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Tesi di laurea

Le Competenze del Consiglio di Sorveglianza

1 Agosto 2013

Luigi Caiazzo

Il seguente lavoro di tesi si propone di analizzare i poteri e le competenze attribuiti al Consiglio di Sorveglianza dalla “Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative” operata con il d.lgs. n° 6/2003 e con i successivi decreti correttivi, nn° 37 e 310 del 2004.

Il Consiglio di Sorveglianza  è un organo concepito nel quadro del diritto azionario tedesco, originariamente con il compito di sorvegliare l’amministrazione dell’impresa affidata al consiglio di gestione. La normativa con cui il legislatore italiano ha trasferito tale modello nel nostro ordinamento non si presenta di facile lettura.

Nell’elaborato diversi sono stati i riferimenti al sistema tedesco e soprattutto all’Aufsichtsrat, di cui si è cercato di dimostrare che il Consiglio di Sorveglianza ha solo il nome. Infatti le differenze tra i due organi di vigilanza, non sono molte, ma sono notevoli da un punto di vista qualitativo. Queste differenze, evidenziate più volte, possono riassumersi con un assunto: in Germania, l’Aufsichtsrat, in quanto luogo di incontro tra le ragioni del capitale e del lavoro, è innanzitutto organo dell’impresa, poi della società. In Italia, invece, il Consiglio di Sorveglianza è concepito come un diaframma necessario ed insincero tra soci e gestione. Il Consiglio di Sorveglianza ha infatti mostrato di essere, seguendo la tradizione italiana, un organo in cui l’incontro tra capitale e lavoro è totalmente assente.

Più precisamente, alla nomina dell’Aufsichtsrat, prendono parte non solo l’assemblea, ma anche i rappresentanti dei lavoratori. Il modello tedesco è infatti, influenzato anche dalle regole sulla cd. Mitbestimmung (i.e. cogestione), mentre nel sistema italiano, dualistico e non, è escluso il coinvolgimento dei lavoratori. Anzi il rapporto di lavoro con la società è causa di incompatibilità con la carica di consigliere di sorveglianza.

Nell’esaminare i poteri attribuiti al Consiglio di Sorveglianza si è partiti sempre da dati normativi, muovendosi prima dal codice civile, spostando poi l’attenzione sulla disciplina settoriale, concludendo l’analisi con dei richiami ad alcuni statuti presi in esame al fine di mostrare come nella prassi è stata attuata la disciplina analizzata. Avendo tale sistema trovato largo spazio tra le banche, si è reso necessario accennare a come queste hanno deciso di “sfruttare” l’ampia autonomia statutaria che il modello dualistico concede.

Il proposito dichiarato dal legislatore era quello di realizzare con il sistema dualistico il modello di amministrazione capace di assicurare, a differenza degli altri modelli di governance, la più ampia dissociazione tra proprietà (dei soci) e potere (degli organi sociali). In tal modo si sarebbe introdotto un modello particolarmente adatto a quelle società in cui la gestione è affidata a manager autonomi e con poche interferenze dei soci in quanto alcune importanti funzioni dell’assemblea ordinaria (che nel modello tradizionale spettano ai soci) sono attribuite al Consiglio di Sorveglianza.

Tuttavia, così come disciplinato dal legislatore il controllo societario viene commisurato in base all’influenza dominante dei soci/proprietari. I soci, infatti, anche nel sistema dualistico controllano la società, seppure per il tramite del Consiglio di Sorveglianza. Il che dipende dall’aver privato i consiglieri di sorveglianza di quella stabilità che invece spetta ai sindaci, e che avrebbe consentito una vera e propria alternativa al controllo dei soci. 

Partendo da chi ha equiparato il Consiglio di Sorveglianza al collegio sindacale, passando poi alla configurazione di un organo di vigilanza non più duplicato del collegio sindacale, ma alternativo ad esso, si è arrivati a dimostrare che è completamente fuorviante affermare che al collegio sindacale sia sufficiente aggiungere le funzioni assembleari per avere il Consiglio di Sorveglianza. Possono dirsi dissipati tutti i timori di chi temeva in dottrina una equiparazione al collegio sindacale, tanto da averla definita deviante e pericolosa.

Il sistema dualistico, e specialmente il Consiglio di Sorveglianza benché accusati di “senescenza precoce” non sono istituti da abbandonare, bensì da salvaguardare. Per tale ragione nell’eleborato si è ragionato anche in una prospettiva di riforma.

L’aver distribuito la funzione gestoria su due organi diversi, attraverso la previsione di cui all’art. 2409-terdecies, c. 1, lett. f-bis), ha portato nella prassi a perenni conflitti. Non per questo però il sistema dualistico deve essere abbandonato. La fredda accoglienza ricevuta dalle società italiane, nonché il repentino abbandono dello stesso da parte di alcune di esse, ancora oggi il Consiglio di Sorveglianza (ed il suo funzionamento) sconta l’assai ridotta conoscenza esistente al momento della sua introduzione. Buona parte della classe dirigente italiana ha dovuto fare i conti con un sistema fino a dieci anni fa completamente sconosciuto: un sistema, quindi, prima praticato e poi studiato.

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