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Giurisprudenza

Tassabile l’utilizzo della riserva di rivalutazione a compensazione di prelevamenti

27 Luglio 2021

Valentina Emanuele

Cassazione Civile, Sez. V, 11 febbraio 2021, n. 3440 – Pres. Bisogni, Rel. Triscari

“Ove si accerti che, in sostanza, la riduzione della riserva da rivalutazione mediante la compensazione con le risultanze del conto “titolare c/prelevamenti” ha determinato il venire meno, mediante una operazione contabile, di importi ai quali, presuntivamente, deve attribuirsi la qualifica di redditi della ditta, salvo prova contraria, la vicenda va ricondotta nell’ambito di una non consentita utilizzazione della riserva di rivalutazione, in quanto, di fatto correlata ad una distribuzione di utili di cui, ai fini reddituali, occorre necessariamente tenere conto nella determinazione dell’imponibile della ditta”.

Nell’ambito del contenzioso avente ad oggetto la legittimità di un provvedimento di accertamento con il quale l’Amministrazione finanziaria, per l’anno di imposta 2004, aveva, mediante indagini bancarie e relativo impianto presuntivo, ricostruito i maggiori ricavi di un contribuente in ragione di movimenti di conto concorrente non giustificati, quest’ultimo proponeva ricorso per la cassazione della sentenza di appello parzialmente a lui contraria.

Per quanto di interesse, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso incidentale avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la parte in cui era risultata soccombente, avendo la CTR, ritenuto illegittima la ripresa a tassazione, della quota del fondo di “riserva di rivalutazione”.

Nello specifico, i giudici di merito avevano ritenuto che la movimentazione contabile avesse ad oggetto meri valori numerari che, non riflettendosi sul conto economico, non erano idonei a determinare un reddito di impresa.

Tale riserva, infatti, creata dal contribuente a seguito della rivalutazione volontaria di un immobile detenuto in leasing e poi riscattato, era stata utilizzata in contropartita del conto “titolare c/prelevamenti” nel quale erano stati registrati i prelevamenti dai fondi aziendali effettuati dal titolare della ditta per esigenze personali.

In particolare, con il motivo di ricorso incidentale, l’Agenzia della Entrate denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 2423 e 2426 del codice civile da parte del giudice di appello, per avere ritenuto illegittima la pretesa relativa all’utilizzo della quota del fondo di riserva da rivalutazione.

A giudizio dell’Amministrazione finanziaria, infatti, il (parziale) ripianamento del conto titolare c/prelevamenti”, mediante utilizzo della riserva, aveva generato effetti sul piano fiscale, in quanto i prelevamenti effettuati dal titolare dalla cassa sociale costituirebbero anticipazioni su utili.

A parere della Suprema Corte di Cassazione il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate è da ritenersi fondato.

La Corte ricorda che, in linea generale, la riserva da rivalutazione costituisce una posta del patrimonio netto creata quale contropartita contabile dell’incremento di valore iscritto sui beni oggetto di rivalutazione; in quanto tale, non incide sul conto economico come componente positiva di reddito.

Infatti, il maggior valore dell’immobile iscritto in riserva, non essendo stato oggetto di un evento realizzativo, costituisce una mera posta ideale di patrimonio non caratterizzata, al momento dell’iscrizione, dalla possibilità di effettiva monetizzazione.

In ragione di quanto sopra, i giudici di legittimità hanno ritenuto indebito l’utilizzo di una posta contabile ideale di patrimonio netto per compensare un credito della ditta vantato nei confronti di terzi, in questo caso del titolare, che aveva compiuto prelevamenti dai fondi aziendali a titolo personale.

Infatti, tali giacenze nei conti correnti possono essere presuntivamente considerate quali ricavi della ditta: nell’ambito dell’accertamento ai fini delle imposte sui redditi, l’art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 disciplina una presunzione legale in forza della quale, salvo prova contraria, sia i prelevamenti che i versamenti effettuati sui conti correnti bancari devono essere considerati come ricavo riconducibile all’attività professionale o imprenditoriale del contribuente.

Conseguentemente, l’operazione contabile di compensazione effettuata dal contribuente tra il valore iscritto nella riserva di rivalutazione e il conto titolare c/prelevamenti ha determinato, in sostanza, il venire meno di importi ai quali presuntivamente l’Agenzia delle Entrate può attribuire qualifica di redditi della ditta.

Pertanto, gli importi iscritti nel fondo di rivalutazione non sono da considerarsi quali meri valori numerari se utilizzati per compensare i prelevamenti dai conti correnti aziendali effettuati a titolo personale del titolare della ditta.

La ripresa a tassazione di tali importi effettuata dall’Agenzia è, dunque, legittima in quanto questi possono presuntivamente considerarsi componenti positive del reddito di impresa rappresentando, di fatto, una distribuzione di utili di cui, ai fini reddituali, occorre tenere conto nella determinazione dell’imponibile della ditta.

 

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