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Attualità

Passaporto europeo e real estate: una riflessione a sei anni (e mezzo) dal d.lgs. n. 44/2014

14 Settembre 2020

Avv. Giuseppe Serranò e Dott. Andrea Motta, Real Estate Team, CBA

Di cosa si parla in questo articolo

Dopo circa sei anni dal tardivo recepimento in Italia della direttiva 2011/61/UE (“AIFMD”), è possibile una breve riflessione circa gli effetti del “passaporto europeo” sul mercato italiano dei gestori professionali operanti nel settore immobiliare.[1]

In proposito, si ricorderà che il c.d. “passaporto europeo” è un meccanismo, già sperimentato in altri ambiti del diritto dell’Unione, che impone agli Stati membri di consentire ai GEFIA UE sopra-soglia[2] di commercializzare nel territorio nazionale quote o azioni di qualsiasi FIA UE che gli stessi gestiscono presso gli investitori professionali dello Stato membro d’origine (art. 32 par. 1 AIFMD), direttamente o tramite una succursale (art. 33 par. 1 AIFMD).[3] Tale strumento, che di fatto attribuisce il potere di autorizzazione e controllo anche sull’attività in altri Stati membri al Paese di stabilimento primario del GEFIA,[4] non riguarda, dunque, la commercializzazione nei confronti degli investitori al dettaglio, la quale continua ad essere regolata dalla normativa domestica (art. 43 par. 1 AIFMD).[5]

L’AIFMD prevede, peraltro, in un quadro di complessiva cooperazione tra Unione e Stati terzi,[6] di favorire anche la gestione e/o la commercializzazione nel territorio dell’Unione di quote e azioni di FIA non UE presso investitori professionali con o senza il meccanismo del passaporto (artt. 34-36 AIFMD), così come di promuovere l’attività di GEFIA non UE interessati alla gestione e alla commercializzazione in uno o più degli Stati membri di FIA UE o non UE (artt. 37-42 AIFMD). Secondo la tempistica originariamente ipotizzata dalla Commissione, quest’apertura del mercato europeo avrebbe dovuto essere consentita a seguito della pubblicazione da parte della stessa Commissione di un apposito atto delegato entro tre mesi dal ricevimento di una consulenza e di un parere dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati («AESFEM»/«ESMA»), effettivamente rilasciati il 30 luglio 2015 (art. 67 par. 6 AIFMD).[7]

Sulla base delle informazioni ricevute dalle autorità nazionali e delle risposte fornite dagli stakeholders alla consultazione aperta nel 2014,[8] l’ESMA ha, tuttavia, evidenziato la complessità dell’analisi, suggerendo un approccio Paese per Paese, con priorità per quegli Stati che costituiscono il principale «domicilio» dei GEFIA non UE che operano nell’Unione e dei FIA non UE ivi commercializzati e che tenga conto, tra le altre cose, delle eventuali differenze tra la normativa europea e la normativa estera agli stessi applicabile, del livello di collaborazione offerto dalle competenti autorità estere di vigilanza, ma anche della tutela assicurata dall’ordinamento straniero di riferimento agli investitori e dei rischi concorrenziali e sistemici che l’apertura potrebbe determinare sul mercato europeo. Ad oggi, a seguito di un aggiornamento nel 2016 del proprio documento in materia,[9] l’ESMA ha espresso parere favorevole all’applicazione dell’AIFMD nei confronti di GEFIA e FIA domiciliati in Canada, nelle isole normanne di Jersey e Guernsey, in Giappone, in Svizzera e in Australia e negli Stati Uniti (in questi ultimi due casi il giudizio è condizionato), così come a Hong Kong e Singapore, ma solo in relazione ai FIA regolati dalla legge di tali Paesi (non ai GEFIA), mentre non ha espresso un giudizio definitivo per quanto concerne le Isole Bermuda e Cayman e l’Isola di Man.

Il quadro dipinto dall’ESMA ha indotto la Commissione a non adottare, per il momento, alcuna iniziativa a favore dei Paesi terzi. Conseguentemente, ad oggi l’operatività di GEFIA e FIA non UE resta interamente regolata dalla normativa dei singoli Stati membri.

In mancanza di dati statistici precisi, è difficile valutare le conseguenze dell’entrata in vigore dell’AIFMD sul mercato immobiliare italiano.

Ciò che è certo è che, anche prima della rivoluzione copernicana operata da tale direttiva, l’Italia aveva un mercato caratterizzato da un numero non particolarmente elevato di società di gestione, non di grandi dimensioni, salva qualche limitata eccezione, messo a dura prova dalla crisi economica che, dal 2008, ha comportato la riduzione delle commissioni di gestione, spingendo quasi tutti gli operatori verso la progressiva esternalizzazione di molte attività e verso la ricerca di nuovi prodotti, tenuto anche conto delle problematiche riscontrate negli anni precedenti, non solo seguendo i tradizionali percorsi del real estate, ma anche esplorando le nuove frontiere della sua finanziarizzazione (si pensi ai fondi di turnaround, ai fondi di direct lending, ai fondi di credito e alle Sicaf, nell’ambito della gestione collettiva del risparmio, ma anche alle Reoco e alle società di cartolarizzazione di cui ad esempio all’art. 7.2 della legge n. 130/1999, al di fuori di questa).[10]

