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Giurisprudenza

Acquisti intracomunitari: detrazione IVA in caso di violazioni formali

6 Maggio 2021

Giulia Bertazzoni e Daniele Ascoli

Cassazione Civile, Sez. V, 19 gennaio 2021, n. 733 – Pres. Sorrentino, Rel. Nicastro

Di cosa si parla in questo articolo

In caso di acquisti intracomunitari di beni imponibili, cui consegue l’applicazione del meccanismo del c.d. reverse charge, il principio della neutralità dell’IVA assicura la detrazione dell’imposta a monte, nonostante l’inadempimento di alcuni obblighi formali, se vengono soddisfatti gli obblighi sostanziali, di cui le violazioni formali non impediscano la prova certa.

Il principio espresso dalla sentenza qui in oggetto appare coerente con altre recenti pronunce della Corte in materia (Cfr.Cass. n. 7576/2015; Cass. n. 7871/2015; Cass. n. 7872/2015; Cass. n. 16367/2020).

Nel caso in esame, il contribuente impugnava in primo grado un avviso di accertamento relativo al periodo d’imposta 2005, con cui l’Agenzia delle Entrate contestava, inter alias, la mancata integrazione con indicazione dell’IVA di alcune fatture relative ad acquisti intracomunitari, come previsto dall’articolo 46, comma 1, del d.l. 30 agosto 1993 n. 331, e la mancata annotazione delle stesse anche nel registro delle vendite (art. 23, d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633) , oltre al registro degli acquisti (art. 25 d.P.R. 633/1972), debitamente invece compilato.

La società contribuente, soccombente in primo grado, proponeva allora appello in commissione regionale, la quale annullava il rilievo qui di interesse, ritenendo l’omessa annotazione sul registro delle vendite IVA delle suddette fatture un mero errore formale senza alcuna evasione d’imposta, dal momento che le fatture erano state registrate come importazione senza detrazione dell’IVA e, al momento della vendita al cliente, era stata applicata e versata l’IVA nella misura normativamente prevista.

Avverso tale sentenza, seguiva, da parte dell’Agenzia delle entrate, ricorso per cassazione, dove la ricorrente lamentava la violazione dell’articolo 47 del d.l. 331/1993 e dell’articolo 1 del d.P.R. 633/1972.

La commissione regionale, infatti, non avrebbe considerato, secondo l’Amministrazione finanziaria, che la contribuente aveva applicato solo l’IVA direttamente al cliente finale; in relazione invece agli acquisti, pur non avendo esercitato il diritto alla detrazione, dove considerarsi comunque debitrice dell’imposta dovuta all’importazione ex articolo 1 del d.P.R. 633/1972.

La Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso dell’Ufficio, rammentando anzitutto come la disciplina delle operazioni intracomunitarie di acquisto, disciplinata dal menzionato d.l. 331/1993, preveda che l’acquirente debba numerare la fattura, integrarla, tra l’altro, con l’imposta dovuta ed annotarla nel registro delle fatture emesse; successivamente, deve annotarla altresì nel registro degli acquisti ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione.

Mediante la suddetta dinamica, dunque, il debito di imposta risulta annullato dalla corrispettiva detrazione, salve fattispecie di indetraibilità; non si registra quindi alcun versamento effettivo a favore dell’Amministrazione finanziaria.

Come rimarcato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con le cause riunite C-95/07 E C96/07, Ecotrade S.p.A., l’omissione di alcuni obblighi formali (come la mancata indicazione dell’imposta sulle fatture relative alle operazioni intracomunitarie e la loro mancata annotazione sul registro delle vendite oltreché sul registro degli acquisti) non preclude il diritto alla detrazione, purché sia dimostrata la sussistenza dei requisiti sostanziali di tale diritto, ovvero che gli acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo IVA e che i beni siano finalizzati a proprie operazioni imponibili.

Nel caso di specie, le fatture relative agli acquisti intracomunitari in questione non erano state integrate con l’indicazione dell’IVA ed inoltre erano state annotate nel registro degli acquisti e non anche nel registro delle vendite.

La commissione regionale aveva inoltre accertato che tali fatture erano state annotate quali importazioni nel registro degli acquisti senza alcuna detrazione dell’imposta.

Tuttavia, la Corte ha ritenuto soddisfatti gli obblighi sostanziali poiché gli acquisti sono stati fatti da un soggetto passivo IVA ed i beni acquistati erano finalizzati a proprie operazioni imponibili.

In conclusione, quindi, la Corte, per quanto di interesse, ha respinto il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, ritenendo che nonostante l’inadempimento di alcuni obblighi formali, non sia stato arrecato alcun danno all’erario giacché la conseguenza dell’assenza di un’imposta IVA sia a debito che a credito, da un punto di vista impositivo, è la medesima che si sarebbe realizzata se fosse stata applicata la neutralizzazione dell’IVA tramite il meccanismo di inversione contabile.

 

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