23 Marzo 2020

Emanuele Maria Carluccio

Professore ordinario di economia degli intermediari finanziari, Università di Verona; Chairman dell’European Financial Planning Association

Di cosa si parla in questo articolo

La Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica sulla revisione dell’impianto regolamentare della MiFID II e della MiFIR e il fatto stesso che la I Sezione del questionario contenga domande di carattere generale sul funzionamento, nel suo complesso, dell’attuale disciplina dimostra chiaramente come sia intenzione della Commissione raccogliere le opinioni dei vari stakeholders sull’esperienza maturata nei primi due anni di adozione del nuovo assetto normativo-regolamentare. Se si tiene presente, poi, che nella II Sezione la Commissione si sbilancia ad indicare (nella Parte I) quelle che, a suo avviso, sono le questioni di carattere prioritario rispetto a quelle meno rilevanti (riportate nella successiva Parte II), dovrebbe risultare evidente il fatto che le regole in tema di protezione degli investitori vengano giudicate come assolutamente meritevoli di un ponderato processo di rivisitazione. Più precisamente la Commissione pone ai diversi stakeholders una serie di quesiti, tra i quali, in particolare:

  1. quali possano/debbano essere le modifiche da apportare al fine di assicurare un accesso più agevole ai prodotti di investimento semplici da parte della clientela retail;
  2. quali possano/debbano essere le misure da adottare al fine di assicurare che gli investitori retail ricevano una protezione adeguata nel momento in cui acquistano prodotti complessi;
  3. se i documenti informativi ricevuti dai clienti professionali e dalle controparti qualificate non costituiscano un mero onere amministrativo;
  4. se possa risultare opportuno prevedere la creazione di una nuova categoria di clienti “semi-professionali” da assoggettare ad un regime più attenuato e, in caso di risposta affermativa, quali siano i criteri da utilizzare per definire un cliente “semi-professionale” e quali siano le regole di protezione degli investitori da mitigare;
  5. se e come i requisiti del prodotto, previsti dall’attuale assetto di product governance, nei fatti impediscano alla clientela al dettaglio di accedere a prodotti che, invece, potrebbero essere adatti al loro profilo e appropriati per le loro esigenze;
  6. se le vigenti norme in materia di incentivi abbiano davvero contribuito a garantire che l’intermediario finanziario agisca nel miglior interesse del cliente o se non sia il caso di tornare nuovamente ad approfondire l’ipotesi un divieto assoluto di incentivi per favorire il solo servizio di consulenza resa su base indipendente;
  7. se, in materia di conoscenze e competenze del personale addetto al servizio di consulenza in materia di investimenti, non sia opportuno introdurre un requisito di certificazione, valido a livello europeo, e che richieda il superamento di una prova d’ esame.

Il fatto stesso che sia la stessa Commissione europea a chiedere a coloro che parteciperanno alla consultazione pubblica di provare a trovare “il giusto equilibrio tra l’esigenza di incentivare la partecipazione ai mercati, da un lato, e la garanzia che gli interessi degli investitori siano tutelati in tutte le fasi che caratterizzano il loro processo di investimento, dall’altro”, evidenzia che non si tratta certo di un esercizio semplice dal momento che questo delicato equilibrio va individuato ragionando su tre diverse dimensioni:

  • il target di clientela al quale ci si rivolge;
  • la tipologia di prodotto oggetto del processo di investimento;
  • il servizio di consulenza e/o di distribuzione utilizzato.

A parere di chi scrive, è impossibile non riconoscere che l’attuale quadro normativo non si adatti particolarmente alla clientela professionale o semi-professionale, dal momento che tutto il framework regolamentare appare disegnato prevalentemente, se non esclusivamente, pensando alla tutela della clientela al dettaglio; da questo punto di vista, quindi, va sostenuta l’idea di provare ad incoraggiare maggiormente l’accesso al mercato dei capitali da parte dei soggetti con elevati patrimoni e/o con una maggiore conoscenza dei meccanismi di mercato. Allo stesso tempo, non si può non suggerire, per la clientela retail, l’avvio di un processo di rivisitazione/semplificazione delle norme sulla product governance in relazione sia alla tipologia dei prodotti (semplici versus complessi), sia al tipo di servizio prestato (consulenza su singoli prodotti versus consulenza evoluta di portafoglio); nel caso di prodotti semplici – come gli UCITS, ad esempio – si potrebbe suggerire l’eliminazione del target market negativo nel caso in cui questi prodotti vengano proposti nell’ambito di un servizio di consulenza a livello aggregato di portafoglio.

Nel caso, invece, dei prodotti complessi (e, più in particolare, dei prodotti illiquidi) oggi meritevoli di assoluta attenzione, alla luce delle forti pressioni commerciali da parte dell’offerta, vanno valutati con assoluta attenzione i criteri sulla base dei quali identificare le persone fisiche che potrebbero essere fatte rientrare nella categoria dei clienti professionali.

Un aspetto più di carattere strategico è, poi, quello relativo agli incentivi: se da un lato è difficile non riconoscere che il passaggio alla consulenza resa su base indipendente (da qualsiasi struttura di consulenza venga offerta) aiuterebbe a risolvere definitivamente il conflitto di interessi insito nella consulenza con collocamento remunerata con le retrocessioni, dall’altro lato non si può non riconoscere che larga parte del sistema bancario non si possa permettere ancora oggi il lusso di rinunciare alla stabilità del contributo offerto dagli inducements al loro conto economico.

Da ultimo mi sia consentito di sottolineare con grande apprezzamento il fatto che la Commissione europea abbia deciso di richiamare l’attenzione degli operatori del mercato sulla necessità di riflettere seriamente sulle competenze tecniche di coloro che gestiscono la delicata relazione con la clientela. Le precedenti linee guida dell’Esma in materia di conoscenze e competenze o sono rimaste lettera morta o sono state recepite dalle autorità competenti a livello nazionale in maniera parziale e, comunque, poco incisiva.

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