Su tale non confortante scenario ha inciso l’introduzione del passaporto europeo, a seguito della quale gli operatori italiani hanno dovuto fare i conti anche con la concorrenza proveniente da altri Paesi UE (quelli più grandi, come Francia, Germania e Regno Unito, così come quelli con sistemi più flessibili e costi amministrativi più ridotti, come Lussemburgo e Malta), senza riuscire parallelamente – almeno questo appare da una prima lettura del fenomeno – a beneficiarne, salve poche eccezioni, per ampliare la propria attività all’estero, recuperando altrove i margini persi sul mercato nazionale.

Gli operatori stranieri, peraltro, non sembrano frenati dalle parziali incertezze che si rilevano dal punto di vista fiscale con riferimento alla loro attività nel territorio italiano: se da un lato, infatti, i soggetti che decidono di aprire in Italia una propria succursale sono evidentemente equiparati ai soggetti residenti, sia ai fini della fiscalità diretta che ai fini di quella indiretta (su tutte l’Iva, materia di estrema rilevanza per i FIA immobiliari), dall’altro particolare attenzione richiede la definizione della struttura di gestione per gli operatori che entrano nel mercato italiano in mero regime di prestazione di servizi; anche se l’Amministrazione finanziaria, sul punto, ha chiarito che l’istituzione di un OICR italiano non implica di per sé la sussistenza di una stabile organizzazione in Italia,[11] risulta in ogni caso fondamentale verificare le modalità concrete di prestazione del servizio al fine di cogliere eventuali aspetti di criticità (anche considerando le peculiarità afferenti la gestione di assets real estate).

La situazione emerge plasticamente da una rapida ricerca tramite il motore «Giava» della Banca d’Italia che, alla data del 17 febbraio 2020 (agli inizi dell’emergenza pandemica), evidenziava la presenza di 307 società di gestione straniere operanti in Italia delle quali 244 in mero regime di prestazione di servizi, 34 solo tramite succursale e 29 autorizzate alla prestazione di servizi e dotate di succursale, a fronte di sole 19 società di gestione del risparmio italiane autorizzate ad operare all’estero (nessuna Sicaf/Sicav), peraltro tutte esclusivamente in regime di prestazione di servizi. Si tratta di dati che, naturalmente, si riferiscono all’intero settore dei gestori di fondi di investimento alternativi, compresi, dunque, i GEFIA di private equity, ma, per quanto si è detto in precedenza circa l’evoluzione della stessa nozione di real estate, è, comunque, una rappresentazione di interesse anche per il settore immobiliare.

Non vi è dubbio che l’ingresso nel mercato italiano di gestori stabiliti nei Paesi terzi oggetto di analisi da parte dell’ESMA metterebbe ancor di più in difficoltà gli operatori nazionali, in mancanza di parallele iniziative a livello europeo o a livello nazionale, in grado di compensare gli effetti sistemici di questo allargamento dei competitors. Bene, dunque, ha fatto la Commissione a prendere più tempo per tutti gli ulteriori approfondimenti del caso, i quali dovranno tenere, conto, peraltro, anche delle proposte di modifica della AIFMD contenute nella lettera trasmessa dall’ESMA in data 18 agosto 2020 al Vicepresidente esecutivo della Commissione, Dombrovskis.[12]

 


[1] Cfr. la direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 giugno 2011 sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010, in Gazz. Uff. Un. eur., L 174 del 1° luglio 2011, successivamente modificata dalle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2013/14/UE del 21 maggio 2013, ivi, L 145 del 31 maggio 2013, 2014/65/UE del 15 maggio 2014, ivi, L 173 del 12 giugno 2014, (UE) n. 2016/2341 del 14 dicembre 2016, ivi, L 354 del 23 dicembre 2016, e (UE) n. 2017/2402 del 12 dicembre 2017, ivi, L 347 del 28 dicembre 2017. Come è noto, la direttiva è stata recepita in Italia tramite il d.lgs. 4 marzo 2014 n. 44 (e relativa normativa di attuazione), in Gazz. Uff., n. 70 del 25 marzo 2014, che ha modificato il TUF, introducendo,per quanto qui interessa, i nuovi artt. 41 («Operatività transfrontaliera delle Sgr»), 41-ter («GEFIA UE») e 41-quater («GEFIA non UE»), quanto ai GEFIA, e 43 («Commercializzazione di FIA riservati») e 44 («Commercializzazione di FIA non riservati»), quanto ai FIA, disposizioni cui, sempre per quanto qui interessa, hanno dato esecuzione gli artt. 28-quater («Commercializzazione in Italia di quote o azioni di FIA del GEFIA UE»), 28-septies («Commercializzazione in Italia di FIA italiani da parte di GEFIA UE»), 28-octies («Commercializzazione in Italia di FIA UE») e 28-novies («Commercializzazione da parte di GEFIA UE in Italia di FIA UE»)del Regolamento Emittenti (n. 11971/1999), reperibile in versione consolidata al sito della Consob. Sul passaporto europeo cfr. Serranò, Mariani, “Passaporto europeo” e normativa fiscale nel d.lgs. n. 44/2014 di recepimento della direttiva AIFM: alcune considerazioni, reperibile all’indirizzo www.dirittobancario.it/approfondimenti/gestione-collettiva-del-risparmio/passaporto-europeo-e-normativa-fiscale-dlgs-442014-recepimento-direttiva-aifm, 22 maggio 2014.

