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Cessione dei crediti sanitari: le nuove regole del Decreto Rilancio. Molto rumore per nulla.

27 Luglio 2020

Avv. Domenico Gaudiello, Partner, Responsabile del Dipartimento di Finanza Pubblica, CMS

Di cosa si parla in questo articolo

La legge n.77 del 17 luglio 2020, che ha convertito il D.L. n. 34/2020 (cd. Decreto Rilancio), ha modificato il Decreto Rilancio, introducendo una norma che riguarda direttamente il mercato delle cessioni dei crediti sanitari.

Si tratta dell’art.117, comma 4 bis, in base al quale la cessione dei crediti commerciali certi liquidi ed esigibili vantati nei confronti degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale, (essenzialmente le Regioni e le Aziende Sanitarie Locali) si perfeziona solo a seguito della espressa accettazione da parte dell’ente debitore.

L’accettazione deve avvenire in maniera espressa entro 45 giorni dalla notifica della cessione. Decorsi 45 giorni dalla notifica della cessione senza che sia avvenuta la espressa accettazione, la cessione è priva di effetti.

Ad una prima lettura, la norma sembra voler ridurre significativamente lo spazio operativo delle cessioni dei crediti sanitari, rimettendo alla decisione del debitore pubblico la sorte della circolazione dei crediti sanitari.

Ad un esame più approfondito la norma si rivolge solo ai crediti che siano certi liquidi ed esigibili.

In altri termini, la cessione dei crediti sanitari che non siano certi liquidi ed esigibili potrà comunque aver luogo, essendo sufficiente la previa notifica della cessione.

Il discorso è diverso per i crediti certi liquidi ed esigibili.

E qui il problema interpretativo si fa più serio.

Partiamo da un punto: quando ricorrono la certezza, liquidità ed esigibilità di un credito?

Di sicuro non si tratta di requisiti che esistono per il solo fatto che a dichiararli sia il titolare del credito.

Anzi, nessun creditore può dirsi titolare di crediti certi liquidi ed esigibili fintantoché l’autorità giudiziaria non abbia confermato tutto ciò con un decreto ingiuntivo (che sia stato dichiarato provvisoriamente esecutivo) o non sia stato opposto dal debitore.

Discorso analogo vale per il caso che il credito sia stato accertato con sentenza che sia passata in giudicato o che sia comunque esecutiva.

Una prima conclusione che allora può trarsi è la seguente: la norma introdotta con l’art. 117, comma 4 bis, prevede che laddove il credito oggetto di cessione rientri tra quelli accertati con decreto ingiuntivo (non opposto o provvisoriamente esecutivo) o tra quelli accertati con sentenza passata in giudicato (o esecutiva), detta cessione si perfezionerà solo dopo la accettazione tempestiva del debitore ceduto.

Per tutti i crediti che non siano stati accertati (o a mezzo di decreto ingiuntivo o a mezzo di sentenza), il regime della cessione resta quello precedente all’introduzione dell’art. 117, comma 4 bis in questione, ovvero nessuna accettazione da parte del debitore ceduto è richiesta ai fini della opponibilità al debitore ceduto del trasferimento del credito.

Se il ragionamento fin qui fatto è fondato (e non vi è motivo per ritenere che non lo sia), si perviene alla conclusione che il legislatore abbia voluto, con questa norma di dettaglio, rendere più complesso il procedimento delle cessioni dei crediti sanitari che siano stati (nelle varie situazioni sopra enucleate) già azionati in giudizio.

A ben vedere non basta fermarsi a questo punto. Occorre sviluppare le ulteriori implicazioni del ragionamento.

In linea generale, le cessioni dei crediti che siano stati già accertati in giudizio, non si riflettono sull’assetto delle parti del giudizio. Anche se il credito in questione è stato ceduto, il soggetto che agisce per l’esecuzione del diritto di credito, accertato in sede giudiziale, resta il cedente.

Il contraddittorio prosegue pertanto tra le parti originarie del contratto da cui origina il credito, ossia il cedente da un lato e il debitore ceduto dall’altro.

Se così è (e normalmente le cose stanno così, salvo l’ipotesi in cui il cedente chieda di essere estromesso dal rito giudiziale instaurato contro il debitore ceduto in virtù dell’interesse del cessionario a subentrarvi per effetto della cessione), non è facile trovare altra ratio, alla base dell’art. 117 comma 4 bis, al di fuori di questa: il legislatore ha voluto rallentare il passaggio di portafogli di crediti litigiosi (rectius che siano stati accertati in giudizio) dagli originari titolari agli operatori finanziari.

Per quale motivo il legislatore ha imposto l’accettazione del debitore ceduto al fine di rallentare il processo di trasferimento?

Verrebbe da dire che lo scopo è solo quello di sfavorire gli operatori di mercato che traggano il loro principale profitto dalla maturazione medio tempore degli interessi di mora sui crediti accertati giudizialmente.

Al di fuori dei crediti accertati giudizialmente esistono altri crediti che possono definirsi certi liquidi ed esigibili? Sono tali anche quelli che l’amministrazione debitrice (Regione o ASL) dichiari certi liquidi ed esigibili attraverso le specifiche procedure di certificazione previste dalla legge. Trattasi tuttavia di ipotesi residuali o comunque concentrate in specifici contesti regionali (laddove le procedure di certificazione siano state implementate con apposite piattaforme). Ed in ogni caso, per i crediti certificati, la cessione, a mente dell’art. 117 comma 4 bis, può avvenire senza accettazione da parte del debitore ceduto.

Detto questo, per i crediti portati da fatture che non siano state oggetto di decreto ingiuntivo (non opposto e/o provvisoriamente esecutivo) o di sentenza definitiva, la cessione potrà aver luogo senza accettazione da parte del debitore ceduto. A nulla potrà valere (al fine di imporre la accettazione ) che il cedente abbia dichiarato al cessionario che i crediti oggetto di cessione siano certi liquidi ed esigibili.

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