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Giurisprudenza

Servizi di investimento: gli obblighi informativi si esauriscono con l’esecuzione dell’ordine

7 Giugno 2021

Paola Dassisti

Cassazione Civile, Sez. I, 22 febbraio 2021, n. 4708 – Pres. De Chiara, Rel. Fabella

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La Suprema Corte nella sentenza in esame, in materia di obblighi informativi di cui all’art. 21 d.lgs. n. 58/1998 e art. 28 reg. Consob n. 11522/1998, afferma che nel caso di ordine di acquisto, il rapporto si esaurisce istantaneamente con l’esecuzione dell’ordine e l’immissione dello strumento finanziario nella disponibilità del cliente e che nessuna norma pone un obbligo legale dell’intermediario avente ad oggetto il monitoraggio di eventuali di scostamenti, rispetto al livello di rischio iniziale subìto, nel tempo, dagli investimenti eseguiti per il tramite della banca.

Secondo la giurisprudenza precedente della medesima Corte, cui si intende dare continuità, gli obblighi informativi gravanti sull’intermediario ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 58 del 1998 sono finalizzati a consentire al cliente di effettuare investimenti pienamente consapevoli, sicché tali obblighi, al di fuori dei contratti di gestione e di consulenza, devono essere adempiuti in vista dell’operazione da compiere e si esauriscono con essa (Cass. 27 agosto 2020, n. 17949; in tema cfr. pure: Cass. 2 luglio 2017, n. 16318, secondo cui deve escludersi che l’intermediario nella compravendita di valori mobiliari, quando abbia stipulato con il cliente solo un contratto di deposito titoli in custodia ed amministrazione, abbia un obbligo di informazione, proprio del contratto di gestione del portafoglio, relativo all’aggravamento del rischio dell’investimento già effettuato; Cass. 22 febbraio 2017, n. 4602, secondo cui il conferimento di un mero ordine di acquisito di titoli non obbliga la banca a fornire al cliente informazioni successive alla concreta erogazione del servizio).

In merito ai profili processualistici, la Corte rileva che l’impugnazione incidentale tardiva è da reputarsi ammissibile anche se riguarda un capo della decisione diverso da quello oggetto del gravame principale, o se investe lo stesso capo per motivi diversi da quelli già fatti valere, dovendosi consentire alla parte che avrebbe di per sé accettato la decisione di contrastare l’iniziativa della controparte, volta a rimettere in discussione l’assetto di interessi derivante dalla pronuncia impugnata, in coerenza con il principio della parità delle armi tra le parti ed al fine di evitare una proliferazione dei processi di impugnazione (Cass. 7 luglio 2020, n. 14094).

 

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