[2] Ai sensi dell’art. 3 par. 2 AIFMD, sono «sotto soglia» i GEFIA che, direttamente o indirettamente, tramite una società alla quale il GEFIA è legato da gestione o controllo comuni o da una partecipazione importante diretta o indiretta, gestiscono portafogli di FIA le cui attività gestite, comprese eventuali attività acquisite mediante la leva finanziaria, non superano in totale la soglia di euro 100 milioni  ovvero che tramite una società alla quale il GEFIA è legato da gestione o controllo comuni, ovvero da una partecipazione importante diretta o indiretta, gestiscono portafogli di FIA le cui attività gestite non superano in totale la soglia di euro 500 milioni, quando i portafogli di FIA consistono in FIA che non ricorrono alla leva finanziaria e non prevedono il diritto di rimborso esercitabile per un periodo di cinque anni a decorrere dalla data di investimento iniziale in ciascun FIA. Tali GEFIA possono beneficiare dei diritti previsti dalla AIFMD solo ove decidano di sottoporvisi integralmente (art. 3 par. 4 AIFMD).

[3] Per le nozioni di «investitore professionale» e di «investitore al dettaglio» cfr. gli artt. 1 comma 1 lett. m-undeciesed m-duodecies e 6 commi 2-quinquies e 2-sexies TUF, che trovano esecuzione negli art. 35 comma 1 lett. d ed e e nell’allegato n. 3 del Regolamento Intermediari (n. 20307/2018), la cui versione consolidata è disponibile sul sito della Consob, oltre che negli artt. 2-3 del decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze 11 novembre 2011 n. 236, in Gazz. Uff., n. 56 del 7 marzo 2012.

[4] Salvo, in particolare, il rispetto degli obblighi di condotta, di quelli in materia di conflitti di interessi e degli obblighi informativi richiamati dal quarto comma dell’art. 41-ter TUF.

[5] Com’è noto, tale disposizione consente agli Stati membri di estendere il regime del passaporto anche per quanto concerne la commercializzazione nei confronti degli investitori al dettaglio, ma l’Italia ha preferito non sfruttare tale possibilità.

[6] Cfr., in particolare, in tema di passaporto gli artt. 35 par. 11, 37 par. 15, 38 e 40 par. 11 AIFMD e, fuori dal meccanismo del passaporto, gli artt. 34 par. 2, 36 par. 3 e 42 par. 3 AIFMD.

[7] Cfr. l’ESMA’s opinion to the European Parliament, Council and Commission and responses to the call for evidence on the functioning of the AIFMD EU passport and of the National Private Placement Regimes, ESMA/2015/1235, 30 July 2015, e l’ESMA’s advice to the European Parliament, the Council and the Commission on the application of the AIFM passport to non-EU AIFMs and AIFs, ESMA/2015/1236, 30 July 2015. Tutti i documenti ESMA citati nel presente articolo sono reperibili sul sito di tale autorità. Dopo l’entrata in vigore dell’atto delegato della Commissione, troverà applicazione il regolamento di esecuzione (UE) n. 448/2013 della Commissione, del 15 maggio 2013, che stabilisce la procedura di determinazione dello Stato membro di riferimento del GEFIA non UE a norma della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, in Gazz. Uff. Un. eur., L 132 del 16 maggio 2013. Sulla sospensione degli effetti della AIFMD rispetto a GEFIA e FIA non UE cfr. l’art. 66 par. 3 AIFMD e l’art. 15 comma 13 d.lgs. n. 44/2014.

[8] Cfr. la Call for evidence. AIFMD passport and third country AIFMs, ESMA/2014/1340, 7 November 2014.

[9] Cfr. l’ESMA’s advice to the European Parliament, the Council and the Commission on the application of the AIFM passport to non-EU AIFMs and AIFs, ESMA/2016/1140, 12 September 2016.

[10] Cfr. l’art. 7.2 della l. 30 aprile 1999 n. 130, in Gazz. Uff., n. 111 del 14 maggio 1999, introdotto dall’art. 23 comma 1 lett. d d.l. 30 aprile 2019 n. 34, ivi, n. 100 del 30 aprile 2019, convertito, con modificazioni, dalla l. 28 giugno 2019 n. 58, ivi, n. 151 del 29 giugno 2019, suppl. ord. n. 26.

[11] Cfr. la circolare n. 21/E del 10 luglio 2014.

[12] Cfr. la lettera ESMA/34/32/550 reperibile sul sito dell’ESMA.

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